Capitolo IV

Gli inquinamenti minori.

1. Premessa.

Oltre i "grandi" depistatori, di certo messi di organizzazioni al di sopra di loro, una pletora di fantasiosi e maniaci. Che è sufficiente scorrere, anche se di essi si deve dire che, pur non riuscendo a deviare la rotta dell'inchiesta, spesso hanno infastidito e costretto gli inquirenti a perdite di tempo prezioso. Ustica, con Moro, il Papa, la Orlandi, è stato uno dei fatti, che negli ultimi anni ha particolarmente eccitato la fantasia di deboli di mente e di inquinatori per costituzione.

2. Ermes Mercurio.

Negli anni 89-92 il sedicente Ermes Mercurio Gabriele alias Ermes di Mongabrale inviava varie missive indirizzandole a parlamentari della Repubblica, magistrati, sindaci e a questo GI, scrivendo di essere a conoscenza della verità sul DC9, ed aggiungendo di essere "l'unico messia tornato su questo mondo non per distruggere, ma per far rinsavire il genere umano". Gli accertamenti eseguiti dal R.O.CC. hanno permesso di accertare l'identità di costui, direttore didattico in pensione. A suo carico numerosi precedenti penali per emissione di assegni a vuoto e denunce per calunnia.

A Pisa, sua città di residenza, era notoriamente conosciuto come millantatore. Nell'86 in Pontasserchio (PI) fondò il giornalino di satira politica "Ermes" che ebbe durata brevissima.

3. Volo Alberto.

Nel corso dell'inchiesta più persone a vario titolo si sono pesantemente inserite nel procedimento raccontando la loro verità che il più delle volte non ha trovato alcun riscontro obiettivo. Una di queste è Alberto Volo, personaggio legato alla destra extraparlamentare palermitana ed in particolare a Francesco Mangiameli, responsabile palermitano della cellula eversiva "Terza Posizione", assassinato dai NAR a settembre dell'80. I reali motivi dell'assassinio non sono mai stati del tutto chiariti.

Il Mangiameli venne ucciso dai fratelli Cristiano e Valerio Fioravanti, da Francesca Mambro, da Giorgio Vale e da Dario Mariani. Costoro hanno giustificato l'omicidio con il fatto che la vittima si era appropriata della "cassa" di Terza Posizione. La Corte di Assise di Bologna ha invece inquadrato l'omicidio in altro inquietante movente, cioè la eliminazione di uno scomodo testimone in quanto sospettato di avere in qualche modo attinto notizie in ordine alla responsabilità di Valerio Fioravanti nella strage alla stazione ferroviaria di Bologna. Non a caso dopo che il cadavere di Mangiameli affiorò dallo stagno in cui era stato occultato - "modus operandi" già di per sè questo atipico nel mondo della destra eversiva - Terza Posizione diramò un volantino in cui Mangiameli veniva indicato come la 85a vittima della strage di Bologna.

Ritornando a Volo va subito detto che è personaggio di cui è molto difficile fornire un giudizio di attendibilità e pertanto si rinvia alle valutazioni espresse sia dalla Corte di Assise di Bologna nella sentenza relativa al procedimento penale sulla strage del 2 agosto che a quelle del giudice di Palermo formulate nell'ambito del procedimento penale relativo all'omicidio dell'on. Piersanti Mattarella.

Il Volo rendeva dichiarazioni all'Ufficio Istruzione di Palermo in data 28.03.89, nel corso delle quali confermava i contenuti delle registrazioni di quattro bobine che esso Volo aveva inciso e consegnato a quei giudici. In particolare Volo registrava quanto a lui noto su gravi episodi delittuosi. Relativamente alle vicende di Ustica si legge, nella trascrizione del nastro magnetico, che l'aereo, a seconda di quanto riferitogli dal defunto Mangiameli Francesco "era stato abbattuto, sicuramente, da qualcuno che aveva a che fare con Cavallini, Fioravanti e company per incolpare Terza Posizione, per incolpare l'estrema destra, per far cadere la colpa sull'estrema destra". Fa riferimento anche ad un agente del KGB che sarebbe stato a bordo del DC9. Più avanti si legge che la vicenda della rivendicazione di Affatigato, era stata decisa a casa di Licio Gelli. Infine passa alla sua ricostruzione dei fatti. Il DC9 sarebbe stato abbattuto da un missile sparato da un MiG di Gheddafi partito dalla base di Aviano; che il pilota di questo velivolo era tale Tirera, che dopo la missione sarebbe atterrato sulla portaerei francese che si trovava nel porto di Tolone. Il MiG poi sarebbe stato prelevato, una ventina di giorni dopo, da un ufficiale di Gheddafi che passando sopra le basi NATO di Napoli verrà abbattuto dai missili terra-aria.

Le dichiarazioni di cui sopra non hanno bisogno di alcun commento.

4. Il sedicente Alì Giuseppe.

Nell'anno 91 venne trasmesso a quest'Ufficio dalla Procura di Palermo una nota a firma di sedicente Giuseppe Alì, nella quale si scriveva che il DC9 di Ustica sarebbe stato colpito da un missile aria-aria. La nota manoscritta continuava con accenni sui miliardi che sarebbero stati offerti al sedicente Alì da vari ministri italiani e dal dott. Vincenzo Parisi, affinchè egli non presentasse memoriali su Ustica. Anche il Vaticano avrebbe fatto pressioni affinchè non presentasse alcun documento del genere. Gli accertamenti esperiti dal Reparto Operativo dei Carabinieri di Roma permettevano di appurare l'identità di costui che in data 9.01.92 era ristretto presso la casa circondariale di Milano San Vittore in attesa di giudizio di appello per il reato previsto dall'art.73 della legge sugli stupefacenti.

A suo carico stavano numerosi precedenti penali per truffa, furto, estorsione, legge sugli stupefacenti, porto illegale di armi, nonchè diffide e più sottoposizioni alla sorveglianza speciale. Dal 24.06.88 al 25.03.92 era stato ristretto per espiazione di pena, presso la casa di reclusione di Milano Opera.

In merito alle due utenze telefoniche citate nell'esposto, veniva accertato che l'utenza telefonica 06/6980221, indicata come appartenente al Vicariato di Roma, non appariva collegata. L'attuale utenza della città del Vaticano è 6982. L'utenza telefonica nr.02/6071790 indicata nell'esposto come appartenente ad uffici siti in via Montalbino 7 di Milano è risultata intestata dal 7.03.88 alla Società S.n.c. Rapid Post di Milano via Cusio 5. Dagli accertamenti non è emerso alcun riscontro alle pressioni denunciate.

5. Sinibaldi Guglielmo.

Tra i tentativi di inquinamento delle indagini va annoverato anche quello di tal Guglielmo Sinibaldi. Questi, pregiudicato proveniente dall'ambiente della cosiddetta "Banda della Magliana" aveva fatto sapere al giudice di Bologna, attraverso la PG, di essere a conoscenza di notizie concernenti tra l'altro la strage alla stazione ferroviaria di Bologna. Poichè nelle dichiarazioni rese aveva fatto riferimento anche ai fatti di cui è processo, il GI di Bologna trasmetteva quelle dichiarazioni a quest'Ufficio.

Sinibaldi a suo dire in contatto con tale Vincenzo Minnella, maresciallo dei CC., chiamato "lo zio", affermava di essere stato coinvolto da quest'ultimo dapprima in discorsi generici e poi in discorsi sempre più operativi, concernenti due azioni particolarmente rilevanti che dovevano essere compiute da uomini di Paolo Signorelli. Egli avrebbe dovuto fungere da osservatore per conto del Minnella, e se necessario, proteggere la fuga dei terroristi. Sempre a dire del Sinibaldi una di queste azioni fu la strage di Bologna, l'altra la strage di Ustica. In particolare affermava: "Vengo ora a parlare di alcuni colloqui avuti col Vincenzo Minnella. Come ho già detto questi aveva fatto riferimento a due attentati fra loro collegati. Due giorni dopo il fatto di Ustica ebbi un incontro con il Minnella e da quello che mi disse compresi che uno di questi due attentati doveva essere appunto quello di Ustica. L'incontro avvenne in un ristorante di via Messina... . Il Minnella non mi disse espressamente che Ustica era uno dei due attentati cui aveva in precedenza fatto riferimento, ma me lo fece chiaramente capire. Ricordo che avendo in precedenza accennato al fatto di Ustica disse poi la frase testuale "Adesso tocca a noi"... . Verso l'1 o il 2 luglio si tenne una riunione al bar del tennis ... a questa riunione prese parte Terza Posizione con Piso e Di Mitri. C'era poi Gilberto Cavallini, Walter Sordi, Bianchi, Luigi Ciavardini, Massimiliano Taddeini, Stefano Soderini, il Magnetta, nonchè il Signorelli e suo figlio ... durante la riunione si parlò del fatto di Ustica. Ricordo che circolava la preoccupazione che fosse opera del Cavallini ... faccio presente che il Cavallini non smentì, o meglio non smentì con sufficiente convinzione, il fatto di aver preso parte ad un attentato contro un aereo ... sempre a proposito del fatto di Ustica devo fare un'altra considerazione ... il Signorelli non si è fatto trovare per alcuni giorni - dal 22 giugno in poi - prima del 27 giugno ... la sera stessa ... incontrai Vincenzo Minnella a Fregene. Gli riferii in merito alla riunione, e in particolare in merito ai sospetti su Cavallini per Ustica: Vincenzo glissò, facendomi capire che poteva essere e non essere, ma che comunque Ustica faceva parte del vecchio discorso delle due operazioni eclatanti ... mi viene in mente che alla riunione con Signorelli era presente anche Lele Macchi..." (v. interrogatorio Sinibaldi Guglielmo, GI Bologna, 13.01.92).

Le dichiarazioni di Sinibaldi non hanno però trovato alcun riscontro e pertanto è stato accusato di calunnia e autocalunnia. Interrogato, così si giustifica: "...come ho già dichiarato alla dr.ssa Magagnoli e al dr. Mancuso, ho agito esclusivamente di mia iniziativa... . Ho costruito le mie dichiarazioni sulla strage di Bologna del 2 agosto 80 sulla base di notizie apprese da giornali e settimanali, dei quali sono un attento lettore, nonchè sulla base di un libro - il cui titolo non ricordo - che riportava atti del processo relativo a detta strage. Si trattava di una pubblicazione con la copertina rossa, mi pare edita a cura dei familiari delle vittime. Ho letto questo testo mentre mi trovavo a casa di Ciavardini nell'estate dell'86. L'inclusione del nome di Ciavardini tra quelli che avevo indicato come responsabili della strage è frutto della mia pazzia. Come ho già detto, infatti, ho costruito le mie accuse sia a carico del Ciavardini che di tutti gli altri appunto perchè sono impazzito...". (v. interrogatorio Sinibaldi Guglielmo, GI Bologna, 21.06.93).

Poco credibile la giustificazione addotta dal Sinibaldi. Il GI di Bologna difatti così valuta il comportamento del soggetto: "Evidentemente le ragioni e le persone che hanno mosso Guglielmo Sinibaldi e lo hanno spinto alla sua spregiudicata e rischiosa iniziativa sono ancora troppo forti per poterne parlare e conviene trovare rifugio in una dichiarazione di follia, per quanto priva di qualsiasi attendibilità...". Così concludendo: "Guglielmo Sinibaldi, personaggio che come si è visto appartiene alla stessa area di Ivano Bongiovanni e di Massimo Carminati, è stato scelto e addestrato (in vero con grande meticolosità, se si tiene conto della conoscenza dell'ambiente che ha saputo dimostrare) per immettere nell'istruttoria un gravissimo elemento di contaminazione, estremamente insidioso in quanto costruito fornendo prove false a carico di persone già raggiunte nel primo processo per la strage da ben più attendibili elementi di responsabilità.

Quello di Sinibaldi è stato un depistaggio che si potrebbe definire "per sovrapposizione", come peraltro è stato in qualche misura quello realizzato nella prima istruttoria da Elio Ciolini: prima o poi il castello accusatorio da lui costruito sarebbe crollato, trascinando in un giudizio d'inattendibilità le prove a suo tempo raccolte a carico di Fioravanti e della Mambro, svelando l'assurdità di voler ancora indagare sui Servizi segreti e, insomma, facendo cadere tutto l'impianto accusatorio della prima istruttoria e gettando il discredito sugli elementi raccolti in questa. Solo la prudenza degli elementi e la meticolosità della PG nell'effettuare i riscontri hanno sventato tale evenienza." (v. sentenza-ordinanza GI di Bologna, 03.03.94).

6. Borgato Enrico.

Il 25.06.92 veniva convocato Borgato Enrico residente a Conegliano, autore di una missiva e di alcune diapositive inviate il 14 ottobre 91 al Presidente della Repubblica ed al Presidente della Commissione Stragi, in cui riferiva che egli nell'estate del 91, nel corso di una immersione a Capo Vaticano in località "Grotticelle" nel comune di Ricadi (CZ), a circa centocinquanta metri dalla costa, aveva recuperato un pezzo di metallo appartenente presumibilmente ad un mezzo navale od aereo, abbandonandolo sulla battigia. Essendo il rottame di notevoli dimensioni, non interessò alcuna Autorità; prima di allontanarsi, scatto però alcune diapositive che univa alla m missiva (v. esame Borgato Enrico, GI 25.06.92)

Allo scopo di riscontrare le dichiarazioni rese dal Borgato veniva interessato il Commissariato di Vibo Valentia, che però comunicava di non aver mai rinvenuto alcun oggetto metallico nel luogo indicato dallo stesso Borgato.

7. Morgia Giovanni.

Il 7.10.92 pervenne a questo Ufficio una missiva a firma di Morgia Giovanni con la quale costui chiedeva di poter conoscere la percentuale di carbonio sulla "scocca" del DC9 e la eventuale presenza di tracce di materiali sintetico-gommosi estranei all'aereo.

Convocato in data 14.10.92, riferiva che la sua richiesta era frutto di una ipotesi personale, allo scopo di suffragare la versione secondo la quale il DC9 sarebbe stato fatto oggetto di radiazioni emesse probabilmente da un radar a compressione, che ne avrebbe distrutto le parti più vulnerabili, causando quindi il cedimento della struttura e la conseguente caduta, nel corso della quale sarebbe stato colpito anche da un missile.

Il Morgia è stato il 15.02.91 tratto in arresto dalla Polizia elvetica per appropriazione indebita; il 14.09.91 indagato per insolvenza fraudolenta da parte della Procura della Repubblica presso la Pretura di Roma; nel 92 tratto nuovamente in arresto per i reati di oltraggio e danneggiamento.

8. Rocco Emanuele.

Rocco Emanuele con due missive datate 16.11.92 e 15.02.93 inviate a questo Ufficio, suggeriva di verificare l'entità della valuta americana negoziata all'epoca del fatto per cui si procede, che avrebbe potuto rappresentare indice della effettiva presenza di militari USA imbarcati a bordo della portaerei americana Saratoga in quel porto nel giugno 80. Il Rocco in sede di esame testimoniale affermava che, avendo lavorato presso l'ufficio cambi del Banco di Roma nella sede di Napoli, aveva potuto constatare personalmente l'aumento delle negoziazioni durante la presenza di unità militari USA (v. esame Rocco Emanuele, GI 10.02.93).

Si avviavano perciò indagini presso l'Ufficio Italiano Cambi, da cui emergeva che la normativa sulla materia valutaria in vigore in quegli anni non prevedeva una rilevazione giornaliera delle negoziazione in valuta effettuate in una determinata piazza bancaria. Gli istituti di credito erano tenuti a segnalare mensilmente all'U.I.C. i movimenti valutari con l'estero tramite specifici moduli contenenti anche la causale delle operazioni effettuate. I moduli di riferimento delle singole operazioni giornaliere, venivano, come da prassi abituale, distrutti dopo un periodo di cinque anni. Nella causale delle operazioni alla voce "turismo" confluivano anche tutte le operazioni che nella città portuali venivano effettuate direttamente a bordo di navi estere ancorate in porto tramite sportelli bancari autorizzati.

Da accertamenti più accurati è stato possibile comunque constatare un sensibile aumento delle negoziazioni nel mese di luglio, dovuto al presumibile aumento del turismo in Italia, aumento che è risultato essere comune in quel mese a tutti gli istituti di credito presi in considerazione, fatta salva la Banca d'America e d'Italia sede di Napoli, nella quale nel luglio 80 si era registrata una diminuzione rispetto alle operazioni del mese di giugno dello stesso anno.

9. Miecchi Sergio.

Nel dicembre 92 perveniva a quest'Ufficio una nota datata "Terni 14.12.92" a firma Miecchi Sergio. In questo appunto manoscritto si chiedeva di indirizzare le indagini sugli Israeliani, che in quel periodo svolgevano esercitazioni con velivoli su lunghe distanze. Veniva delegato per le indagini il R.O.CC. che in data 5 febbraio 93 riferiva che l'appunto manoscritto era stato inviato da tale Miecchi Sergio, nato a Terni il 12.07.29, ivi residente, gestore di esercizio commerciale per vini e oli. Sentito a sommarie informazioni, costui dichiarava di aver inviato la missiva allo scopo di rendersi utile all'indagine, ma di non aver alcuno elemento probante su quanto riportato in essa, giacchè egli aveva riferito solo quanto appreso dalla stampa sulle vicende del Medio-Oriente.

10. Pitzianti Mario.

In data 27.01.93, perveniva all'Ufficio una missiva con mittente tale Pitzianti Mario, Via Is Maglias di Cagliari. Nella missiva dattiloscritta il sedicente si presentava come un sottufficiale in servizio presso la base militare AM di Elmas (Cagliari). Riferiva di aver letto sul quotidiano "il Tempo" della sciagura di Ustica, e sul giornale "L'Unione Sarda" che una portaerei americana era in navigazione tra la Spagna la Sardegna e la Libia e che in quel periodo era in atto un forte dissidio tra "Reagan e Gheddafi". Quella sera un tale della Marina militare italiana, in servizio presso il 30° Stormo di Elmas (lo chiamavano "Bascianot"), e in volo quella stessa sera su un "Atlantic" avrebbe ricevuto, lui e gli altri dell'equipaggio, il consiglio di "girare alla larga" perchè vi era un'esercitazione aerea militare in corso. Infine si citava l'episodio di due aerei USA che si erano riforniti ad Elmas, anzichè su Decimomannu.

Questo GI delegava in data 16.02.93 per l'identificazione del sedicente Pitzianti il R.O.CC. di Roma. In data 10.02.93 questo Reparto Operativo riferiva che nell'indirizzo dato non risiedeva alcuno di nome Pitzianti Mario. Presso l'anagrafe di Cagliari risultava invece tal Pitzianti Mario nato a Cagliari il 29.12.66, via Anglona n.11. Costui avrebbe adempiuto il servizio di leva nella Marina nell'86; mentre presso il Comando del 30° Stormo di Elmas (CA) non risultava che alcuno a nome Pitzianti Mario vi avesse prestato servizio.

In seguito ad ulteriori accertamenti venivano escussi l'unico Pitzianti Mario censito nel comune di Cagliari e tal Pitzianti Danilo, nato a Cagliari il 2.12.66, residente a Dolianova, Via Matteotti nr.49. Entrambi dichiararono di non aver inviato alcun esposto, di non conoscere fatti relativi alla strage di Ustica se non quelli appresi tramite stampa, di non aver mai risieduto in Via Is Maglias nr.67 a Cagliari.

11. Vormann Klaus Peter.

Nella notte tra l'11 e il 12 gennaio 93, in Belgio a Bruxelles venne assassinato, come già s'è scritto, nel corso di una tentata rapina, il generale dell'AM in pensione Boemio Roberto. L'ufficiale si trovava in Belgio, perchè consulente per l'Alenia International sulle questioni relative a progetti NATO. Nel giugno 80 era invece in servizio con il grado di colonnello e l'incarico di Capo di Stato Maggiore facente funzioni presso il Comando 3a Regione Aerea; per tale incarico era stato escusso nel 91. Dell'omicidio del Boemio si occupò anche questa inchiesta. Si appurava così che il generale era rimasto vittima di un tentativo di rapina, avvenuto dopo mezzanotte allorquando l'alto ufficiale stava per raggiungere l'abitazione, dopo aver parcheggiato propria autovettura. Il Boemio era stato affrontato da due giovani di colore olivastro a fini di rapina, che a seguito di una opposta resistenza gli vibrarono una sola coltellata al cuore che ne determinò la morte. Nel gennaio 93 un cittadino tedesco, presentatosi alla sede RAI di Napoli, riferì di aver notizie sulla tragedia di Ustica rivelategli dal generale Boemio, prima della morte. Il cittadino straniero venne identificato per Vormann Klaus Peter di professione ingegnere. Costui, preso in esame, dichiarò di essere stato amico del generale Boemio e di aver deciso, dopo la notizia della sua morte di rivolgersi a qualcuno per narrare fatti connessi alla vicenda di Ustica di cui era a conoscenza. Riferì che nel 92 aveva conosciuto presso l'aeroporto di Zurigo un ufficiale della Marina USA in servizio presso la NATO di Bruxelles, il quale gli aveva fatto da tramite per entrare in contatto con il generale italiano Boemio presso l'Hotel Sheraton di Bruxelles nei giorni 4 e 5 gennaio del 93. In quella occasione Boemio gli disse che nella vicenda di Ustica erano coinvolti due parlamentari italiani, senza fargli i nomi, e che comunque la responsabilità del disastro era da attribuirsi agli americani. Non volle indicare il nominativo dell'ufficiale della Marina USA, di cui si era servito per entrare in relazione con Boemio. Le dichiarazioni del Vormann non hanno trovato alcun riscontro. Probabilmente questi apprese della morte del generale Boemio dai mezzi di informazione, documentandosi come meglio poteva e tentando di costruire uno scenario sulla vicenda di Ustica, in cui collocare l'ucciso.

Il Vormann appare come persona confusionaria, psicolabile; le sue dichiarazioni sono confuse e prive di fondamento.

12. Benciolini Giorgio.

All'inizio di febbraio 93, presso la redazione de "Il Corriere della Sera" di Milano giungeva una missiva indirizzata al giornalista Purgatori Andrea a firma di tal G. Benciolini il quale, dopo aver premesso di attendere che Craxi, Lagorio e Mitterrand dicessero la verità sulla strage di Ustica, essendo convinto che la chiave di tutto fosse racchiusa nelle loro rivelazioni, riferiva anche di essere in possesso di un frammento di alluminio del MiG libico caduto a Castelsilano in Calabria il 18.07.80.

Il 16.02.93 il Purgatori, presentatosi spontaneamente presso questo Ufficio, consegnava la sopracitata missiva nonchè il frammento inviatogli del velivolo; riferiva inoltre che già in precedenza il Benciolini gli aveva fatto pervenire due o tre lettere con le quali sosteneva un legame tra la strage di Ustica ed il Governo francese (v. esame Purgatori Andrea, GI 16.02.93).

L'estensore della missiva identificato in Benciolini Giorgio di Oppeano (VR), risultava già autore di altre due missive inviate a quest'Ufficio il 18 e 21.02.93. Escusso dalla polizia giudiziaria riferiva che il frammento di cui sopra non apparteneva al noto MiG libico, ma ad un velivolo CESSNA tedesco raccolto nell'estate del 91 vicino al suo campo di volo in località Boscomantico (VR), dove quest'aereo era caduto. Giustificava l'"errore" commesso sull'origine del frammento come mezzo per poter giungere a contattare il Purgatori al fine di avere notizie più aggiornate ed inedite sull'incidente (v. esame Benciolini Giorgio, PG 27.02.93).

Da accertamenti esperiti, in seguito alle dichiarazioni rese dal Benciolini, emergeva che il frammento in oggetto apparteneva effettivamente ad un velivolo civile tedesco e che in data 26.06.91, un aereo CESSNA 210, immatricolato D/EHEB era precipitato al suolo in località Boscomantico (VR), provocando la morte del pilota e dei tre passeggeri che si trovavano a bordo tutti di nazionalità straniera. Risultava inoltre che il velivolo era decollato alle ore 09.30 dello stesso giorno dall'aeroporto di Orio al Serio (BG).

13. Orsatti Luigi.

L'8.08.94 perveniva presso questo Ufficio una missiva a firma di tale Luigi Orsatti, identificato nel medesimo nato a Roma il 7 maggio 25; missiva in cui erano trattati argomenti di carattere tecnico relativi agli esplosivi, frutto di esperienze maturate nel corso di pregressa attività quale consulente per l'Europa di un gruppo internazionale finanziario. Escusso il 23.09.94 ha precisato, in relazione alla collocazione della bomba a bordo del DC9 nel "vano morto" del reattore, di cui è cenno nella missiva, di aver appreso di tale possibilità dalla lettura di alcune pubblicazioni e di averle sottoposte al vaglio dell'AG.

Ha inoltre dichiarato di essere "perseguitato dal S.I.S.MI", e di aver intrattenuto rapporti con il gruppo Rothschild; per tale ragione avrebbe avuto contatti con persone ritenute vicine a Servizi esteri; ha però rappresentato di non aver appreso confidenze di alcun genere in ordine all'inchiesta di Ustica.

14. Sciò Antonio.

Il 24.01.96, sul settimanale Oggi, venne pubblicato un articolo a firma del giornalista Gennaro De Stefano dal titolo "Fu un aereo di Gheddafi ad abbattere il DC9 a Ustica", in cui si legge che il DC9 dell'Itavia era stato abbattuto dal MiG23 libico rinvenuto il successivo 18 luglio sulla Sila e che, all'epoca dell'incidente, era in atto un complotto per l'eliminazione del leader libico Gheddafi. In tale contesto una spedizione di mercenari occidentali affiancati da dissidenti libici, anch'essi a bordo di un DC9, avrebbe dovuto raggiungere la Libia per eseguire l'operazione. Fonte del citato articolo è risultato essere tal Antonio Sciò.

L'articolo riferiva inoltre che alla stessa ora e nell'area in cui era stato abbattuto l'aereo italiano sarebbero dovuto transitare anche il cennato velivolo dei mercenari; a causa di un problema di carattere tecnico occorso proprio al velivolo dei dissidenti il trasferimento non ebbe più luogo; con molta probabilità essendo pervenuta in ritardo ai Servizi libici la notizia del differimento del volo, il pilota del velivolo libico che avrebbe dovuto abbattere proprio l'aereo dei dissidenti libici, colpì invece il velivolo civile; nel testo veniva riportato inoltre che la cennata ricostruzione era già stata scritta tra il 1989 ed il 1990 in un libro dal titolo "Il figlio di Massaud" e che l'autore, Sciò Antonio, aveva fatto parte dell'organizzazione anti-Gheddafi.

Nell'articolo si faceva riferimento anche a dichiarazioni rese in data 10.01.96 al medesimo settimanale dal terrorista nero Valerio Fioravanti, che collegava la strage di Bologna del 2.08.80 a quella di Ustica come "un avvertimento dei Servizi libici al Governo italiano di tener coperta la verità sulla notte del 27.06.80".

Questo Ufficio convocava il giornalista De Stefano il quale riferiva di aver incontrato lo Sciò nel 95 presso l'albergo "Velino" di Avezzano, ove quest'ultimo lavorava come portiere. In quell'occasione gli aveva mostrato una fotocopia di una ricevuta rilasciatagli dalla S.I.A.E. l'11.09.90 per il deposito del suo libro. De Stefano in sede di esame testimoniale aggiungeva che in un primo momento il direttore di "Oggi" non ritenne opportuno pubblicare l'intervista di Sciò; solo successivamente, nel dicembre 95, a seguito di un colloquio avuto con l'avvocato del Fioravanti, Giuseppe Pisauro del Foro di Roma, detta intervista venne rispolverata e pubblicata.

Secondo quanto riferiva il giornalista, le dichiarazioni rese dall'avvocato collimavano perfettamente con quelle dello Sciò; entrambi infatti facevano riferimento al complotto anti-Gheddafi e riconducevano al MiG libico la causa che avrebbe provocato l'abbattimento del DC9 Itavia.

In uno dei due incontri avuti nel mese di luglio 1995 con lo Sciò, il giornalista riferiva che quest'ultimo gli aveva mostrato una sorta di rassegna stampa del quotidiano la Repubblica dal 20 luglio al 27 agosto 80, contenente articoli sulla caduta del MiG libico in Calabria e sul golpe di Tobruk per il quale erano stati arrestati alcuni italiani accusati di complicità nel tentativo di insurrezione militare. Gli aveva anche esibito cartina della Libia e dell'Egitto con il percorso che avrebbe dovuto compiere da El Alamein a Tripoli il gruppo dei mercenari implicati nel cennato complotto.

Nell'ultima telefonata dello Sciò, avvenuta intorno al Natale del 95 da Berlino, quest'ultimo aveva manifestato al De Stefano i propri timori in quanto un mese prima a Londra era stato ucciso un libico coinvolto nella cospirazione anti-Gheddafi dell'80 (v. esame De Stefano Gennaro, GI 14.03.96).

Antonio Sciò, convocato il 5.04.96, ha riferito che all'epoca si occupava del vettovagliamento in un campo edile della italiana SA.VA con sede a Berlino ed a Civitella Roveto (AQ); fu assunto presso l'Italcable di Acilia come operatore del traffico telefonico intercontinentale e vi rimase fino all'85, allorchè trovò impiego in vari alberghi italiani con le mansioni di portiere; nell'85 dichiarava di essere stato più volte contattato da un giornalista del quotidiano "Il Centro" di Pescara per partecipare ad una trasmissione televisiva, in cui avrebbe dovuto parlare del suo libro "il figlio di Massaud"; invito che egli però non accolse.

In merito alla nota intervista rilasciata sul settimanale Oggi, riferiva di non assumersi la paternità della dichiarazioni attribuitegli, tranne che per gli stralci, estrapolati, a sua insaputa, dal libro che aveva mostrato al giornalista De Stefano nel 95.

Secondo quanto riferito dallo Sciò, il libro non venne mai pubblicato; comunque una copia venne depositata nel novembre 90 presso la S.I.A.E. di Roma e un'altra presso la Beta Editrice ; una ulteriore copia il teste la consegnò nel 91 a Washington al corrispondente del quotidiano "Il Tempo" Marino De Medici affinchè apportasse delle correzioni ortografiche alla bozza per una eventuale pubblicazione negli USA.

Il testo, come già accennato, tratta di un ipotetico colpo di Stato messo in atto al fine di rovesciare il regime Gheddafi. Massaud, da cui detto testo prende il nome, era un amico e collega di lavoro dello Sciò presso la ditta Agip Mineraria dal 61 al 64, ucciso dalle milizie di Gheddafi durante il tentativo, insieme da altri cinque dissidenti, di uccidere il leader libico nel corso di una visita in Cirenaica nei primi anni 70.

Le circostanze di cui è cenno nel testo concernenti la vicenda Ustica e l'abbattimento del MiG sulla Sila, Sciò riferiva di averle apprese nel corso di conversazioni avute con amici libici di vecchia data, solitamente "informati sulla vicende di quel Paese"; in particolare asseriva di essere venuto a conoscenza dell'incidente di Ustica dai mass media e puntualizzava inoltre che durante una conversazione alcuni amici libici gli avevano riferito testualmente "è stato il nostro pazzo", intendendo chiaramente il leader libico.

Anche la vicenda del MiG libico caduto sulla Sila riferiva di averla appresa dai mass media; affermava che le notizie riportate sui giornali, quali le controversie tra i periti medici che stilarono il referto e l'intromissione di agenti del S.I.S.MI avevano rafforzato in lui la convinzione che le due vicende fossero collegate. L'ipotesi che avanzò nel suo libro e cioè che il 27.06.80 furono gli F104 italiani ad abbattere il MiG libico, dichiarava di averle scritte in seguito ai fatti riportati sulla stampa.

Sciò escludeva categoricamente di aver fatto parte dei gruppi cosiddetti "mercenari", e di aver avuto contatti con il noto Fioravanti; riferiva infine di essere stato solo avvicinato nel 91 da due persone, qualificatesi come funzionari del S.I.S.MI, le quali gli intimarono, per la sicurezza della sua famiglia, di non pubblicare il cennato libro (v. esame Sciò Antonio, DCPP 05.04.96).

15. Ferraresi Fabrizio.

Fra i tanti depistaggi, che hanno nuociuto all'economia dei tempi dell'inchiesta e distolto l'attenzione degli investigatori da più proficui filoni investigativi, è doveroso segnalare, quello noto della trascrizione di una registrazione telefonica pervenuta dalla Procura di Torino, in cui un giornalista interessato al caso di Ustica (successivamente identificato per dott. Volpato Paolo di RAI 3) aveva intervistato un sedicente impiegato del reparto simulatore di volo dell'Alenia di Torino.

Da una sintesi di tale trascrizione si rilevava che questa persona aveva visto, qualche mese dopo l'incidente, personale del simulatore e altre persone in borghese dell'Aeronautica militare, in una riunione presso la sala regia del simulatore di volo, ove su un monitor veniva riprodotta la ricostruzione in grafica tridimensionale della fase finale del volo del DC9 caduto nei pressi di Ustica.

Era riuscito a capire, da alcune parole scambiate dai partecipanti e dalle immagini visualizzate sul monitor, che la sera del 27 giugno 80 nel Mediterraneo era in corso un'operazione aeronavale della NATO, e per errore un aereo militare invece di colpire il target, cioè un aereo bersaglio radiocomandato, aveva colpito il DC9. Tale rappresentazione grafica era stata possibile dato che con il simulatore si era in grado di ascoltare le registrazioni delle scatole nere e riprodurre visivamente lo svolgimento di determinati eventi. L'interlocutore aveva ritenuto molto probabile la presenza presso l'Alenia della scatola nera del DC9, necessaria per la realizzazione di tale rappresentazione. Infine aveva riferito di aver saputo nell'ambiente di lavoro, che un pilota inglese di stanza a Decimomannu impegnato la sera del 27 giugno 80 in questa operazione aeronavale era stato costretto a rimpatriare il giorno successivo, senza un apparente motivo.

Questa trascrizione, che in un primo momento poteva apparire di grande utilità all'inchiesta, ben presto si rilevò senza alcun fondamento giacchè a quell'epoca non vi erano calcolatori capaci di realizzare tale attività.

Le indagini condotte da ufficiali di PG di questo Ufficio avevano identificato quale interlocutore della intervista, certo Ferraresi Fabrizio impiegato tecnico presso il simulatore di volo dell'Alenia. Esaminato nell'aprile di quell'anno, costui aveva confermato in gran parte quanto riferito al giornalista, in particolare aveva ricordato che in tardo pomeriggio di un non precisato giorno dell'80, dopo le ore 17.00, passando davanti alla sala regia del simulatore, aveva visto sul monitor il volo di un aereo civile simulato e in un secondo tempo anche un missile, che gli era sembrato diretto verso il suddetto velivolo. Siccome non era inserito in quel gruppo di lavoro, perchè non abilitato in quella occasione, si era soffermato per circa dieci minuti per pura curiosità. Le immagini del monitor erano a colori e come aereo veniva visualizzato un DC9 o un DC10. In primo momento non aveva dato peso alle immagini viste, ritenendo che si trattasse di un programma di simulazione. Successivamente, dopo aver appreso per televisione dell'incidente di Ustica e seguito alcuni programmi relativi all'incidente, aveva collegato, come sua supposizione, quella simulazione all'incidente di Ustica. Nelle immagini visualizzate al monitor aveva notato solo un velivolo e un missile di cui non ricordava la traiettoria. Le immagini erano cicliche cioè ripetute varie volte. Ricordava che probabilmente del personale dell'Alenia presente a quella riunione vi fossero certi Fassi Franco, Bevilacqua, Armando, Gennuso Dario Maria e Blandino Aldo Piergiulio.

Il prosieguo dell'indagine è stato indirizzato verso l'escussione di costoro (ad esclusione del Bevilacqua che emigrato in Svizzera non aveva lasciato recapito ai propri familiari), i quali smentiranno quanto aveva dichiarato il Ferraresi, sia per i problemi tecnici in precedenza segnalati e sia per il fatto che l'Alenia non aveva mai partecipato nè in modo diretto nè indirettamente all'inchiesta sulla caduta del DC9, per il semplice motivo che non si trattava di aereo di loro ideazione o costruzione.

In particolare Falco Davide, nell'80 responsabile dei sistemi di calcolo tecnico e simulazione, riferiva che in quel periodo il centro di simulazione era dotato di un sistema di tipo analogico che forniva le immagini del mondo esterno al pilota tramite una telecamera che riprendeva un plastico di un zona aeroportuale. L'attività del centro di simulazione era essenzialmente dedicata allo studio del comportamento dei velivoli militari di produzione del Gruppo Aeritalia di Torimo. Il tutto era servito da un calcolatore su cui venivano simulate le equazioni del moto del velivolo in studio. Solo successivamente, verso gli anni 84-85, vennero aggiunti al sistema dei calcolatori digitali e dei sistemi grafici di rappresentazione visiva del comportamento del velivolo. Negli anni 88-89 veniva poi acquisito un nuovo sistema che consentiva di fornire al pilota immagini complesse del terreno circostante con possibilità di simulare altri velivoli contemporaneamente per poter studiare anche tecniche di combattimento aereo.

Le capacità dell'epoca non consentivano di riprodurre immagini da dati dei sistemi di bordo come la scatola nera. Non era mai stato interessato neanche indirettamente alla vicenda di Ustica. Il motivo derivava dal fatto che il DC9 non era un velivolo prodotto dall'Alenia, a parte alcuni componenti dei pannelli di fusoliera costruiti su licenza Douglas nello stabilimento di Pomigliano d'Arco; per cui il centro di simulazione non aveva alcuna necessità nè capacità di studiare il comportamento di un velivolo senza avere la possibilità di certificazione. Gli unici incidenti in cui l'Alenia era stata coinvolta furono quello del Tornado negli anni 85-86 e dell'AMX. L'unico velivolo civile, per il quale erano stati chiamati nella commissione d'inchiesta per la riproduzione della dinamica dell'incidente, era stato quello di Conca di Trezzo, in cui era precipitato un ATR42.

Armando Armando, nell'80 responsabile del centro di simulazione di volo dell'Alenia, dichiarava che in quel periodo il centro lavorava sui progetti AMX e Tornado. Solo negli anni successivi all'80 con l'acquisizione di calcolatori più potenti ed in particolare di calcolatori con capacità di generazione di grafica tridimensionale, si era sviluppata anche la capacità di riprodurre le immagini di situazioni dinamiche di volo utilizzando come input al calcolatore i dati dei registratori di bordo degli aeroplani. Inoltre con la capacità di simulazione e di calcolo disponibile, si era resa anche possibile la ricostruzione dinamica del volo in base a condizioni iniziali ipotetiche. Per quanto riguardava l'incidente di Ustica, oltre al fatto che nel 1980 non vi era ancora la capacità di riproduzione degli incidenti, mai fu richiesta o svolta, anche negli anni successivi, alcuna attività di simulazione o riproduzione di tale evento. I calcolatori grafici che generavano lo scenario furono installati solo nell'87. A partire dall'85, si erano cominciate presso il centro di simulazione delle valutazioni di questi calcolatori per decidere quale tipo acquistare. In quel periodo furono visionate varie videocassette, fornite dai costruttori di questi computer che volevano dimostrare la capacità degli stessi a generare delle immagini relative a combattimenti aerei. Si trattava di materiale pubblicitario che non era coperto da nessun tipo di classifica di sicurezza, e quindi veniva visto da molte persone di estrazione diversa; in particolare una di queste videocassette mostrava la scena di un attacco da parte di un velivolo F16 contro un velivolo MiG21, durante il quale l'F16 lanciava un aria-aria abbattendo il MiG. Al simulatore, da qualche anno, era pure possibile simulare le traiettorie di missili aria-aria lanciati da velivoli in combattimento, e tale capacità veniva normalmente utilizzata nella simulazione di velivoli AMX e Eurofighter. Quando si simulavano attività di combattimento di questi velivoli veniva normalmente generata l'immagine di un velivolo bersaglio, verso il quale potevano essere lanciati i missili di bordo.

Analoghe deposizioni rendevano Blandino, Gennuso e Fassi, tutti addetti al simulatore. Anche questa storia perciò non ha alcun fondamento.

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