Capitolo I

I fatti di maggior rilievo.

1. Premessa.

Da ultimo - e proprio al fine di evitare che si traggano prove da esso, o che lo si affermi, e al solo scopo di inquadrare il fatto - il contesto storico e politico nel cui ambito esso è avvenuto. Contrariamente a tesi sostenute da più parti, nel primo semestre dell'80 e nei mesi immediatamente successivi, la situazione internazionale e quella interna non furono assolutamente calme; anzi in particolare le conflittualità internazionali raggiunsero livelli di tensione e non di rado di scontro elevatissimi.

I conflitti erano al tempo molteplici ed in particolare investivano l'area mediterranea, sia europea che africana soprasahariana e asiatica del vicino e medio oriente. In questo ambito prendeva sempre più forza quello scontro, che in seguito sarà definito tra Nord e Sud, mentre permaneva pesante l'altro scontro tra Occidente e Oriente. Entrambi questi conflitti di carattere generale - e questa è la particolarità che affligge, e non da quell'anno, o solo quell'anno, per le sue particolari condizioni storiche e, di più, per la sua particolare posizione geografica il nostro Paese - determinavano fronti di attrito se non di scontro, che correvano ai limiti della penisola, anzi, sulle nostre ordinate si intersecavano, facendo della Repubblica una marca di frontiera sia dell'Occidente che del Nord in quei conflitti d'ordine planetario. Questo a dire il vero in via di approssimazione - e ciò aggravava la nostra posizione, creando conflittualità civile interna - perché quelle linee di demarcazione non passavano così nettamente lungo i confini del nostro Paese - e questa è un'altra particolarità della nostra storia di quel tempo - cioè non correvano esattamente alle sue frontiere, ma come sopra s'è scritto, lo attraversavano all'interno. Sia perché il Paese, per le sue condizioni economiche e di evoluzione sociale non apparteneva tutto al Nord e quasi l'intero Mezzogiorno poteva essere considerato - ed alcuni ne hanno tratto quasi motivo di vanto e d'orgoglio - facente parte del Sud del mondo; sia perché, per le sue scelte politiche e simpatie ideologiche, appariva diviso in una misura diversa dagli altri Paesi d'Europa tra regioni che abbracciavano scelte in pro dell'Occidente ed altre in pro dell'Est. Per cui più di un partito di massa, quanto meno prima delle grandi emorragie a causa dei fatti di Berlino, Budapest e Praga, ed anche di opinione avevano come punto di riferimento l'Unione Sovietica, discendendone così un'altra grande spaccatura interna, che determinava, a prescindere dal dettato e conseguenti divisioni di Yalta, una costante incertezza sulla scelta di campo dell'Italia.

Questa situazione e la instabilità cronica dei Governi della Repubblica - determinata dal timore dei costituenti, giustificato a sua volta dal ventennio di dittatura e dalla gravissima guerra civile che ne era conseguita, che pertanto avevano strutturato l'organizzazione dello Stato sulla centralità del Parlamento e la "debolezza" dell'Esecutivo - coinvolgevano l'Italia e non consentivano scelte, risposte politiche di chiarezza e di fermezza, come per insolito caso era avvenuto allorché si dovette fronteggiare ed estirpare il terrorismo interno.

Situazione gravissima, che tuttora perdura a circa vent'anni di distanza e che in sintesi era stata ben delineata quasi un quarto di secolo fa negli incontri dell'ottobre 75 a Pechino tra Teng Hsio-p'ing, vice Premier della Repubblica Popolare cinese, e Henry A. Kissinger, Segretario di Stato degli Stati Uniti, il cui memorandum per la seduta pomeridiana del 21 di quel mese, dedicata all'Europa meridionale, è apparso sulla stampa durante gli ultimi tempi di questa istruzione. Teng chiaramente afferma che è difficile comprendere la tendenza degli sviluppi della situazione in Italia. Per la dirigenza cinese è tutto oscuro e non si sa come interpretare la situazione. Kissinger dal canto suo - che come occidentale potrebbe, secondo Teng, conoscere questa strana situazione del nostro Paese - riconosce che i cinesi potrebbero essere d'aiuto in Italia, specialmente operando sui socialisti, e sottolinea che la Democrazia Cristiana ha una leadership molto debole - e sul punto i cinesi annuiscono - e che il Primo Ministro Moro ha la tendenza ad addormentarsi nel corso delle riunioni - a tal punto scoppiano risate. Teng allora osserva che il Primo Ministro in Italia è cambiato molte volte, e non sa dire quante volte sia successo dalla guerra in poi. Al che Kissinger risponde che però si tratta sempre dello stesso gruppo, anche se questo gruppo, quello dirigente della Democrazia Cristiana, non è "molto disciplinato".

In poche battute la situazione dell'esecutivo e della politica di quel tempo, che si trascinerà ancora per anni.

All'interno di quest'area mediterranea e con conseguenze anche oltre - giacché tutti i principali Stati dovettero intervenire e contrastarlo - l'"attivismo" della Libia, determinato da fonti di immense ricchezze derivanti dal possesso del petrolio e da una leadership ambiziosa. Che prende iniziative forti in tutti i continenti; affatto osservante del diritto internazionale; e conduce una politica di aggressione o quanto meno di ricatto e di molestia nei confronti delle Potenze occidentali, in primo luogo gli Stati Uniti e sino all'Italia, con atti di violenza diretta o con il sostegno e la protezione di organizzazioni terroristiche internazionali operanti in territorio europeo o comunque contro interessi dell'Occidente.

2. L'invasione sovietica dell'Afghanistan.

Sul piano internazionale l'anno è segnato da fatti gravissimi che connoteranno anche gli anni a venire. Il 1980 si apre con l'invasione sovietica in atto - era iniziata il 27 dicembre precedente - dell'Afghanistan. Per la prima volta dalla firma degli accordi di Yalta, l'Unione Sovietica mira - palesemente muovendosi su tradizionali direttrici della sua politica estera nonostante il mutamento rivoluzionario del regime, giacchè concepita sin dal tempo degli Zar, di espansione verso il Sud, verso cioè Costantinopoli e i mari caldi - alla conquista di un Paese non appartenente alla sfera riconosciutale d'influenza. Sin dagli anni 50 l'Afghanistan si trovava sotto il "protettorato" sovietico, non avendo gradito l'appoggio degli Stati Uniti, che al tempo erano protettori dell'Iran e del Pakistan, suoi nemici tradizionali. In vero l'URSS aveva già iniziato la sua penetrazione anche in Persia, creando all'uopo un partito comunista il Tudeh, privo di consenso popolare e forte solo dell'appoggio sovietico. Ma l'Afghanistan per i sovietici rappresentava sempre un'area nevralgica per la via verso il mare Arabico, cioè verso il petrolio e lo sbocco sull'Oceano Indiano, al tempo difficilmente se non assolutamente accessibile alle flotte sovietiche.

Tentativi di allontanamento da questa sfera di influenza finiscono nel sangue. Il primo nel 73, con la decisione da parte del sovrano Zareh Shah di avvicinarsi all'Iran. Iniziativa rivelatasi vana, giacchè si concludeva con un rovesciamento del re da parte di militari e con la presa del potere da parte del cognato del sovrano, il principe Daud. Anche quest'ultimo a distanza di qualche anno tentava di allontanarsi dalla sfera sovietica, ma nell'aprile del 78 veniva rovesciato ed il potere passava nelle mani del partito comunista guidato da Mohamed Nur Taraki. E' da questo momento che inizia per l'Afghanistan una vera e propria sovietizzazione e laicizzazione del paese in cui il sentimento religioso era diffusissimo. Vastissimi strati della popolazione quasi esclusivamente urbana tra cui mullah e mercanti danno principio alla protesta e alla sollevazione contro il regime imposto da Mosca. Comincia la rivolta dei guerriglieri mussulmani contro il regime accusato di essersi venduto allo straniero. Già a metà del 79 le formazioni islamiche, sia sunnite e sciite, riunite in un fronte unico, appoggiato dall'Iran, dal Pakistan e dalla Cina, controllano l'80% del territorio. Il 16 settembre 79 Mohamed Nur Taraki viene ucciso ed al suo posto sale al potere Afizullah Amin, numero due del regime. Amin, però, non era gradito all'Unione Sovietica e pertanto nell'arco di tre mesi altro colpo di mano con la sostituzione con Babrak Karmal favorito di Mosca e la contestuale imponente invasione da parte dell'Armata rossa a far data, come detto, dal 27 dicembre 79. I militari penetrati vengono calcolati dai 25.000 ai 40.000. Due divisioni delle cinque alle frontiere invadono direttamente il Paese. Kabul viene raggiunta da un imponente ponte aereo che trasporta 10.000 uomini. Queste truppe sono equipaggiate con carri armati T72, artiglierie, mezzi blindati per il trasporto uomini, autocarri pesanti. Ma sin dai primi giorni dell'invasione prende le mosse la ribellione delle popolazioni con fortissima anzi esclusiva connotazione religiosa. L'esercito regolare afghano in più province viene battuto o addirittura bloccato ed assediato. Hanno immediatamente inizio le diserzioni, e avvengono scontri tra le truppe sovietiche e i disertori afghani. Decine di migliaia di persone si rifugiano in Pakistan. A Teheran dimostranti attaccano l'ambasciata sovietica, innalzano degli striscioni con scritte premonitrici come "l'Afghanistan è il Vietnam dell'URSS", bruciano la bandiera sovietica e ne issano altre con lo scritto "C'è un solo Dio". Sin dalle prime battute questo conflitto mostra tutte le sue caratteristiche.

A febbraio dell'80 Kabul diventa luogo della guerriglia; il bazar, nevralgico centro della società mussulmana, si solleva; l'esercito si ammutina; è guerriglia aperta per le città. Ma la rivolta non sortisce gli effetti sperati e si sposta nelle montagne, tenendo però in scacco l'Armata rossa; aveva così inizio in effetti il Vietnam sovietico che si concluderà soltanto dopo l'avvento di Michail Gorbaciov a capo dell'URSS, e con il ritiro dell'Armata rossa, terminato nel febbraio dell'89.

Gli Stati Uniti procedettero rapidamente non solo a condannare ma anche ad intraprendere - addirittura alcune forze politiche avevano richiesto l'intervento armato - un'azione punitiva dimostrativa contro l'Unione Sovietica, che comprendeva, tra l'altro, l'embargo sulla vendita dei cereali. La reazione europea, richiesta dagli Stati Uniti, fu invece più lenta e blanda e si concretizzò in un semplice boicottaggio economico e nell'astensione di alcuni Paesi dalla partecipazione alle Olimpiadi di Mosca.

La tensione di quel periodo si può ben ricavare dalle parole che il Presidente degli USA, Jimmy Carter, pronunciò in occasione del tradizionale discorso sullo stato dell'Unione: "il tentativo da parte di una potenza straniera di conquistare il controllo della regione del golfo Persico sarà considerato come un assalto agli interessi vitali degli Stati Uniti. E sarà respinto con ogni mezzo necessario, compresa la forza militare".

Gli schieramenti anch'essi si manifestarono nell'immediatezza. L'Unione Sovietica accusa gli USA di appoggiare la ribellione. E in effetti gli Stati Uniti ausilieranno in varie forme quella insorgenza in funzione antisovietica. Il Pakistan, anch'esso al tempo vicino agli USA, e correligionario degli Afghani, ospita profughi che addestra ed arma. Al punto tale che l'India invoca apertamente di sospendere i rifornimenti di armi al Pakistan. Sul fronte antisovietico la Cina, che per bocca del "Quotidiano del Popolo" afferma: "l'invasione sovietica ... mira anche ad un obiettivo più sinistro e più aggressivo. L'Afghanistan è, dal punto di vista geografico, estremamente importante in Asia Occidentale. La sua posizione strategica rappresenta, per gli egemonisti sovietici, una pietra miliare per la loro spinta verso Sud. Attraverso il passo di Khiber essi possono spingersi verso il Pakistan e l'intero subcontinente... . Occupando l'Afghanistan essi (gli uomini del Cremlino; nde) possono profittare in qualsiasi momento della crisi tra Iran e Stati Uniti per dirigere rapidamente la loro spinta verso la regione del Golfo". Sempre su questo fronte i paesi arabi, primi tra gli altri quelli prossimi agli USA, Egitto ed Arabia Saudita. L'Europa, o per incapacità di districare l'intrico o per più consumata esperienza, si muove con i piedi di piombo, senza prender partito esplicitamente.

Altro episodio che recò ancor maggior danno all'immagine dell'Unione Sovietica si verificava in agosto con lo sciopero degli operai di Danzica per effetto del movimento guidato dalla figura dell'operaio sindacalista, Lech Walesa; sciopero e conseguenze che costrinsero il partito comunista polacco ad una sconvolgente autocritica culminata con il siluramento di Gierek ed una serie di concessioni tra le quali l'istituzione di un sindacato libero e autonomo. Non a caso questo evento si verifica in Polonia, patria di Giovanni Paolo II.

3. Gli ostaggi americani a Teheran.

A febbraio negli Stati Uniti iniziano le "primarie". Si profila la candidatura di Reagan, per i repubblicani, e di Carter, per i democratici. Ma per gli Stati Uniti é l'anno del fallito blitz di aprile per la liberazione dei 52 ostaggi detenuti in Iran, che contribuirà insieme al Billygate al declino dell'amministrazione del Presidente Carter.

In Iran, a febbraio del 79 - a circa un anno dai moti contro lo scià Reza Pahlavi che iniziarono dalla città santa di Qom - si era insediato il nuovo regime, la repubblica islamica di Khomeini, nel frattempo ritornato in patria dall'esilio parigino. A novembre gli "studenti" islamici occupavano l'ambasciata americana a Teheran, prendendo in ostaggio una cinquantina di persone tra funzionari e impiegati. L'azione era stata causata dalla presenza negli Stati Uniti del deposto Scià Reza Pahlavi e della sua famiglia. Gli "studenti" islamici erano manovrati con molta probabilità dalla teocrazia di Qom, città natale di Khomeini. Le loro richieste agli USA, che godevano dell'appoggio del governo di Bani Sadr, potevano riassumersi nella consegna del deposto Scià all'Iran, nella riconsegna dei beni suoi e della sua famiglia e nell'impegno da parte degli USA di astenersi da qualsiasi interferenza negli interessi iraniani. Impotente si manifesta l'intervento della diplomazia di diversi Paesi e delle Nazioni Unite. Ne consegue l'ordine del Presidente Carter di dare avvio all'operazione militare "Eagle Claw" con l'obiettivo della liberazione degli ostaggi. Il 25 aprile 79 un centinaio di marines a bordo di otto elicotteri e di sei Hercules giungono nel deserto a 500Km da Teheran, ma una tempesta di sabbia investe il commando danneggiando seriamente tre degli otto elicotteri. La missione pertanto venne interrotta. A questo punto il tragico epilogo, un Hercules entra in collisione con un elicottero: otto militari americani muoiono e i loro cadaveri vengono abbandonati sul posto. Il Presidente Carter si assumeva la piena responsabilità della fallita missione; il Segretario di Stato Cyrus Vance, contrario alla missione, invece, si dimetteva. Questo sequestro continuerà perciò ad avvelenare i rapporti internazionali per tutto l'80, cagionando frustrazione negli Stati Uniti e sempre una maggiore proiezione sulla scena dell'Iran di Khomeini e dalla ideologia che ne era il fondamento.

Gli ostaggi verranno liberati soltanto agli inizi della nuova amministrazione americana del Presidente Reagan, grazie alla mediazione del governo algerino e l'Iran potrà proseguire la sua evoluzione verso la realizzazione della Repubblica integralista islamica.

4. Il "Billygate".

Nel settembre - ottobre 78 una delegazione di uomini d'affari americani guidata da Billy Carter, fratello del Presidente in carica si era recata per alcuni giorni in Libia su invito del Colonnello Gheddafi. La delegazione giungeva all'aeroporto di Fiumicino, proveniente da New York, accompagnata dal cittadino libico Shallouf Gibril. Il gruppo era composto oltre che da Billy Carter, da Randy Coleman, dal senatore Long J.C. Hudgins, Long Leonard, dal senatore Henry Russel, da certi Jordan e Leanza, e dalla signora Joan Kasper, e veniva ricevuto a Roma dal cittadino libico Zwei Salem (v. appunto S.I.S.MI del 27.09.78 trasmesso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 27.01.98). Scopo della visita era la stipula di accordi di natura commerciale. Nel febbraio del 79 Billy Carter ricambiò l'ospitalità di Gheddafi invitando una delegazione commerciale libica a Pleins in Georgia. Agli inizi del 1980 Billy Carter chiese e ricevette dai libici un prestito di 200.000 dollari. La vicenda allorchè apparve sui media provocò serio imbarazzo al Presidente Carter, in quanto si era a pochi mesi prima delle lezioni presidenziali. E' bene però ricostruire l'intera successione dei fatti prendendo spunto dalla sentenza della Corte d'Assise di Roma nel procedimento penale cd "Supersismi". Nel giugno 1980 - proprio il mese in cui accadde l'evento di cui è processo - i repubblicani americani per il tramite di Michel Ledeen, agente d'influenza americana in Italia chiesero al S.I.S.MI con cui Ledeen era in contatto in qualità di consulente, aiuto al fine di scoprire le attività di Billy Carter in Libia. Il S.I.S.MI avrebbe rifiutato le richieste per ovvi motivi, ma il generale Santovito dava comunque incarico informale della questione a Francesco Pazienza; Pazienza con la collaborazione di Placido Magrì incaricò a sua volta il giornalista Giuseppe Settineri di contattare l'avvocato Michele Papa, amico della Libia, che aveva già avuto rapporti proprio con la delegazione che si era recata in Libia. Il giornalista incontrò l'avvocato Papa a Catania, si fece narrare la vicenda e registrò il colloquio. Le informazioni raccolte furono così trasmesse al generale Haig e a Ledeen, e messe a profitto in una campagna scandalistica contro Carter per favorire la vittoria di Reagan.

Pazienza inquadra l'operazione tra quella della struttura "parallela" che egli stesso ha denunciato. Il S.I.S.MI ha sempre negato una partecipazione all'operazione, ma in vero questa non poteva avvenire senza l'impiego di uomini e mezzi del Servizio. Infatti l'apparecchio di registrazione usato da Settineri per registrare la conversazione con l'avvocato Papa fu fornito dal S.I.S.MI; i tecnici del Servizio provvidero ad eliminare i rumori di fondo della registrazione; Settineri ebbe l'incarico di acquistare a qualsiasi prezzo eventuali fotocopie di incontri tra Billy Carter ed esponenti arabi; il successo dell'operazione fu commentato negli uffici del S.I.S.MI da Pazienza, Artinghelli e Musumeci. Quest'ultimo ebbe a dire ad Artinghelli, ancorchè che in tono scherzoso, che "quella era una operazione del Servizio".

Conferma dell'operazione giungeva da persona da sempre ben al corrente delle segrete cose del nostro Paese, cioè il prefetto Federico Umberto D'Amato: "Vengo all'autunno 1980, quando Pazienza mi porta un certo Mike Ledeen, che conosceva già bene da molti anni. E' un giornalista - forse è noto alla Commissione - che si è sempre occupato di questioni italiane (parla molto bene l'italiano), soprattutto dei problemi del terrorismo e della sovversione, con una certa competenza, anche se con un'ottica particolare. Ledeen era stato addirittura collaboratore dei Servizi italiani, perché aveva tenuto, insieme a due ex elementi della CIA, dei corsi dopo il caso Moro. Egli era un uomo che puntava disperatamente alla vittoria di Reagan, ed era in Italia per cercare di combinare, come si dice alla napoletana, un "piattino" a Carter con la storia del fratello Billy. Insieme a Ledeen e Pazienza andammo a pranzo un sera. Ledeen mi disse che stava mettendo su una campagna contro il fratello di Carter, che, a suo dire, era un corrotto, un dissoluto, lavorava con i libici, aveva regalato brillanti alla signora Carter e altre storie di questo genere. Riuscirono a montare un caso abbastanza interessante attraverso un contatto che crearono con un certo avvocato Papa di Catania, un uomo di Gheddafi. Fecero parlare questo Michele Papa con un giornalista che era andato lì con un microfono e gli fecero dire cose compromettenti. In seguito il Ledeen su una catena di giornali molto importanti (l'americano Washington Post credo collegato anche a "L'Express" francese e a qualche altro giornale) scatenò questi articoli qualche giorno prima delle elezioni presidenziali. Anche di tutto questo io resi edotto il Capo della Polizia ed il Ministro perché mi sembrava un fatto interessante, tenuto conto che avveniva sul territorio italiano. Debbo dire però, per obiettività che nella cosa non fu coinvolto, per ciò che mi risulta, il Servizio italiano; cioè non è che Pazienza, con l'occasione, si rivolse a Santovito per farsi aiutare in questa faccenda che aveva messo su, tanto è vero che chiesero consiglio a me circa il modo di accostare qualche dipendente dell'albergo Hilton, dove il Carter aveva alloggiato per riuscire a raccogliere degli elementi. Quando vinse Reagan, il Pazienza andò in grande euforia insieme a Ledeen, il quale allora stava quasi sempre a Roma. E a questo punto credo che vada messo in evidenza un momento forse non conosciuto della storia dei rapporti tra l'Italia e Stati Uniti; un momento di vuoto di rapporti fra l'America di Reagan, appena eletto, e l'Italia. E questo perché l'Ambasciatore Gardner era molto inviso al nuovo Presidente, il quale, praticamente tagliò subito i rapporti con lui e gli fece sapere che se ne doveva andare, tanto che non si attese nemmeno che venisse il nuovo Ambasciatore Raab per liquidarlo (come forse si ricorderà, nel mese di gennaio Gardner fu cacciato via). Di conseguenza che cosa accadde? Come ripeto, si verificò un fenomeno abbastanza singolare del quale ho sempre riferito al mio Ministro e al Capo della polizia perché ero un osservatore abbastanza interessato: e cioè che in un certo senso, i rapporti tra la classe politica italiana, il Governo italiano e il nuovo gruppo che era andato al potere in America, erano tenuti da Pazienza e da Ledeen.

L'Ambasciata americana non faceva nulla, erano tutti come bloccati; e anche la CIA: Montgomery, che era all'epoca il capostazione, fu sostituito immediatamente dopo. Quindi, vi fu un periodo di paralisi: era come se l'ambasciata americana non esistesse. Dico questo per spiegare ciò che avvenne; come è noto, ci furono dei viaggi organizzati, in un certo senso attraverso messaggi che erano stati inviati preventivamente da Ledeeen che era consigliere - o asseriva di essere tale, ma credo che lo fosse - di Haig e dallo stesso Pazienza, che aveva profonde conoscenze in quell'ambiente, cioè praticamente nell'ambiente repubblicano. E cosi avvennero questi viaggi". (v. audizione Federico Umberto D'Amato alla Commissione P2, 29.10.82).

5. L'avvocato Michele Papa e i suoi rapporti con i Libici.

In ragione dei contatti intercorsi con l'ambiente libico è stata rivolta attenzione alla figura dell'avvocato Michele Papa di Catania, che è risultato effettivamente legato a quell'ambiente. Di particolare utilità per illuminare il ruolo del soggetto è l'analisi di due appunti, uno dei quali del 07.01.78, a firma del Capo di Gabinetto del Ministero dell'Interno, rinvenuto presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e acquisito agli atti del processo il 04.05.96, ad oggetto "Iniziative libiche per la penetrazione culturale in Sicilia", e l'altro del 02.02.85 interno al S.I.S.MI e acquisito in data 03.02.97. Dalla relativa lettura emerge che il 18.03.74 per iniziativa dell'avvocato Filippo Jelo, all'epoca presidente dell'Ente Provinciale del Turismo, venne costituita nella città etnea l'Associazione Siculo-Araba (A.S.A.), a seguito di incontri avvenuti nel 73 tra lo stesso avvocato Jelo e due diplomatici libici, El Zaedi Habed Mohamed e El Zawi Ejhadi Mohamed, entrambi addetti presso l'ambasciata di Libia in Roma. Ufficialmente gli scopi statutari del sodalizio concernevano la promozione di ogni attività utile a rinsaldare i millenari vincoli che legavano il popolo arabo al popolo siciliano, l'incoraggiamento e lo stimolo di tutte le iniziative economiche e culturali, atte ad assicurare un comune processo evolutivo del popolo siciliano e arabo, a preservare, tutelare e valorizzare il patrimonio culturale e le vestigia, che testimoniavano la presenza della civiltà araba nell'Isola e la riconferma di un'attività mediterranea, che accomuna il popolo arabo a quello siciliano.

La carica di presidente dell'Associazione venne assunta dallo stesso Jelo mentre quella di segretario generale venne affidata a Michele Papa, personaggio nella sfera d'influenza della Democrazia Cristiana, ma che in precedenza aveva militato nelle file dell'EVIS cioè l'"Esercito Volontario Indipendenza Siciliana" e successivamente come attivista nel "Movimento per l'Indipendenza della Sicilia". Papa nei primi mesi del 76 subentrò alla presidenza al posto di Jelo.

L'avvocato Papa, che già di fatto aveva abbandonato la professione, era considerato uomo molto attivo nella promozione di iniziative di vario genere, ma di modesto spessore. Tra le altre, volte a rafforzare i rapporti di amicizia ed incrementare lo scambio culturale, economico e commerciale tra la Sicilia e la Libia, in cui il Papa particolarmente s'adoprò, sono da ricordare la ricerca di lavoratori per la Libia, vicenda per la quale venne diffidato dal Ministero degli Esteri e successivamente, nel gennaio del 77, denunciato dal nucleo di CC. dello stesso Ministero ai sensi dell'art.5 della legge sull'emigrazione; la costituzione nella città etnea, il 30.05.74, di una camera del commercio siculo-araba; la costruzione nell'anno 1980, su un immobile di sua proprietà, della "moschea di Omar", operazione che gli avrebbe fruttato un notevole guadagno; inoltre la promozione di un tentativo di riavvicinamento tra le posizione della Libia e quelle degli USA, e in particolare modo una attività di mediazione tra Billy Carter, fratello dell'ex Presidente americano, e il Governo libico. Per quest'ultima vicenda sarebbe stato addirittura sentito, nel 1981 a Catania, da una commissione del Senato statunitense.

I contatti del Papa con il Governo libico nei primi mesi del 1984 si incrinarono senza particolari motivi apparenti, per poi rompersi definitivamente quando il 12 novembre le Autorità libiche gli comunicarono che non gli sarebbe stato più concesso il necessario visto d'ingresso.

Il legale, escusso il 15.04.97, ha confermato a grandi linee le circostanze già note all'Ufficio, chiarendo in modo più particolareggiato alcune vicende, ed in particolare l'attività di intermediazione per una ripresa di contatti tra gli Stati Uniti e la Libia; riferendo che grazie all'interessamento di un italo-americano, tal Mario Leanza, residente ad Atlanta e mediatore di immobili, era riuscito ad entrare in rapporto con la famiglia Carter con l'intenzione di richiedere al fratello del Presidente, che sapeva produttore e commerciante di arachidi, se vi fossero possibilità per la conclusione di accordi commerciali con la Libia. Il Papa accompagnato dall'Ambasciatore libico Shallouf, incontrò Billy Carter ad Atlanta; le spese del viaggio, a dire del Papa, furono sostenute dallo Stato libico. Il Carter in quella circostanza accettò la proposta di intraprendere rapporti economici, poiché all'epoca era in una lobby di senatori e operatori economici desiderosi di "fare affari con la Libia"; pertanto si impegnò ad organizzare a breve scadenza una missione con una delegazione di politici ed industriali statunitensi nel Paese nord-africano, ricevendo in cambio assicurazioni che se si fosse giunti alla realizzazione del progetto, le autorità libiche avrebbero dovuto estinguere una sua precorsa ipoteca saldando il relativo debito.

A seguito di tali impegni, una delegazione di circa venticinque persone , tra cui Billy Carter, sua madre e lo stesso Papa, si recò in Libia per essere ricevuta personalmente, a Tripoli, dal Colonnello Gheddafi. Alla delegazione, che ebbe contatti con diverse imprese pubbliche, furono offerti svariati doni, che scelsero presso la gioielleria dell'Hotel Hilton.le Inoltre Billy Carter ricevette personalmente da Gheddafi la somma per estinguere l'ipoteca.

La vicenda relativa all'attività di intermediazione del Papa venne trattata in altri termini dal S.I.S.MI. Infatti in un appunto redatto dal Servizio (allegato all'esame testimoniale reso dal Direttore del Servizio ammiraglio Battelli, GI il 06.02.97) ad oggetto "Dr. Francesco Pazienza", si legge che quest'ultimo si era fatto introdurre dal noto Musumeci presso l'avvocato Papa Michele "personaggio notoriamente favorevole e vicino a Gheddafi", per ottenere materiale e notizie da usare contro Billy Carter fratello dell'allora Presidente degli Stati Uniti. Successivamente, sempre secondo quanto riportato dall'appunto, il Pazienza e il Musumeci si erano vantati di essere stati gli autori occulti del cosiddetto "Billy - gate", che non poco offuscò l'immagine del Presidente Americano.

Sentito in merito, il Pazienza confermò quanto riportato nell'appunto del S.I.S.MI, aggiungendo che prima di lanciare l'operazione Billy-gate egli si era consultato con il Monsignor Achille Silvestrini, che aveva dato un tacito assenso all'operazione.

Al momento del lancio dell'operazione venne assoldato Settineri Giuseppe, giornalista, conoscente dell'avvocato, "che fece parlare lungamente il Papa ... fornito di un microfono e un registratore ... . Lui dette tutte le conferme della grande amicizia che era nata tra il fratello del Presidente Carter e George Habbash, che era il Capo del FPLP". La registrazione dell'intervista venne consegnata al S.I.S.MI e successivamente anche a un senatore americano repubblicano, giunto espressamente in Italia per la vicenda del coinvolgimento del fratello del Presidente in attività commerciali con la Libia. Il Settineri confermò le stesse circostanze con la precisazione che a consegnargli il registratore era stato tal Placido Magrì in un incontro avvenuto a Roma e che per il lavoro svolto aveva ottenuto dallo stesso un compenso di circa cinquecentomila lire più il rimborso spese (v. esame Settineri Giuseppe, GI 15.12.83).

Inoltre il Pazienza espresse un'opinione personale sul Papa definendolo come un personaggio che "tentava" di ungere il più possibile i libici all'epoca con la storia della specie di moschea che aveva costruito ... ma che poi i libici non lo accreditarono di un'effettività come lui voleva effettivamente far credere"; inoltre il Pazienza riferì di non essere a conoscenza di presunti contatti del Papa con i Servizi italiani, mentre "sicuramente aveva dei rapporti con i Servizi libici in Italia"(v. interrogatorio Pazienza Francesco, GI 20.04.94).

E' da rilevare che il Papa nella sua unica deposizione ha riferito di non aver mai conosciuto nè il Pazienza, nè il generale Musumeci, nè tanto meno rappresentanti dei Servizi italiani.

E' emerso inoltre che il Papa, come si evince dalla documentazione sequestrata nel corso della perquisizione domiciliare effettuata dalla G. di F. di Catania, negli anni 1980/81, era rimasto coinvolto in un rapporto di intermediazione tra tale J.S.Fleming di Amherst (Massachusetts) e le autorità libiche in relazione alla vendita di otto aerei C130 fermi in Georgia, già acquistati dai libici bloccati per effetto dell'embargo decretato dai paesi occidentali. Richiesti chiarimenti al Papa, in sede di esame testimoniale, egli ha confermato sostanzialmente quanto rilevato dall'analisi delle carte sequestrate, precisando che l'affare non era andato in porto in quanto il leader libico aveva disposto di "lasciare gli aerei a marcire sotto il sole", giacché prima o poi la vicenda sarebbe divenuta oggetto di contenzioso tra i due Stati interessati.

In relazione all'esame della documentazione sequestratagli presso lo studio a Catania, (perquisizione e sequestro dell'11.11.96), è stato rilevato che sull'agenda appariva un appunto manoscritto del tenore "Avv. Aldo Davanzali ... società Sasar - Incop - Costruzioni - Itavia Spa". Da accertamenti svolti, quest'ultima risultava essere una ditta commissionaria in Libia. Nel corso dell'esame testimoniale il Papa ricordava che proprio il Davanzali lo aveva contattato per riuscire a percepire somme di denaro dovutegli dal Governo libico a seguito del compimento di lavori stradali e opere pubbliche già ultimate, ma non ancora saldate. Egli si era adoperato mettendo in contatto l'avvocato Davanzali con il presidente della camera del commercio di Tripoli, tale Kirkia, impiegato anche presso la camera del commercio siculo-araba.

Sempre nell'agenda sequestrata veniva inoltre rinvenuto un biglietto da visita intestato "Siai Marchetti Com. Francesco Sensi". Il Papa ha spiegato di aver conosciuto Sensi durante un soggiorno nello stesso albergo in Libia. Inoltre ha ricordato che il comandante era incaricato dalla società dell'addestramento di piloti libici.

Quanto all'annotazione manoscritta "Aerei libici con carburante ridotto per non fuggire" rinvenuta su un foglio contenuto nella cartella titolata "Memorie Libia Top Secret", essa appare riconducibile alla lettera scritta dal Papa e pubblicata sul quotidiano "La Sicilia" il 17.02.91, sul viaggio che Gheddafi avrebbe dovuto intraprendere la sera del 27.06.80. A dire del Papa l'Executive che avrebbe dovuto trasportare il leader libico viaggiava sulla stessa tratta del DC9, ma con direzione sud-nord opposta al velivolo dell'Itavia. Sempre nello stesso articolo l'avvocato aveva trattato del MiG23 libico caduto in Italia, sostenendo che sicuramente era pilotato da un personaggio importante, in quanto solo in questi casi i serbatoi dell'aereo sarebbero stati completamente riforniti.

In merito a questa vicenda il Papa ha confermato lo scritto, precisando che il velivolo Executive con a bordo Gheddafi era diretto verso un paese dell'Est, probabilmente la Romania; la destinazione era stata riferita direttamente dal leader nel corso di una conferenza stampa, che aveva avuto luogo dopo l'incidente di Ustica, e alla quale aveva partecipato, oltre a giornalisti italiani e stranieri presenti a Tripoli, egli stesso.

In relazione agli appunti sul carburante contenuto nel MiG23 libico, ha dichiarato di aver appreso quelle circostanze da amici libici "autorevoli ed a alto livello, tra cui ex Ministri", di cui non ha rivelato i nomi allo scopo di garantirne la incolumità.

A conclusione del quadro investigativo sul personaggio è stata anche analizzata la documentazione inviata dalla Procura di Palermo e inerente "Rapporti tra mafia e cosiddetta massoneria deviata", acquisita presso il S.I.S.DE e la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, da cui però non si sono rilevati elementi significativi per la posizione dell'avvocato catanese.

E' emerso soltanto, in un appunto presente nel fascicolo della DCPP intestato al nominato, che dopo il raffreddamento dei suoi rapporti con i rappresentanti delle autorità libiche, egli nell'84, aveva tentato il riavvicinamento ospitando la sera del 05.05.87, nei locali dell'associazione siculo-araba di Catania, esponenti del Governo libico, in occasione della cerimonia di costituzione del Congresso popolare per l'approfondimento della "Terza teoria universale di Gheddafi".

In un appunto del S.I.S.DE, redatto il 30.06.80, veniva evidenziato che il diradarsi dei rapporti tra il Papa ed ambienti libici doveva attribuirsi ad iniziative ritenute da questi ultimi poco ortodosse (come il reclutamento di manodopera italiana per la Libia) e a prese di posizione politiche autonome non condivise dai libici.

6. Le esportazioni del nucleare all'Iraq.
I rapporti di questo Paese con l'Italia. Le varie ipotesi di scenario.

Ad aprile l'area del Golfo Persico è sede di fortissime tensioni. Si registrano le prime scaramucce alla frontiera tra l'Iran e l'Iraq. Khomeini al rientro dall'esilio lancia all'esercito iracheno un appello alla rivolta contro Saddam Hussein. Tra i due leaders continuavano attriti mai sopiti. Khomeini il primo periodo di esilio, dal 64 fino al 78, lo aveva trascorso proprio in Iraq, come ospite non amato ma tollerato. Dalla città santa di Najef aveva tentato di sollevare gli sciiti iracheni, il 60% della popolazione, contro i sunniti al potere. Saddam Hussein adirato per questa iniziativa lo invita immediatamente a lasciare il Paese. Khomeini si rifugia quindi a Parigi, città dalla quale il 1° febbraio 79 ritornerà trionfante a Teheran. Il conflitto vero e proprio tra i due popoli inizierà soltanto a settembre dell'80 con una fallita guerra lampo da parte di Saddam Hussein.

Così l'Ambasciatore Ugo Toscano ricostruisce la guerra tra i due Paesi: "Poi scoppiò la malaugurata guerra contro l'Iran. Il dittatore non ricordava l'episodio di Valmy. Attaccò l'Iran e provocò la riunificazione di tutte le fazioni persiane di fronte ad un simile affronto, a un simile pericolo. A Baghdad, alla vigilia della guerra, si diceva che a Teheran c'era un governo ad ogni quadrivio e che quindi quello era il momento opportuno per attaccare e liberarsi dall'oppressione iraniana, dagli aiuti che l'Iran forniva all'insurrezione curda e dai messaggi rivoluzionari, fondamentalisti, populisti che Teheran continuamente lanciava agli sciiti iracheni. Quello era il momento. Soltanto, la strada per Teheran è in salita e l'esercito khomeinista era ancora in possesso dei mezzi dello Scià, almeno in parte. Quindi, Saddam Hussein venne subito ridotto a mal partito e privato della sua principale fonte di finanziamento: l'esportazione di petrolio. Gli furono infatti subito distrutte le piattaforme di sbocco a Sud e chiuso l'oleodotto siriano a Nord. Dovette in un certo modo ritirarsi e confinarsi in una guerra di logoramento.

Dobbiamo tener presenti le condizioni in cui si è trovato: l'esercito combatteva in un deserto dove ci sono 50 gradi all'ombra per 6/7 mesi all'anno. Tuttavia, Saddam non si perse d'animo: si fece costruire, anche con il nostro aiuto (in quanto subappaltatori) una nuova via per l'esportazione del suo petrolio che passava ad Est attraverso la Turchia e ad Ovest attraverso l'Arabia Saudita. Mi riferisco al cosiddetto "oleodotto strategico" che permetteva di portare il petrolio da Sud in quelle due direzioni, ovviando quindi all'oleodotto siriano, che Damasco aveva chiuso, e a quello di Bassora che gli iraniani avevano distrutto" (v. audizione Toscano Ugo alla Commissione parlamentare sullo scandalo BNL-Atlanta, 16.01.92). Pertanto da qui l'inizio di un conflitto che durerà quasi un decennio e mieterà milioni di vittime da entrambe le parti. Obiettivo di Saddam Hussein quello di consolidare, attraverso la conquista di una parte di territorio iraniano, il controllo del Golfo Persico, così da trasformare il suo paese in ago della bilancia per l'equilibrio dei Paesi arabi. A tal fine sin dalla presa del potere si era impegnato nella militarizzazione dell'Iraq. Di qui l'interesse dell'Iraq all'acquisto di materiale bellico, e nucleare in particolare, dai Paesi occidentali, tra i quali l'Italia.

I rapporti italo-iracheni in campo nucleare presero avvio nella seconda metà degli anni settanta favoriti dagli effetti nei Paesi occidentali delle due crisi petrolifere del 73 e del 79 che avevano incoraggiato l'apertura verso i Paesi produttori di petrolio, tra cui l'Iraq. Il primo accordo risale al 15 gennaio 76, giorno in cui a Baghdad una delegazione del CNEN - oggi Enea - siglava un accordo con l'Iraq Atomic Energy Commission (IAEC). L'accordo prevedeva una collaborazione fra i due Enti nel campo degli usi pacifici dell'energia nucleare; collaborazione che si sviluppò attraverso quattro successivi programmi di applicazione, ognuno del periodo di due anni, che si sono conclusi nel 1984. Tali programmi includevano scambio di personale, collaborazione tra laboratori, seminari, training di tecnici. Contemporaneamente fu firmato un accordo sulla fornitura all'Iraq di un laboratorio di radiochimica per il valore di due milioni di dollari, consistente in attrezzature e servizi necessari per l'esecuzione di attività sperimentali di ricerca radiochimica a livello universitario ed in scala e di un laboratorio per lo studio della chimica degli attinidi e dei prodotti di fissione. Le attrezzature furono fornite dalla Snia-Viscosa e furono installate nel periodo 77-78 presso il Centro di Ricerche Nucleari di Tuwaithe alla periferia di Baghdad. A questo contratto ne seguì un altro stipulato nel 78 tra la Snia-Techint, Ansaldo Meccanico- Nucleare (Amn), CNEN e IAEC. Il contratto, dell'importo complessivo di circa 50 milioni di dollari, prevedeva la fornitura entro il 1980, scadenza successivamente differita a causa degli eventi bellici tra Iran e Iraq, di un laboratorio per la fabbricazione di combustibile nucleare; di una "Hall tecnologica per ingegneria chimica"; di una "Hall tecnologica per analisi chimico-fisiche, metallografiche e controlli dimensionali" ed un laboratorio per la produzione di radioisotopi. Sia il primo che il secondo contratto prevedevano la preparazione del personale iracheno per l'utilizzo delle attrezzature fornite. La fornitura di materiale si concluse nel 1983 con la firma dei documenti di accettazione provvisoria e l'anno successivo con l'approvazione dei documenti di accettazione definitiva.

Secondo quanto accertato dalla Commissione Parlamentare d'inchiesta sullo scandalo della BNL di Atlanta in merito all'utilizzazione dei finanziamenti concessi all'Iraq, i laboratori forniti all'Iraq e i relativi trasferimenti di tecnologie non erano in grado di determinare l'acquisizione, da parte dell'Iraq, di capacità di ritrattamento industriale del combustibile irraggiato, quale quelle richieste per dotarsi di una potenzialità nucleare militare. Ragion per cui, si può affermare che l'Italia aveva partecipato in modo cospicuo alle fasi iniziali di sviluppo dell'energia nucleare in Iraq. Ma non da sola, perché anche altri Paesi avevano contribuito allo sviluppo nucleare di quel Paese mediorientale. Mentre il nostro Paese aveva contribuito a forniture e assistenza concernenti il ciclo del combustibile nucleare con riferimento alle tecnologie di fabbricazione, alla ricerca e sviluppo dei processi di separazione uranio-putonio nel combustibile irraggiato e alle ricerche di base, l'Unione Sovietica e la Francia avevano fornito all'Iraq i reattori di ricerca necessari ai programmi di irraggiamento e per la produzione di radioisotopi per applicazioni non energetiche.

La Francia, del resto come l'Italia, sulla scia della crisi energetica del 73, aveva firmato un accordo con l'Iraq, a quel tempo suo secondo grande fornitore di petrolio, per dotarlo di un centro di ricerca nucleare. L'accordo firmato nel novembre del 75 prevedeva la fornitura di due reattori, uno di 70 megawatt e l'altro di 800 kilowatt. Il reattore principale venne battezzato Osirak. Il contratto prevedeva anche la fornitura di uranio arricchito al 93%.

Israele il 7 giugno 81 bombarda il centro nucleare di Tuwaithe, danneggiando gravemente le attrezzature sperimentali fornite dalla Francia, in particolare il reattore Osirak. L'episodio a quel tempo fu condannato dalle Nazioni Unite, giacchè l'attività svolta dall'Iraq in campo nucleare fu ritenuta di natura pacifica. Va anche detto che Israele aveva tentato di bloccare questo programma dapprima in via diplomatica, poi con un attentato, il 6 aprile 79, ad un hangar della società francese "Constructions navales et industrialles de la Mediterranée" (Cnim) a La Seyne Sur Mer, Tolone, ove erano in costruzione i noccioli dei reattori iracheni. Della responsabilità israeliana dell'attentato, erano convinti i servizi interni francesi, la locale polizia giudiziaria, la Cea, la Technicatome, la stessa Cnim e l'ambasciata statunitense di Parigi. Altra vicenda sulla quale è stata adombrata una responsabilità israeliana e l'omicidio di Yaya Al Mesha, scienziato egiziano impegnato nel programma nucleare iracheno, assassinato il 14 giugno 80 nella stanza 941 dell'Hotel Meridien di Parigi.

Altra circostanza di interesse è emersa da una ricerca condotta da due giornalisti Steve Weissman e Herbert Krasney sul tentativo dell'Iraq di costruire una bomba atomica e pubblicata sul libro "The Islamic Bomb". Nel libro si legge di una spedizione dalla Francia all'Iraq di uranio arricchito avvenuta durante la settimana a partire dal 20 giugno 80.

Sulla base di questi elementi il giornalista Claudio Gatti nel suo libro- inchiesta "Il quinto scenario" scrive che nel giugno 80 furono inviate dalla Francia all'Iraq quantitativi di uranio arricchito, in esecuzione del trattato di cooperazione tra i due Stati, che tra l'altro includeva la fornitura di due reattori da 70 megawatt e da 800 kilowatt, da installare da Al Tuwaitha, nei pressi di Bagdad, e la fornitura di uranio arricchito al 93%. Le spedizioni sarebbero state due: la prima il 25 di quel giugno, la seconda con probabilità il 27 immediatamente successivo; il tragitto fu da Saclay, ove aveva sede la ditta Technicatome fornitrice dell'uranio, all'aeroporto di Marsiglia; da qui, per via aerea, a Bagdad; dall'aeroporto di questa città, con camion ad Al Tawaitha, sede degli impianti nucleari iracheni; le operazioni di trasporto aereo furono affidate al servizio trasporti speciali della ditta Cogema di Parigi, che si servirono per il tratto per via aerea dell'Air France.

Al fine di verificare le ipotesi formulate da Gatti, secondo cui il Governo israeliano avrebbe ideato ed elaborato un progetto d'agguato al velivolo che avrebbe compiuto il trasporto del 27 giugno un Airbus 300 dell'Air France con decollo alle h.19.00 circa dall'aeroporto di Marsiglia, venivano richieste alle Autorità francesi notizie a riscontro tra cui l'escussione di più testi che erano stati menzionati in quel libro. Le Autorità francesi si limitavano però alla escussione del solo direttore dei servizi trasporti della Cogema, Charles Jean Louis, che dichiarava a verbale di non essere autorizzato a rivelare alcunchè su quel trasporto, sostenendo che le consegne d'uranio molto arricchito erano coperte da disposizioni internazionali di protezione fisica (categoria uno). Affermava altresì, che sia lui che il suo predecessore non erano in servizio nel 1980 (v. rogatoria verso la Francia, 16.05.94).

Di conseguenza veniva rivolta - attraverso il Ministro di Grazia e Giustizia - richiesta di notizie relative al trasferimento di uranio all'Iraq, nel periodo giugno-luglio 80, all'Iaea, l'Agenzia internazionale di controllo sulle importazioni d'uranio, presso la sede di Vienna (v. missiva datata 16.03.94). L'Agenzia con nota del 10.02.95 riferiva che la documentazione richiestale avrebbe avuto ad oggetto informazioni ottenute in conseguenza dell'applicazione delle clausole dell'accordo del 29.02.72 tra essa Agenzia e la Repubblica dell'Iraq ed essa per l'applicazione delle salvaguardie in relazione al trattato di non-proliferazione delle armi nucleari. L'art.5 di questo accordo recita: A) l'Agenzia adotterà ogni precauzione per proteggere segreti commerciali ed industriali ed altre informazioni confidenziali giunte a sua conoscenza in applicazione a questo accordo. B) l'Agenzia non pubblicherà né comunicherà ad alcuno Stato, Organizzazione o persona, alcuna informazione ottenuta da essa, in relazione alla applicazione di cui sopra che possono essere date al Consiglio dei governatori dell'organizzazione e a quei membri del personale dell'Agenzia che richiedono tale conoscenza in ragione dei loro compiti ufficiali in relazione alle salvaguardie, ma soltanto in quanto necessarie perché l'Agenzia adempia alle sue responsabilità nell'applicazione di questo accordo. Informazioni sommarie sul materiale sottoposto alle salvaguardie in base a questo accordo possono essere rese pubbliche per decisione del consiglio se l'Iraq dà il suo accordo". E quindi, concludeva la nota, l'Agenzia non era in grado di fornire l'informazione richiesta.

E così usando di una finalità dall'apparenza nobile, si è erto un altro muro contro la ricerca di questa inchiesta.

Particolare attenzione è stata posta ad alcune circostanze emerse nel corso dell'inchiesta cosiddetta "Tangentopoli 2", condotta dalla Procura di La Spezia, concernenti il cd filone radioattivo. Vi si supponeva, in quelle indagini, che sul DC9 fossero state imbarcate tre tonnellate di uranio, trafugate dai depositi dell'Enea di Montecuccolino di Bologna. Dopo la caduta del DC9 la "Mediterranean Survey Service Spa" (società specializzata in ricerche sottomarine che aveva come azionista il noto faccendiere Pierfancesco Pacini Battaglia) sarebbe intervenuta per recuperare, nella fossa del Tirreno, le barre di materiale radioattivo. L'uranio, una volta recuperato, sarebbe stato consegnato all'Iraq tramite la Libia. La prova di queste circostanze sarebbe stata acquisita nelle indagini del GI Palermo di Trento e sarebbe consistita in due fatture di 852 miliardi di lire ciascuna, aventi per oggetto la parola "Toys" o "giocattoli" - che nel corso di altre attività istruttorie veniva usata per indicare "armi" - rimaste a lungo senza giustificazione.

Sono state di conseguenza compiute complesse e lunghe indagini nel capoluogo emiliano al fine di accertare se nel primo semestre dell'80 fosse stato consumato un furto o si fosse verificata una sparizione di materiale fissile presso i centri di riprocessamento dell'Enea - Agip di Montecuccolino di Bologna. Le indagini svolte dai Carabinieri appuravano la inesistenza di denuncie di furto come di segnalazioni di sparizioni di materiale fissile presso il centro "Agip Nucleare" sito in Montecuccolino di Bologna. Veniva però rinvenuto, presso gli atti del Comando Arma di Medicina (Bo), un rapporto giudiziario datato 09.08.79 redatto dal Comando CC. Antisofisticazione e Sanità Nas di Bologna su indagini esperite circa un episodio di rottura e fuoriuscita di polvere radioattiva da un pacco postale, contenente all'origine g.2,047 di "uranato di sodio" spedito dalla "Somair" Societè des Mines de l'Air di Airlit (Repubblica del Niger) e diretto al Centro Nucleare di Medicina, verificatosi il 27.07.79 in Bologna. Come si rileva, sempre nel citato rapporto, che analoga situazione si era verificata a Milano presso l'ufficio pacchi dogana dell'aeroporto di Linate. Dell'evento era stata interessata la locale Pretura.

Deve essere rammentato che il centro di Montecuccolino, situato su una collina alle porte di Bologna, nel periodo degli anni 80 era costituito da tre impianti che impiegavano materiale fissile, con tre reattori sperimentali denominati RB1, RB2 e RB3.

L'RB1, in licenza all'Università di Bologna, ma in esercizio all'Enea era un reattore di ricerca a potenza zero, usato per la determinazione sperimentale di parametri di funzionamento di reattori di potenza e la ricerca di base nella fisica del reattore. Il reattore RB2, in licenza all'Università di Bologna, ma in esercizio all'Agip nucleare, veniva usato per la qualificazione sperimentale di diversi tipi di elementi di combustibile nucleari, d'interesse della stessa Agip. Infine l'RB3, in licenza ed in esercizio all'Enea era un reattore di ricerca a potenza zero, impiegato per misure sui sistemi di controllo destinati alla Centrale Cirene, allora in costruzione presso il sito Enel di Borgo Sabotino.

Per quanto riguardava gli impianti RB1 e RB3 in esercizio all'Enea si appurava che tutto il combustibile nucleare veniva conservato o nel reattore o in depositi particolari presso gli stessi impianti. L'accesso agli impianti avveniva esclusivamente tramite un sistema elettronico con registrazione di tutti i passaggi e aperture. Tutto il Centro di Montecuccolino era protetto da un sistema antintrusione ed era custodito da guardie giurate. Con frequenza circa annuale avvenivano su ciascun impianto ispezioni da parte dei funzionari Enea/Disp (ora Anpa) accompagnati da Ispettori della Iaea (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica). Tutti i motivi di entrata e di uscita del combustibile nucleare relativi agli impianti RB1 e RB3 venivano annotati in appositi registri suddivisi per tipologia. Da tali registri definiti "partite omogenee" emergeva nel periodo d'interesse che in data 11.03.80 era stato trasferito un elemento da RB3 a CCR Euratom, Ispra (VA) contenente 697,91 di uranio di cui 650,14g. di U235. Non risultavano dalle ispezioni degli organi di controllo e dalle registrazioni di materiale combustibile sparizioni, furti o diminuzioni di materiali impiegati.

Per quanto concerneva il reattore RB2, come già in precedenza asserito, esso apparteneva al gruppo ENI. L'RB2 serviva per misurare le attività di uranio e grafite; il lavoro presso il reattore avveniva per contratto ed era finanziato in parte anche dall'Enea. Tale Brighenti, responsabile nel 1980 dell'impianto, dichiarava che in base a tutti i controlli svolti secondo metodologie approvate dall'Enea e dall'Iaea, non erano state riscontrate sparizioni o mancanze di materiali. La documentazione di tutta la vita del reattore era stata inviata alla Temav di Porto-Marghera, società che era succeduta all'Agip nucleare nella gestione dei laboratori di Medicina, ove nel 1987 (anno di cessazione dell'attività del reattore) veniva trasportata per la prima volta la documentazione. A memoria del Brighenti, il materiale fissile adoperato nel reattore RB2 negli anni tra il 1963 e il 1987 venne trasferito come di seguito riportato: piccolissime partite furono affidate, nel rispetto delle leggi, a laboratori autorizzati; le grosse partite, quelle prese in affitto furono restituite ai legittimi proprietari, quelle di proprietà ENI costituite da una partita di uranio arricchito al 20% e di un'altra partita al 90% furono vendute tra gli anni 1982-1986 alla ditta Nukem del Gruppo Degussa di Francoforte. Copia di tale documentazione era comunque rinvenibile presso l'allora Disp - Divisione Sicurezza e Controllo dell'ex CNEN ora Enea. La documentazione successivamente acquisita da questo GI presso l'ENIrisorse ex Temav di Porto Marghera confermava quanto riferito dal Brighenti.

Le indagini venivano allargate oltre al Centro di Montecuccolino anche ad altre aree di interesse quali il Centro dell'Agip nucleare e un centro del Cnr situati entrambi in Medicina (Bo), e ad una centrale nucleare (mai operante) in località Brasimone. Le indagini condotte sul luogo e presso i comandi dell'Arma competenti appuravano che i locali del Centro Agip nucleare di Medicina situato in via Sabbionara nr. 16 erano in completo stato di abbandono; il centro non aveva mai avuto un reattore nucleare; impiegava materiale fissile e grezzo; dal 1° gennaio 89 il Centro Nucleare assumeva la denominazione Temav (Società per lo sviluppo tecnologico dei materiali avanzati); la Temav faceva parte del Gruppo Samatec; fino al dicembre del 93 vi erano ancora giacenze di rifiuti radioattivi e uranio. L'area protetta della Temav (cioè l'area ove era depositato il materiale nucleare) era autorizzata a contenere una quantità massima di Kg.33 di uranio 235 arricchito. Durante tutta la gestione dell'AGIP nucleare il quantitativo di uranio non aveva mai superato tale limite. Successivamente durante la gestione Temav il quantitativo di materiale fissile non aveva mai superato i 3-4 Kg. di uranio arricchito. Si trattava principalmente di materiali in polvere e pastiglie sotto forma chimica di ossido, non solubile e non trattabile chimicamente. Dal gennaio del 94 la struttura veniva smantellata ed assorbita dall'Enea ed inglobata in una struttura già preesistente della società nel Comune di Faenza (RA).

Il secondo centro d'interesse sito in tale località era l'Istituto di Alta Energia di via Biancafarina nr.2485, di proprietà del CNR. Questo centro non aveva mai trattato materiale fissile o derivati; bensì, era dotato solo di una macchina capace di emettere un fascio di elettroni, guidati su uno specifico bersaglio.

A Brasimone invece si accertava che nel 1980 erano in corso due attività principali - realizzazione del reattore sperimentale veloce PEC (Prove Elementi Combustibile) - realizzazione sospesa nel giugno 88 per decreto legge - e attività di ricerca a supporto della realizzazione del reattore sperimentale PEC e dei reattori della filiera veloce europea. Tutte le attività di ricerca erano di tipo convenzionale, in quanto non coinvolgevano l'uso di materiale fissile o fertile. Dal settembre 87 non vi era stato più ingresso di materiale fissile e fertile, mentre in data 29 marzo 93 risultavano usciti Kg.13.327,256 di uranio depleto metallico destinati alla Società Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo (Al). Lo stesso quantitativo era arrivato al Centro in data 12 aprile 84. Questo materiale non era stato mai usato ed era stato sempre mantenuto in apposito locale.

Per quanto riguarda la Mediterranean Survey Service S.p.a, le indagini non hanno portato ad alcun riscontro concreto, ma si è giunti solo a verificare l'effettiva presenza dei mezzi e del personale della società nelle acque circostanti il punto di caduta del DC9 nell'estate dell'80, giacchè essa aveva ufficialmente ricevuto l'incarico dalla Samim dell'ENI di svolgere una ricerca mineraria al largo di Palinuro.

Le indagini venivano dirette anche verso l'aeroporto di Bologna Borgo-Panigale ove sarebbe avvenuto il supposto carico del materiale radioattivo. Qui veniva sentito il direttore Bonato Valerio, il quale in merito al transito delle merci provenienti da altri aeroporti, riferiva che competente in materia, sia per le merci in arrivo che in partenza o in transito era la Direzione della Dogana; mentre la Società SAB (Società Aeroporti Bologna) gestiva, per convenzione, il settore merci, riscuotendo i diritti erariali corrispondenti, e provvedendo al carico e scarico delle merci. Di conseguenza veniva sentito, per la Sab, il sig. Bagattoni Pietro che nell'80 era responsabile gestione scalo per la società, il quale riferiva che in quell'anno competente al controllo ed alla registrazione era la direzione della Dogana. Per la direzione della Dogana veniva contattato il dirigente dell'ufficio Grimaldi, il quale riferiva che in merito al controllo delle merci in transito presso l'aeroporto di Bologna nell'anno 1980 era utile interpellare tale Marino Domenico, responsabile all'epoca della direzione Dogane. Quest'ultimo, esaminato in data 16.10.96, dichiarava di non avere ricordi di episodi atipici concernenti il transito di materiale sensibile o strategico avallato dai servizi di sicurezza, nè ricordi di segnalazioni preventive per traffico clandestino di materiale radioattivo. Tutta la merce che veniva caricata a bordo doveva essere registrata sul cosiddetto Cargo Manifest, indipendentemente dal fatto che venisse imbarcata con partenza da Bologna o in provenienza da altri velivoli, sia con arrivi nazionali che con arrivo da aeroporti esteri. In questo ultimo caso la merce doveva essere scortata da apposita bolletta di cauzione per merci estere.

Veniva quindi escusso il responsabile nazionale per la sistemazione dei residui radioattivi e la disattivazione degli impianti presso il Dipartimento Energia dell'ENEA, Rolandi Giuseppe Cesare, il quale dichiarava senza ombra di dubbio che ogni trasferimento di materiale nucleare nel 1980, da e per l'Italia, era avvenuto nel rispetto delle procedure vigenti, e non c'era stato nessun trasferimento illegale o comunque al di fuori della contabilità verso paesi esteri (v esame Rolandi Giuseppe, PG 10.06.97). Tali affermazioni venivano suffragate da un voluminoso dossier che la Direzione Generale dell'Enea inviava a questo Ufficio.

Come si vede estese e complicate indagini, che però non hanno fornito - o non hanno potuto fornire - alcun riscontro all'ipotesi in questione.

Ritornando ai rapporti tra il nostro Paese e l'Iraq va rilevato che questi non prevedevano soltanto forniture e assistenza in campo nucleare, ma anche nel settore del materiale bellico. Un importante contratto veniva stipulato proprio nel 1980. Il contratto prevedeva la fornitura di quattro fregate missilistiche della classe "Lupo", sei corvette missilistiche ed una nave logistica da parte della Fincantieri, e munizionamento e supporto logistico da parte della società Oto Melara. Su tale affare è stata rinvenuto presso la Segreteria speciale della Presidenza del Consiglio dei Ministri un interessante carteggio contenuto in una cartella dall'inquietante titolo "Tangenti Irak". Da esso si ricavava che l'esito positivo dell'importante contratto, il cui valore si aggirava sui due miliardi di dollari, pagabili in contanti durante la costruzione, era stato possibile soltanto grazie all'opera di intermediari esteri non residenti con un compenso pari al 5,50% del valore del naviglio ed al 3% di quello del munizionamento.

E' possibile rilevare l'interesse del nostro Paese a favorire i rapporti commerciali con l'Iraq da una missiva che il Presidente del Consiglio, inviava in data 7 agosto 80 al Presidente dell'Iraq, Saddam Hussein. Questo il testo nelle sue parti essenziali: "... L'Iraq e l'Italia stanno per finalizzare un importante contratto. Esso si inquadra in un rapporto di collaborazione tecnica tra la Marina italiana e quella irachena. E' un rapporto, questo, destinato a rinsaldare i legami di amicizia fra i due Paesi e a creare una durevole solidarietà tra le nostre Marine.

Aderendo al desiderio del Governo della Repubblica dell'Iraq, quello italiano si è dichiarato disposto ad impegnarsi in un piano di collaborazione che avrà una durata di diversi anni. Questo fatto ha una grande rilevanza politica: per gli equilibri della Regione medio-orientale, per la posizione italiana ed anche europea sul problema della nazione araba.

La disponibilità italiana a sottoscrivere tale intesa va valutata per le ragioni che l'hanno promossa e che si inquadrano in un contesto politico che riflette gli interessi dei due Paesi ugualmente toccati dalle vicende del Medio Oriente e del Golfo Arabico.

L'Ambasciatore d'Italia presso la Repubblica dell'Iraq ha riferito dell'andamento delle conversazioni. Ho tratto pertanto l'impressione che un incontro politico ad alto livello, come quello che è fissato a Roma dal 12 al 16 settembre con il vice Presidente Izzat Ibrahim, potrebbe permettere di mettere nella giusta luce la portata che lo scambio di lettere ha per la politica dei due Paesi..."

Sempre nel 1980 - si legge in altro documento trasmesso dalla Presidenza del Consiglio - oltre alla trattativa poi conclusa dell'acquisto delle navi dalla Fincantieri, l'Italia aveva avviato trattative per commesse di ammontare superiore ai 1200 milioni di dollari con l'Aeronautica militare irachena. Le trattative avevano avuto inizio a seguito della visita in Italia nel primi di giugno dell'80 di una delegazione irachena guidata dal Capo degli Approvvigionamenti dell'Aeronautica militare irachena invitata dalla Aeronautica italiana. La trattativa comprendeva una complessa fornitura di 22 aeromoboli G222 e di una serie di sistemi elettronici di scoperta e di raccolta informazioni da installare sugli stessi G222 e su sistemi di velivoli non pilotati prodotti dalla Meteor S.p.a. . Le aziende interessate erano la Aeritalia e la Selenia del Gruppo IRI per i velivoli G222 e i sistemi elettronici, per le restanti forniture la Meteor Spa e la Elettronica Spa.

Anche il gruppo Augusta aveva in corso trattative in quell'anno con l'Iraq che era interessato all'elicottero AB212, in grado di accogliere equipaggiamenti per guerra elettronica attiva e passiva, ed all'elicottero A109 in configurazione militare per la lotta contro-carro ed infine ad elicotteri da imbarcare sulle navi.

Sempre in quell'anno gli accordi tra il nostro Paese e l'Iraq prevedevano anche l'istruzione in Italia di militari iracheni. Dal 30 giugno al 31 agosto 80 la Selenia ha tenuto un corso a ufficiali dell'Iraq sulle tecniche di guerra elettronica. Altri militari erano stati istruiti sul volo basico presso l'aeroporto di Amendola, di Galatina (Lecce) e Latina.

Dal 30 maggio al 10 giugno 80 una delegazione composta da ufficiali dell'Aeronautica irachena, capeggiata dal generale Amin Mohammed Rashid Reuf, accompagnati dal tenente colonnello Bena Ferdinando Addetto militare presso l'ambasciata italiana a Baghdad e dal capitano Francesconi Salvatore al SIOS/A e da un non meglio indicato capitano Venturoni, visiteranno alcune industrie militari, tra le quali la Meteor e la elettronica S.p.A.. La visita era finalizzata all'acquisto da parte irachena di materiale di interesse militare (v. rapporto DCPP 02.09.91).

In relazione a questa visita in Italia non può non essere rilevato che il generale Tascio si reca in missione a Baghdad dal 7 al 10 luglio successivo, ufficialmente per un'ispezione presso l'ufficio dell'Addetto militare dell'AM, ma non può escludersi che la vera ragione possa trovarsi, invece, nelle trattative che erano in corso tra i due Paesi.

Del capitano Francesconi aveva fatto riferimento il tenente colonnello Umberto Nobili, del quale si è già fatto riferimento nella parte dedicata alle attività del Capo Centro del S.I.S.MI di Firenze. Nobili rammentava che Francesconi si era vantato di aver accompagnato il generale Tascio ed il colonnello Bomprezzi in un albergo romano ove incontrarono militari iracheni per stipulare accordi per l'ammontare di 3.000 miliardi. (v. esame Nobili Umberto, GI 01.12.90).

Francesconi, in servizio al SIOS/A dalla primavera del 75 a metà luglio dell'80, era inserito presso il 2° Ufficio, medesima struttura nella quale risulta inserito Nobili. Ricordava di aver avuto modo di interessarsi di ufficiali iracheni che stavano seguendo uno stage presso la scuola di volo a Lecce e di essere stato incaricato di fare da escort a una delegazione irachena giunta in Italia tra la fine di maggio e l'inizio di giugno precisando che quell'incarico gli venne affidato dal Capo del 2° Reparto, generale Tascio. Nella circostanza ha ricordato di aver accompagnato la delegazione alla Meteor nei pressi di Monfalcone, alla Selenia e alla Piaggio. Ha ricordato anche la partecipazione del suo capo ufficio il colonnello Bomprezzi (v. esame Francesconi Salvatore, GI 09.05.91).

La rivoluzione iraniana creò una situazione completamente nuova nello scacchiere mediorentale. Con la fine del regime dello Scià, infatti, veniva meno uno dei punti di forza del sistema di alleanze dell'Occidente nella regione e si apriva una fase di instabilità causata dalle spinte eversive dell'integralismo islamico, fattore di forte presa sulle masse arabe ed al tempo stesso strumento idoneo ad offrire un'ampia base di consenso alle pretese egemoniche dei gruppi dirigenti nazionali arabi. D'altra parte l'inizio delle ostilità tra Iran e Iraq poneva nuovi problemi non soltanto ai Paesi occidentali, primo fra tutti gli Stati Uniti, ma anche al blocco sovietico. Il timore delle potenzialità espansionistiche del fondamentalismo religioso in direzione delle Repubbliche sovietiche a maggioranza islamica aveva indotto l'Unione Sovietica, come si è già rilevato, all'invasione dell'Afghanistan allo scopo di rafforzare le proprie frontiere meridionali. Sul versante occidentale, invece, la preoccupazione di un'affermazione militare del regime degli ayatollah crebbe progressivamente sino al punto di determinare il ribaltamento della politica USA nella regione. Gli Stati Uniti spostarono il loro interesse verso l'Iraq, Paese che durante l'amministrazione Carter era definito come sostenitore del terrorismo internazionale; e tale giudizio permase sino al giugno del 1983 quando durante l'amministrazione Reagan, lo si cancellò dalla lista dei Paesi finanziatori del terrorismo facendo cadere i controlli alle esportazioni introdotti nel 79.

Un'interessante analisi di quel periodo sulla posizione degli Stati Uniti nei confronti dell'Iraq si rileva da una relazione preventiva per il Ministro delle Partecipazioni Statali datata 10.09.80 in vista dell'incontro con il predetto vice Presidente del Consiglio della Rivoluzione irachena, Izzat Ibhraim. Al punto due della relazione nel paragrafo dal titolo "Quadro politico" si legge: "Il Governo USA, dopo aver autorizzato la fornitura alla Iraq dei propulsori per le navi di produzione italiana, ha messo in atto una serie di provvedimenti atti a rendere ufficiale una posizione dura nei confronti dell'Iraq stesso. Ad esempio, di recente, il Dipartimento di Stato, ha raccomandato a quello del Commercio di sospendere l'autorizzazione per la fornitura di due Boeing 747 e due Boeing 727 alle linee aeree irachene. Si ritiene, comunque, che la posizione di durezza sia più formale che sostanziale. Infatti, dopo il cambiamento di regime in Iran, un notevole ravvicinamento è avvenuto fra l'Iraq, l'Arabia Saudita e la Giordania. Ciò fa supporre che si stia creando un fronte per arginare il khomeinismo iraniano ed è da supporre che gli USA, come d'altronde tutto l'Occidente, intendano favorire una simile alleanza. Inoltre si suppone che l'attuale situazione economica e politica creata dal nuovo regime in Iran debba fatalmente provocare una reazione che può essere sostenuta solo dai Paesi arabi sotto la guida dell'Iraq (v. atti trasmessi dalla PCM con missiva del 03.06.97).

7. La morte del maresciallo Tito. Il colpo di Stato
dei militari in Turchia. La questione palestinese.

A maggio muore il maresciallo Tito - leader di un Paese verso il quale Gheddafi si sentiva particolarmente vicino in quanto aveva saputo sottrarsi all'Unione Sovietica ma senza cadere nella sfera d'influenza occidentale - e le preoccupazioni del mondo occidentale crescono per il futuro della Jugoslavia. Il mondo temette per un'invasione sovietica della Jugoslavia ma non previde la disintegrazione di quella entità statale, che sarà determinata proprio da quegli stessi fattori che cominciavano ad alimentare le conflittualità tra Nord e Sud di larga parte del mondo in quel periodo.

In quell'incontro di Pechino Teng Hsio-p'ing e Kissinger del maggio 75 di cui s'è detto ad inizio di questo capitolo, dedicato alla situazione dell'Europa meridionale, si parlò anche del problema della dopo Tito. E qui Kissinger preoccupato tanto quanto la sua controparte cinese che teme contraccolpi su tutto il Sud del continente, riferisce di un piano di contenimento militare di un'eventuale invasione sovietica della Jugoslavia, che avrebbe necessariamente utilizzato il territorio italiano, ma che sarebbe stato partecipato - e qui un'ulteriore mala stima dei nostri governanti, già descritti dal Segretario di Stato come sonnacchiosi, e quindi affetti da provincialismo perché non interessati alle problematiche di quegli incontri internazionali, se non da narcolessia - soltanto solo ai maggiori leaders dei tre principali governi europei - e quindi dopo aver sottolineato il provincialismo la conseguente emarginazione.

Un altro evento di particolare importanza é il colpo di Stato dei militari guidati dal generale Kenen Evren in Turchia, consumato il 12 settembre dell'80 ed accolto con favore dagli ambienti NATO perché ritenuto utile al consolidamento del fianco Sud dell'Alleanza Atlantica ed in genere dell'area del Mediterraneo.

La guerra fredda tra i due grandi blocchi pertanto continua ed ogni occasione provoca un intervento, ancorché indiretto, delle due superpotenze. Lo spettro di una guerra nucleare che avrebbe avuto come teatro l'Europa sembrava prender sempre più forma.

L'invasione nell'Afghanistan aveva provocato gravi tensioni in tutto il mondo ed incrinato ancor di più le trattative tra le due superpotenze sulla limitazione delle armi strategiche. L'accordo siglato nel 79 mancava della ratifica del Congresso americano. Proprio nell'80 prende vigore in Europa il dibattito sulla dislocazione degli euromissili, deliberata dal Consiglio Atlantico a Bruxelles a dicembre del 79. Dei 464 Cruise di cui era prevista l'installazione nel continente, ben 112 sarebbero stati schierati in Italia, così da contrapporli ai missili SS20 puntati da Mosca sulle principali capitali europee.

Né va dimenticata la questione palestinese che proprio in quell'epoca era al centro di roventi trattative, come permarrà negli anni a venire. Nell'80 sarà anche motivo di divergenza tra gli USA e gli alleati europei, inclusa l'Italia. Questi ultimi, infatti, avevano proposto per la soluzione del conflitto arabo-israeliano che al tavolo delle trattative sedesse anche l'Olp di Arafat. Organizzazione che era stata esclusa, invece, dagli accordi di Camp David. L'iniziativa però non godette del placet del Presidente Carter per due ordini di motivi: il primo in quanto egli si vedeva così espropriato del ruolo di mediatore della delicatissima vicenda; il secondo in quanto contrario alla creazione di uno Stato libero palestinese - a quei tempi era diffusa la voce che vedeva Arafat vicino alla Unione sovietica. La vicenda sarà anche oggetto dei colloqui al vertice della Comunità Europea che tenne luogo a Venezia il 13 giugno di quello stesso anno, e al termine del quale veniva riconosciuto dai Paesi partecipanti il diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese e la contestuale richiesta all'OLP di partecipazione alle trattative di pace.

Seguirà al vertice della CEE quello dei sette Paesi più industrializzati che si tenne sempre a Venezia il 22 successivo. L'Italia riuscì ad includere nell'agenda la questione palestinese in quello scacchiere ove gravava anche l'invasione sovietica dell'Afghanistan. Argomento che venne discusso nella prima giornata degli incontri; ragion per cui ne derivò un rasserenamento dei rapporti tra gli USA e gli alleati europei.

Va rilevato anche che soltanto in quell'anno la terra sfiorò il conflitto mondiale a causa di tre falsi allarmi nucleari, che ufficialmente furono giustificati dagli USA come causati da errori umani di valutazione.

In questa delicatissima situazione internazionale, i nostri dirimpettai, quei Paesi del Nord Africa che si affacciano nel Mediterraneo, i quali vissero proprio in quell'anno momenti di forte tensione. Al centro della tensione tra quei Paesi, la Libia di Gheddafi, accusata principalmente di mire espansionistiche e di foraggiare il terrorismo internazionale contro Israele ed i Paesi occidentali; ma anche di fomentare conflitti in seno al mondo arabo.

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