Capitolo I

Le conclusioni per effetto delle perizie.

1. Premessa.

Già s'è scritto, e a lungo, sulle conclusioni delle perizie al relativo titolo.

Esclusa - attraverso l'esame critico di cento e oltre documenti tecnici elaborati con intelligenza e vigore polemico da una schiera tra le migliori di specialisti nelle varie dottrine che son servite - con più che sufficiente certezza qualsiasi altra causa di caduta del velivolo - dall'improvviso cedimento strutturale all'altrettanto improvviso cedimento psichico dei piloti, dall'esplosione interna alla precipitazione di meteoriti o altre similari, parti di fantasie tanto fervide quanto inquinanti - resta il contesto esterno. Contesto esterno, che si deve intendere non solo come l'intorno spaziale del velivolo al momento della sua caduta, ma anche il prima e il dopo dell'evento e cioè la rotta del DC9 e quanto avvenuto dopo il disastro. In effetti chi ha voluto ridicolizzare costruzioni complesse, e quindi escludere responsabilità, ha sempre sostenuto, che intorno al velivolo - precisando, al momento dell'incidente - non v'era alcun oggetto volante. Un cielo "vuoto", in definitiva.

Ed invece lì ove si sono elencati, a conclusione di pagine e pagine di ricerche e studi, di confronto tra perizie e consulenze, appaiono, e più che provati, innumeri elementi a determinare un contesto complesso. Per sommi capi, indicando solo quelli di maggior rilievo e ribadendo il rinvio a quanto supra s'è mostrato: da 18.26.00Z a 18.30.00Z, cioè in soli 3' e 50", la rotta del velivolo che precipitò, un velivolo che più di mezz'ora prima del disastro, "scarta" cioè esce dalla traccia e subito dopo si riallinea. La mancata associazione al DC9 del transponder assegnatogli per sei minuti; e ciò a causa della presenza di un oggetto volante, dapprima in prossimità e poi nella scia del velivolo civile. L'AA433 militare la cui rotta coincide in tempo e spazio con il passaggio del DC9. La LG461, proveniente da Ovest, la cui traccia si perde in corrispondenza del passaggio del DC9. La difficoltà di identificare con precisione il DC9 rispetto ad altro traffico. Il velivolo militare, che uscendo dalla zona Delta di esercitazione militare starebbe per penetrare sull'Ambra 14, in prossimità del passaggio del DC9. Lo squoccaggio di emergenza da parte di uno dei noti F104. La presenza dell'Awacs sull'Appennino tosco-emiliano, che mantiene rotta orbitante, ovvero operativa.

Dopo questi 3 minuti e 50 secondi il gap nelle registrazioni di circa 3 minuti. Ma dal plottaggio reperito nel 94 a Poggio Ballone anche altro velivolo che, pur se indicato come LE157 DC9 IH da Bologna a Palermo, non è assolutamente questo aereo, giacchè tra 18.29Z e 18.32Z naviga tra 11.400 e 14.800 piedi, mentre l'Itavia era in quello stesso periodo di tempo a 27.000 piedi. Le presenze di plots accanto ai combinati del DC9, di uno dei due F104 e del velivolo civile Bergamo-Ciampino. Le differenti quote alternate a rotazione, nella THR di Potenza Picena, quote trasmesse in cross tell da altri due siti. Tra 18.39Z e 18,43Z il radar di Ciampino, l'ATCAS, sia Selenia che Marconi, dà due risposte di transponder al modo A=1136 con leggera differenza di range e a poche miglia di distanza l'una dall'altra. Il doppio modo A in altre due tracce allorchè si avvicinano o incrociano il DC9. Le due tracce di Licola, la LK477 e l'AG266 da Ponza verso Sud, prossime e contemporanee. Le due tracce viste al PPI di Marsala da Carico.

E quindi velivoli che si immettono sulla traiettoria del DC9; uno che di certo vi resta nella scia, e un altro, o lo stesso, che a volte se ne allontana sia in quota che in coordinate; un velivolo militare che tenta di penetrare dalla Delta nell'Ambra 14 proprio al passaggio del DC9; i due F104 che vi sono, a brevissima distanza dal DC9, e se ne allontanano all'altezza di Grosseto, segnalando emergenza generale. E infine due tracce notate più volte, chiaramente da Ponza verso Sud.

Questo durante il volo prima del disastro. Il velivolo non è assolutamente solo nè il cielo durante questo tragitto è totalmente sgombro per cinquanta miglia di raggio, come pure s'è sempre interessatamente sostenuto.

Ma tale situazione sussiste anche negli attimi immediatamente circostanti il tempo 0. Come quei plots -17 e -12, cui s'è dato nuovamente, per effetto del rigore scientifico di una perizia che è costata anni di lavoro e si è avvalsa di nozioni ed interpretazioni del Nato Programming Center, il valore di traccia, così come avevano fatto sin dai primi giorni dopo il disastro i maggiori esperti americani. A seguire il tempo 0 e sino alle 19.02.33 le più che note tracce A e B, alle quali da ultimo, sempre per effetto di detta perizia, s'è dato il dovuto significato.

E nei tempi successivi la Vector Assistance a partire da h.19.48Z a velivolo che di certo non è del Search and Rescue italiano così come non è di questo SAR il velivolo che appare ad h.20.27Z.

Queste le evidenze esclusivamente radaristiche che debbono stimarsi valide - nonostante intelligenti quanto feroci critiche, che col tempo sono però cadute - sia ciascuna per sé che a maggior ragione nel loro insieme, che dà loro il massimo della congruenza. Evidenze che chiaramente mostrano il contesto complesso ed escludono in modo assoluto il volo solitario e senza interferenze del DC9 Itavia.

2. Conferme del contesto dagli studi di Casarosa e Held.

Ma questa situazione complessa - ben diversa, opposta a quella sempre sostenuta da tutti coloro che hanno voluto come causa del disastro l'esplosione di un ordigno interno, militari imputati, periti e consulenti, oltre alle voci esterne al processo, che hanno sempre presupposto un cielo sgombro nel quale volasse solo, per miglia e miglia, il velivolo civile - che trova fondamento nella esclusione di prove a sostegno delle altre ipotesi e nei risultati dei dati radaristici, ha, come pure s'è mostrato nella valutazione delle perizie, solida conferma in positivo anche in quelle parti della perizia tecnico-scientifica e seguiti, in specie gli studi di Casarosa, Försching e Held, che provano la possibilità di una near collision, che innescherebbe un break up come descritto nella stessa perizia e sin oggi fermo e mai attaccato da alcuna consulenza. Oltre che nella ultima ricostruzione dei periti di parte civile Algostino, Pent e Vadacchino, che, seguendo un percorso logico analogo, specie nella sequenza del break up, sfocia nel possibile abbattimento dell'aeromobile per missile.

E cioè, nel primo caso, evento primario consistito nel il distacco della parte esterna della semiala sinistra. Quindi effetti aeromeccanici tali da superare i valori massimi del fattore di carico con conseguente rottura in corrispondenza della sezioni critiche. In particolare, tenuti in considerazione i fenomeni di pitch-up e di accelerazione in rollio cagionati dalla rottura della semiala sinistra, ne resterebbero più che giustificate le sequenze di rottura del motore destro e sinistro e le modalità di rottura meccanica dell'ordinata di forza 642 con conseguente distacco e "pelatura" in direzione contraria al moto degli elementi di struttura compresi tra detta ordinata ed il tronco di coda. Infine ne deriverebbero gli elevati valori di angolo di derapata ragionevolmente causati dallo squilibrio della resistenza sulle due semiali, che potrebbe aver determinato sia l'inclinazione rispetto all'asse longitudinale del velivolo delle segnature visibili su alcuni frammenti della parte posteriore della fusoliera in zona posteriore all'ordinata 642, attribuiti in sede di ipotesi di esplosione interna alla proiezione laterale di essi per effetto di questa esplosione; sia, in concomitanza con gli elevati valori del fattore di carico, la rottura del bordo di attacco del timone verticale, elemento critico nei riguardi di questa situazione di carico. Ma non è da escludere - precisano con spirito di chiarezza i periti - che tale rottura possa essere avvenuta anche in seguito all'impatto del tronco di coda con la superficie del mare.

Nel secondo caso principalmente, come già s'è descritto nei particolari, di prevalente effetto di blast sul motore di destra e conseguente break up in tutto simile a quello avvenuto nel primo caso.

Con onestà intellettuale pari allo spirito di chiarezza i detti periti rilevano poi che tale sequenza di break up s'adatta però sia all'ipotesi di quasi collisione che a quella di esplosione interna. Certo nella prima ipotesi l'accordo con le modalità di frammentazione non è perfetto. Ma questo è l'evento - e non potrebbe essere altrimenti per la causa prima, per l'oggetto e la situazione su cui cagiona effetti, per gli effetti della precipitazione e dell'impatto sul mare e dell'inabissamento cosicchè solo un inconsulto potrebbe stimarlo un semplice incidente da risolvere secondo le ordinarie leggi dell'incidentistica aerea o rispondente ai formulari ICAO - in cui non tutto s'accorda e qualunque soluzione si prescelga, rimane sempre un qualche elemento o circostanza inspiegata. Se così non fosse stato, il caso lo si sarebbe risolto da tempo. E proprio in quegli elementi in "disaccordo" trovano radici gli attacchi a qualsiasi ricostruzione che non soddisfi determinati interessi.

In vero la mancanza della maggior parte di questa zona, quella cioè che sarebbe stata interessata dalla near collision, potrebbe indurre a ritenere che i frammenti non recuperati potessero presentare una frammentazione di tipo diverso e in maggior accordo con l'ipotesi di quasi collisione. Purtroppo, come ben si vede, anche qui per sostenere questa ricostruzione si dovrebbe ricorrere a desunzioni da quanto ancora non si dispone. Ma questo, lo si è già affermato, è metodo inaccettabile.

Questa volta però si deve notare che l'ipotesi contrastante e che almeno al riguardo di questa fase finale del break up, cioè alle sue conseguenze nella frammentazione, sembrava aver maggior forza, per tutte le ragioni che si sono ampiamente mostrate, è già caduta. Per cui l'altra, quella della quasi collisione, resta in piedi anche se non con la massima fermezza.

3. Conferme dagli studi di Försching e dei frattografi.

Ed è rafforzata anche dalla nuova presa di posizione - e anche qui si è manifestata onestà intellettuale - del perito del collegio Misiti, Försching. Che in un primo tempo in una relazione per quel collegio nel giugno 93, aveva concluso negando la possibilità della quasi collisione "Summarizing, from these investigations it may be concluded that an in-flight break up of the (outer) wing of the DC9 Itavia I-Tigi passenger aircraft, caused by the aeodynamic interaction from a near collision with another (fighton-type) aircraft under the condition of a subsonic (to transonic) difference flight speed, appears to be very unlikey - if not to say impossible.

Ma poi aveva riconosciuto, a breve distanza di tempo - dopo che nelle discussioni peritali s'era fatto presente che l'ipotesi di quasi collisione prevedeva la provenienza dai settori di poppa del DC9 - che dette conclusioni fossero da ritenersi valide solo nel caso di incrocio fra i due velivoli tale da dare una differenza di velocità (U compresa nel campo da subsonico a transonico, ritenendo questo possibile anche con un velivolo proveniente dai settori di poppa del DC9 purchè dotati di velocità supersonica. " ...the conclusion reached is, of course, only applicable for the assumed encounter of the two aircraft at a subsonic to transonic difference flight speed (U. This is realistic for an approach of the "unknown" second aircraft (possibly with supersonic flight speeed) from behind assumed Casarosa'report. I'm sorry that this is not explicity mentioned in my report...".

Questa precisazione è sempre del giugno 93, ma non è stata assolutamente presa in considerazione dalla maggioranza del collegio Misiti, che, come ben si ricorderà, rigettò l'ipotesi di near collision.

Ma questa ipotesi non trova sostegno solo nei dati radaristici e in quelli aeronautici e aerodinamici di cui alle rispettive perizie e conseguenti documenti. La supportano anche gli esiti delle ricerche metallografiche e frattografiche, in particolare sulla rottura dell'ala sinistra. Sin dal primo documento di questo collegio, quello depositato nel luglio 94, chiaramente si determinavano quali fossero state le due azioni principali sull'ala sinistra.

Un'azione flettente ad asse Z alla radice dell'ala che ne ha causato il distacco dalla fusoliera, un'azione flettente ad asse -x che ha causato estesi danneggiamenti in corrispondenza dell'intera zona 2 ed il distacco del troncone terminale (zona 3) - si ricorda che l'ala era stata divisa a fini di studio in tre zone. Le due azioni non sono collegate fra loro e, se si vuole dare una successione temporale, la seconda può essere considerata antecedente alla prima. Proprio l'azione flettente ad asse -x (che porta cioè a flettere l'ala verso il basso) è quella che si ricollega alla ipotesi di "quasi collisione".

4. Interpretazione del contesto.

Eventi questi in successione da essere stati con sufficiente certezza determinati, come emerge dai dati radaristici, dalla condotta di combattimento assunta dal velivolo o dalla coppia di velivoli, che procedevano lungo una rotta parallela ad Ovest del velivolo civile e a una certa distanza, con la virata a Est in direzione dell'area ove si trovavano il DC9 ed anche l'altro velivolo coperto. Che essendo con tutta probabilità un militare, intuisce l'attacco e pone in essere l'unica manovra possibile, quella dell'accelerazione, di modo da avvicinarsi ancor più al velivolo dietro cui si nascondeva, confondersi per un brevissimo lasso di tempo con esso, quindi superarlo con finalità di evasione. Questo sorpasso, quand'anche questo velivolo fosse stato dotato di post-bruciatore, avrebbe preso un certo tempo. Quel tempo che avrebbe potuto cagionare, come dimostrato sul piano teorico - indipendentemente dal fatto che il sorpasso fosse avvenuto sopra o sotto il velivolo Itavia - la rottura dell'ala e innescare la successione di break up descritta.

Situazione complessa per effetto della quale potrebbe essere presunto - sempre per i segni di esplosione e di esplosivo, che seppure attenuati da serrate critiche, che minimizzano i primi e attribuiscono i secondi a contaminazione, pur restano - anche il lancio di un missile. Così come sostengono i consulenti di parte civile Algostino, Pent e Vadacchino. I quali ricostruiscono l'evento sulla base di quanto sin qui provato e cioè quello scenario esterno che nasce in negativo dalla esclusione delle altre ipotesi, seppellite dalle ragionevoli critiche, su cui a lungo s'è discusso; e in positivo dalla sequenza di break up scritta dagli aeronautici. Su queste basi ma con modalità diverse in alcuni particolari e con la sequenza che s'è detta.

Distacco del motore destro cagionato da un missile della specie descritta nel documento dai detti consulenti del 24.03.99 la cui testa, di particolare conformazione esplode secondo determinate modalità, conformazione e modalità anch'essa già descritte; investendo l'obbiettivo con coni di blust e schegge, anch'essi descritti. Per effetto di questo attacco la caduta del velivolo civile e la più che probabile evasione di quelli militari.

Come già s'è scritto sul valore di queste due tesi. Resta questa sorta d'ingorgo, cioè una intersecazione di rotte N-S e W-E e un sorpasso di rotte N-S. Poi a Est la prosecuzione di una o due rotte di velivoli sicuramente militari, che scompaiono all'orizzonte radar a 19.02 con una decelerazione di velocità che significa solo che si sono alzati od abbassati a quote tali da sfuggire alla detezione radar, e un serbatoio supplementare di velivolo da caccia imbarcato su un fondale in corrispondenza del plot 19 a Este del punto 0; serbatoio sulla cui data di eiezione diversa dal 27 giugno 80 non sono state a tutt'oggi portate prove sufficienti. E a Sud la prosecuzione per almeno 30 miglia di un'altra traccia in continuazione della rotta del DC9. Quel velivolo essendo già precipitato in mare.

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