La testimonianza dell'ammiraglio Mario Bini, in veste di Capo di Stato Maggiore all'epoca dei fatti, verte su alcuni prevalenti argomenti e cioè le ricerche e le attività svolte da navi della Marina Militare, navigazione ed operatività di eventuali unità missilistiche della Marina italiana, navigazione ed operatività di eventuali unità dotate di radar aereo, attivazione ed esistenza di navi di Paesi stranieri.
Per quanto riguarda le ricerche l'ammiraglio ha ricordato che subito dopo l'avviso della scomparsa dell'aereo "da parte degli organi che ne avevano il controllo di volo" furono messe a disposizione varie navi tra cui l'incrociatore "Doria". I rapporti relativi alle operazioni di recupero redatti dalle navi militari che partecipavano alle operazioni, venivano trasmessi al comando del dipartimento marittimo di Napoli e "copia di essi certamente è conservata all'ufficio operazioni dello Stato Maggiore della Marina".
Riguardo alle unità missilistiche il Capo di Stato Maggiore ha precisato che era stata accertata al momento del disastro l'assenza di unità di tal genere in navigazione; infatti Bini attesta che quelle imbarcazioni erano ormeggiate in porto.
In tale ambito l'ammiraglio ha ricordato che per ragioni tecniche di sicurezza, le esercitazioni inerenti lanci di missili, finalizzati a colpire un bersaglio "erano effettuate esclusivamente nel poligono militare di Salto di Quirra in Sardegna". Inoltre il poligono di Salto di Quirra veniva usato normalmente dalle Forze Armate italiane. Mentre le esercitazioni navali interalleate (NATO) o bilaterali cioè con Paesi che non fanno parte della NATO, normalmente venivano eseguite in acque internazionali.
Le esercitazioni in questione potevano essere di due tipi: una con l'uso delle mitragliere (armi convenzionali); in questo caso venivano usati piccoli bersagli, lanciati da navi appositamente attrezzate e l'esercitazione si svolgeva a vista data la breve distanza, anche al di fuori del poligono di tiro, previa emissione di un avviso ai naviganti.
L'altro tipo di esercitazione prevedeva il lancio di missili di notevoli dimensioni con un'attività preparatoria ed esecutiva molto complessa soprattutto ai fini della sicurezza. In questo caso da terra, cioè dal poligono di Salto di Quirra, venivano lanciati aerei-bersaglio. Bini dichiarava che questi bersagli venivano lanciati da attrezzature dell'Aeronautica. L'ammiraglio inoltre affermava che la Marina non ha in carico aerei-bersaglio ed i missili sono tutti catalogati con un numero di matricola. Tale immatricolazione consente lo scarico dai registri dopo ogni lancio.
Bini ha infine ricordato che all'epoca dei fatti tutte le navi lancia-missili erano fornite di radar aerei. Sulla presenza di imbarcazioni della Marina fornite di radar-aereo, Bini però non ha potuto precisare se fossero in navigazione nella zona. Ha dichiarato che qualora vi fossero state unità con il radar in funzione nell'arco di tempo interessato dall'incidente "certamente dell'ipotetico avvistamento del DC9 non sarebbe rimasta traccia, perché l'operatore non avrebbe avuto alcun interesse a seguire e registrare una qualsiasi traccia aerea tra le tante possibili. I dati dei radar vengono trascritti eccezionalmente dall'operatore in casi particolarissimi come per esempio quando si delinea un pericolo di collisione. Non esisteva un sistema stabile e continuo di registrazione dei dati radar sia aerei che di navigazione".
Per quanto attiene la navigazione di navi di Paesi stranieri l'Ammiraglio ha specificato che avveniva solo un controllo generale sul movimento navale nel Mediterraneo, ma non un monitoraggio dettagliato e costante sulle singole unità in navigazione in acque internazionali. Infine in tale ambito Bini ha spiegato che per esercitazioni bilaterali si intendono quelle operazioni addestrative tra l'Italia e le altre Marine "non partecipanti alla NATO ma rientranti nel Patto Atlantico", come per la Francia "o anche con Paesi non appartenenti all'Alleanza Atlantica" (v. esame Bini Mario, GI 20.11.86).
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