Il 16 dicembre 80 - il giorno stesso in cui un decreto del Ministro dei Trasporti dichiarava decaduti tutti i servizi di linea affidati all'Itavia - il presidente di questa società inviava una lettera allo stesso Ministro dei Trasporti, in cui dopo aver ripercorso le vicende della compagnia ed espresso doglianze nei confronti di quelle decisioni, si affermava testualmente: "nessun cenno è stato fatto dal Ministro dei Trasporti e dalla Presidenza del Consiglio in ordine alla causa scatenante della crisi Itavia, che va identificata nell'incidente aereo di Ustica, in relazione al quale è ormai comprovata l'assenza di qualsiasi responsabilità da parte della compagnia unitamente alla certezza della distruzione, ad opera di un missile, di un aereo, mentre percorreva in perfette condizioni meteorologiche e di crociera una aerovia riservata dallo Stato italiano all'aviazione civile". (v. lettera Davanzali al Ministro Formica, 16.12.80).
L'indomani l'Itavia emetteva un comunicato stampa, nel quale si ribadiva tale tesi, affermando che "le Commissioni d'inchiesta hanno stabilito che l'ipotesi del cedimento strutturale del DC9 è destituita di ogni fondamento, così come l'ipotesi di collisione in volo con altro velivolo si è rivelata non attendibile. La causa dell'incidente è stata pertanto circoscritta alle ipotesi di "missile" o "bomba a bordo". Peraltro di tali due ipotesi resta valida, sulla base dei rilevamenti operati, solo quella del missile. La registrazione dei dati radar evidenzia, infatti, al momento dell'incidente, la manovra di intercettazione del DC9 da parte di un aereo militare. Le tracce radar immediatamente successive dimostrano che il DC9 si è disintegrato in più parti, repentinamente deviate a 90 gradi dalla rotta stabilizzata. Le perizie mediche sulle salme dei passeggeri, attestano che si è verificato a bordo una "decompressione esplosiva". Inoltre la presenza di fosforo su una scheggia della struttura del carrello principale, ritrovato nel corpo di un passeggero, comprova che l'aereo è stato colpito da un ordigno bellico. Il quadro delle evidenze dell'incidente, pertanto, configura che l'aeromobile DC9 Itavia è stato colpito da un dispositivo bellico di origine attualmente ancora non dimostrabile con evidente proiezione dei rottami principali lungo la traiettoria seguita dall'aereo militare intercettore" (v. comunicato stampa Itavia, 17.12.80).
Il giorno successivo Davanzali veniva escusso dal PM. In questa sede esibiva, oltre i documenti sopra specificati, una relazione datata 16 dicembre 80 e intitolata "considerazioni circa la dinamica dell'incidente del velivolo I-Tigi volo IH870 del 27.06.80" e la bozza non corretta del resoconto sommario n.18, concernente la risposta data dal Ministro Formica nella seduta del 17.12.80 alla Camera dei Deputati. Nel primo documento si ribadiva quanto affermato nel comunicato stampa, nel secondo si asseriva che "quella del missile resta per altro una ipotesi più forte delle altre". (v. allegati 3 e 4 esame Davanzali, PM 18.12.80).
Alla contestazione del PM secondo cui alla pag. 6 della relazione sullo stato dei lavori della Commissione tecnica d'inchiesta Itavia sull'incidente, trasmessa all'ufficio del PM il 1°.12.80, l'intercettazione offensiva da parte di un vettore militare veniva indicata come la causa probabile dell'incidente e non vi si parlava invece di "certezza della distruzione ad opera di un missile", come asserito nella lettera inviata al Ministro, il teste faceva presente che quella Commissione, pur parlando di causa probabile, in realtà aveva raggiunto la certezza "di identificare in un missile la causa dell'abbattimento del velivolo, giacchè l'aggettivo "probabile" rientrava in una terminologia consueta delle relazioni redatte dalle Commissioni di inchiesta. In realtà quella Commissione, unitamente alla Direzione della Società, che si era avvalsa della collaborazione di altri organi tecnici, era convinta che l'unica causa certa di abbattimento del velivolo fosse il missile.
In esito a tali dichiarazioni il PM avvisava il teste che potendo emergere indizi di reato in ordine alla contravvenzione di diffusione di notizie esagerate e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico (ex art.656 c.p.) "ogni parola detta da quel momento in poi avrebbe potuto essere usata contro di lui" e di conseguenza lo invitava a nominarsi un difensore di fiducia (v. esame Davanzali Aldo, PM 18.12.80). Interrogato lo stesso giorno, il Davanzali respingeva l'addebito e confermava la certezza della distruzione del DC9 ad opera di un missile, non solo come convincimento personale, ma anche come valutazione obiettiva sulla base di dati tecnici acquisiti sia dalla Commissione d'inchiesta Itavia sia da altri organi tecnici.
Spiegava quindi: "In particolare, esclusa l'ipotesi di un cedimento strutturale spontaneo, la vicenda non poteva che essere studiata ed approfondita in chiave di rilevazione radar. Le tracce radar hanno escluso la collisione con altro veicolo. Restava l'ipotesi di una intercettazione da parte di un vettore militare, oppure di una presenza di ordigno esplosivo a bordo dell'aereo. Anche questa seconda ipotesi è stata però scartata, dal momento che le tracce radar evidenziano una traiettoria intersecante da Ovest verso Est la rotta del velivolo I-Tigi con un angolo di attacco di circa 90 gradi. Da ciò il convincimento che il velivolo intercettore abbia attraversato la traiettoria del DC9 alcuni secondi dopo l'incidente. La mancata collisione diretta del velivolo militare con il DC9 fa ritenere per certa la fuoriuscita di un missile aria-aria che ha colpito l'aereo (1 - leggi: "l'intersecazione della traiettoria di volo del velivolo militare con quella del DC9 Itavia fa ritenere...).
Altro elemento si ricava dal tipo di caduta dei frammenti dell'aeromobile a seguito della decompressione esplosiva: se si fosse avuta la presenza di un ordigno a bordo i rottami dell'aereo si sarebbero concentrati in un'unica direzione in caduta sulla stessa traiettoria di volo; nel caso di specie, invece, i rottami si sono spostati da Ovest verso Est sulla stessa traiettoria del velivolo intercettatore, ad una velocità iniziale superiore a quella del DC9 ma simile a quella del velivolo intercettatore. Un ulteriore elemento a favore della certezza dell'abbattimento da parte di un missile si trae dalla presenza sulla scheggia di metallo rinvenuta in uno dei corpi delle vittime di tracce di composti estranei, in particolare di fosforo che è una sostanza riconducibile a carico di ordigni bellici. La scheggia appartiene al pannello di sostegno dei leveraggi del carrello, che è sito nella parte sottostante del velivolo.
Ciò fa ritenere che si sia avuto un colpo dal basso verso l'alto e ciò in termine di certezza, in quanto la scheggia è stata violentemente proiettata dal basso verso l'alto nell'interno dell'aereo attingendo il corpo di uno dei passeggeri. La conferma della certezza di questa tesi si ricava altresì dalla decompressione esplosiva evidenziata dalla perizia medica sull'esame dei passeggeri, con riferimento ai tempi da zero a meno di mezzo secondo, cioè in termini di assoluta immediatezza, e quindi istantaneità della morte.
Gli organi di stampa, del resto, in particolare il quotidiano "Il Tempo" in vari articoli hanno divulgato la notizia secondo la quale l'abbattimento dell'aereo si verificò ad opera di un missile. Gli stessi articoli (del 13 e del 14 dicembre u.s. che produco) esprimono in termini di certezza la versione che io poi successivamente ho fornito al Ministro" (v. interrogatorio Davanzali Aldo, PM 18.12.80).
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