Capitolo VI

Conclusioni.

Si può infine concludere riconoscendo che le considerazioni in premessa hanno trovato piena conferma. Anzi le dimensioni del fenomeno sono apparse addirittura superiori ad ogni previsione. Fenomeno gravissimo per la sua estensione, che certamente è di gran lunga più rilevante che in altre inchieste, ma anche per la sua connotazione essenziale. Se occultamenti di documenti, reticenze, false testimonianze, sparizioni di reperti, la chiusura, cioè la negazione, sono strategie di difesa; l'inquinamento, le intossicazioni e i depistaggi lo sono di attacco. A chi procede, alle iniziative e alle attività, con pericoli ed effettive distruzioni devastanti.

Molti degli inquinamenti nascono all'interno del Paese. Ma forse quelli di maggior rilievo in questa inchiesta provengono dall'estero. Come quelli della vecchia Unione Sovietica con il tradizionale strumento delle forgeries. Ed anche della nuova Russia, in cui con ogni probabilità ancora sopravvivono e restano attivi quei centri di interesse antistatunitensi del passato regime. Come quello di origine romena costituito da persone con quella cittadinanza, già formatesi alla scuola della dittatura di Ceaucescu, che alle prime avvisaglie di cambiamenti si misero al servizio dell'insurrezione; restano senza occupazione ai primi passi di normalizzazione; si trasferiscono in Italia e qui con o senza legami con i vecchi ambienti divengono disponibili per ogni causa.

Dotati di eccezionale furbizia, immediatamente fiutano come vanno gli affari di giustizia da noi; simulano perciò pentimenti e collaborazioni, comprendono che i filoni più paganti - in tutti i sensi - sono quelli di moda e di gradimento per le ricostruzioni "storiche" di non pochi inquirenti. Intuiscono cioè quei filoni che conducono a fatti e circostanze, pronti ad essere abbracciati da magistrati inquirenti e strumentalizzati da fazioni politiche. Ed infatti i romeni nell'assalto al palazzo di Ceaucescu, nella spoliazione dei suoi archivi rinvengono tra le migliaia e migliaia di fascicoli proprio quello di Ustica. E in questo improbabile fascicolo di Bucarest su questa strage trovano carte che portano a un certo Galli o Gallo che altri non può essere, almeno nell'intenzione di chi ha progettato queste dichiarazioni, che il più che noto Gelli. Quindi dalla Romania una pista per il massacro che palesemente risale alla P2. E al termine di questa operazione le solite richieste che facilmente si esaudiscono per chi dice storie gradite: protezione, denaro e gloria giornalistica.

Ci sono poi i nostri, legati all'estero, che non sono da meno. E' sufficiente ricordare i nomi più famosi, Sinigaglia, Del Re, Demarcus. E' innegabile, che pur nel cumulo di fandonie narrate, Sinigaglia sia ancora legato ad ambienti francesi, principalmente della Legione Straniera, di un qualche Servizio francese, che ha sedi in Italia e comunque opera sul nostro territorio. Sinigaglia, che sicuramente ha orecchiato qualcosa sugli eventi, ha talmente inquinato la ricostruzione della verità con una serie di fatti del tutto improbabili, che ogni chiamata in correità della Francia può portare soltanto all'incredulità e al riso. A parte i messaggi interni che fazioni varie d'oltralpe possono essersi scambiate proprio tramite i vaniloqui di Sinigaglia.

Così come Del Re che conosce per le sue origini e frequentazioni politiche e parapolitiche ambienti di ogni genere, in Italia e nei Paesi arabi. Al punto tale da indicare quelle imprese che trafficano in oggetti ricompresi nell'embargo occidentale verso la Libia; cioè quei pezzi di ricambio per velivoli, bene preziosissimo per il Paese nordafricano; commercializzati da una ditta di generali in congedo e in servizio, tra cui uno che somiglia quasi come una goccia d'acqua al generale Tascio, e portava un cognome in tutto simile. Del Re che viene incaricato di coordinare il colpo di Stato contro il regime gheddafiano, che fa da tramite con il Governo egiziano, che si muove in quel periodo tra Roma, Alessandria e il Cairo. E il 2 agosto, il giorno della strage di Bologna, segue gli eventi da una delle sale operative più importanti d'Egitto; che viene condannato a morte in contumacia dai tribunali libici, ma di lì a poco riprende a intrattenere affari con imprese ed amministrazioni libiche. E sul quale restano insolute molteplici questioni; su chi fossero i suoi mandanti, su chi cioè gli avesse dato in carico funzioni direttive nel golpe di quell'estate; su moventi e finalità delle sue attività antilibiche e pro-libiche; sulle sue conoscenze di ambienti militari ed imprenditoriali; sulle frequentazioni di ambienti di sinistra e di estrema destra.

Così come Demarcus, che ha prodotto innumerevoli documenti, non pochi dei quali di interesse, ben fondati su atti e argomentazioni, che non possono essere assolutamente frutto del solo suo sacco. Ma sono provento di ricerche impegnative e costose. E' un gruppo quello che lavora alle sue spalle, che attinge ed orecchia in più ambienti tra cui anche in alcuni prossimi ai giudiziari. E sembra nascere come altri in questo procedimento, in particolare ambienti di MM e in particolare periodo, quello in cui era capo del SIOS/M l'ammiraglio Geraci. Demarcus che mette bocca anche in altre inchieste, che sembra aduso ad ambienti d'intelligence, che pone in piedi strane operazioni anche con giornalisti stranieri.

Personaggi tutti di non media statura, mandati o inseriti in ambienti di intelligence nostrani e stranieri, con progetti chiari e precisi. Che sono sì smascherabili, ma lasciano il segno nell'inchiesta. Così come coloro che hanno redatto e diffuso il documento "cosmic". Anch'esso una forgery, però di bassa fattura, probabilmente ascrivibile ad elementi di origine israeliana, o israelitica, inseriti in un servizio occidentale. Capaci, pur d'inquinare, di tirare in ballo di tutto: dal piano di Fortezza Alpina risalente ai tempi del 3° Reich ed attualizzato con una verniciatura di Stay Behind, alle iniziative del politico sempre presente nelle grandi inchieste, cioè Andreotti che qui s'appresterebbe - al tempo della edizione del documento - a fermare le indagini del generale Dalla Chiesa sulla nostra strage, a Senzani, a Durand, ad organizzazioni dell'estremismo di destra. Esche all'apparenza più che appetibili in grado ciascuna di attrarre la voracità di tante inchieste, ma inette, perchè confezionate in modo grossolano e spropositato, di nascondere gli ami. Di certo qualche messaggio lo si è voluto inviare, ma esso appare a tal punto enigmatico da essere indecifrabile dai non addetti ai lavori.

E quindi i personaggi già legati ai Servizi o che si sono spacciati come tali, da Pelaia a Ciolini. In questa inchiesta quelli che hanno dato forse meno fastidio sono stati i pentiti di mafia. Attratti anch'essi, specie negli ultimi tempi, dalle solite mire, di sempre maggiori protezioni ed emolumenti - specie quando servizi e denaro stanno per esaurirsi. E al confronto di quelli generati da Servizi od organizzazioni similari, quasi ingenui e rozzi, contraddittori ed immediatamente sbugiardati.

A seguire la folla dei piccoli inquinatori, gli isolati e i folli, di cui s'è riportata solo una minima parte, giacchè tentativi d'intossicazione a ben vedere appaiono anche in ben architettate dichiarazioni, reticenti e menzognere.

Si può ben affermare, al termine di queste considerazioni, che un fatto ordinario o di ordinario terrorismo non avrebbe mai generato tante e siffatte operazioni, e sfrenato tante morbose fantasie.

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