TITOLO 3

Conclusioni.

In conclusione si deve dire che più sono gli elementi di prova che quel MiG23 cadde in tempo ed occasione diversi da quelli prospettati nella versione ufficiale. Che questa versione fu generata da una obbiettiva coincidenza d'interessi di tutte le parti, soggetti attivi e passivi, dell'operazione, spettatori e manovratori. Tutti, chi per un verso chi per l'altro, avevano interesse a coprire la realtà dei fatti. Fu da noi accettata per considerazioni puramente politiche e non d'altro genere. Non è affatto sostenibile, come pure s'è sostenuto, che il differimento della scoperta ufficiale derivasse da esigenze di intelligence per favorire l'alleato maggiore. Gli Stati Uniti erano già in possesso di esemplari di quella macchina che forse poteva interessare solo qualche alleato minore. Certo un interesse di carattere tecnico - come in tal senso hanno mostrato - poteva esserci negli americani, per accertare se vi fossero o meno delle innovazioni in quell'esemplare. Essi infatti ritirano soltanto i liquidi e qualche parte da comparare con quanto già posseggono. Al più ci danno spiegazioni per smontare e disinnescare. Certo vi era pure un interesse a comprendere - nella improbabile ipotesi, sempre da tenere in conto però, che non fossero a conoscenza dell'occasione che aveva dato luogo a quella caduta, che ha tutti i caratteri, lo si ribadisce di un abbattimento - come potesse essere avvenuta quella penetrazione e nella più probabile ipotesi che ne fossero a conoscenza, a comprendere precedenti e conseguenze del fatto. Esigenze di intelligence, sulle quali quand'anche fossero esistite nei termini che alcuni vorrebbero, non sarebbero mai state decise dal solo livello di una forza armata. Ben altro deve essere il livello che decide di dare parti del velivolo per esigenze di quella natura a Servizi di alcuni Paesi, e negarle ad altri. Giacchè con quei comportamenti, forse non lo si è compreso a pieno, si instaurerebbero e si manterrebbero - ma forse è proprio così - circuiti diretti tra Servizi, senza alcuna informazione dei responsabili politici.

E che altri fossero i livelli lo si intuisce dalle parole del Ministro Lagorio il quale in termini di intelligenza e lealtà politica - giacchè se avesse affermato il contrario, avrebbe reso torto sia al suo ruolo che alle capacità a alle aspettative di chi persegue e s'attende la verità- ammette che il caso fu chiuso per ragioni politiche. Non si capisce però perchè non emerga che esso nacque anche per cause politiche e, cosa più importante, che fu gestito secondo direttive politiche, perchè di certo su scelte e decisioni che implicavano un altro Paese e in particolare la Libia appare assurdo un mancato coinvolgimento del livello politico. Castelsilano è come Ustica. I militari negano addirittura l'essenza dei fatti; asseriscono di conseguenza - non potrebbero altrimenti - di non aver riferito, perchè non v'era nulla da riferire ai politici. I politici affermano - e non potrebbero altrimenti, se le cose così stanno - di non aver saputo nulla. Questa è la situazione probatoria e sulla base di essa si deve giudicare. E così apparendo la realtà, non ne può discendere, così come ne è disceso, che l'accusa contestata. Ma se la realtà fosse diversa, non si potrebbe che ribadire quanto concluso in altra parte e cioè che un senso di fedeltà ancor più che malinteso a principi estranei all'ordinamento e un conseguente spirito di supposto sacrificio in pro di coloro che così si sono salvati dall'accusa di aver saputo ed avallato, avrebbero indotto gli imputati ad altrettanto gravi condotte.

Sul fatto, di fronte a una tale massa di prove, molte delle quali oggettive - le poche restanti di origine soggettiva provengono da persone del tutto immuni da sospetti, spontaneamente presentatesi, dei più disperati ambienti e luoghi, senza alcun contatto tra di loro, e pienamente concordi - si supera ogni ragionevole dubbio e si giunge alla certezza che esso non si è verificato il giorno che s'è voluto accreditare - con una messinscena quasi perfetta - è accaduto molto tempo prima, e per più versi si può anche presumere che sia capitato in quelle medesime circostanze in cui precipitò il DC9 Itavia.

Non solo: è caduto in conseguenza di abbattimento e probabilmente anche per mancanza di carburante, perchè inseguito da altri velivoli da caccia, e quindi per effetto di un vero e proprio duello aereo, un episodio di natura bellica, avvenuto sul nostro territorio, ad opera di velivoli stranieri - non è assolutamente sostenibile, e non v'è alcuna prova in tal senso, che vi sia stato un intervento italiano - e quindi senza, o almeno così appare, che la nostra Difesa s'avvedesse di alcunchè.

Una volta escluso che il differimento della data di caduta sia stato determinato da esigenze di intelligence, nostra o di alleati, se ne deve desumere che altra fosse la ragione di questa scelta. Quello che più impressiona in questa vicenda, lo si è detto in altro capitolo, è l'interesse di tutte le parti - salve le dichiarazioni di accusa contro Stati Uniti da parte del leader della Jamahirija, cui però non consegue la rivelazione dei fatti e delle loro prove- a tacere. E tale interesse fortissimo e mai intaccato, deve essere pari alla gravità dei fatti nascosti. Di modo che da esso ben può dedursi conforto alle ipotesi che sul piano tecnico prevalgono. L'"aggressore" non rivendica l'azione. E anche qui coloro, le aeronautiche, che potevano porla in essere sono poco più di una. E un'azione di tal genere, se non avesse contesti innominabili, non vi sarebbe pudore a rivelarla. Giacchè si verserebbe in quell'ambito che sempre più si estende delle cd. operazioni di polizia internazionale, di interventi a fini umanitari o meno,di progetti di tirannicidî, di cui si fan carico le superpotenze, che in tal modo non ricorrono più alla tradizionale guerra solenne. I rapporti tra gli Stati si modificano con rapidità, e il diritto internazionale non riesce ad adeguarsi con sollecitudine.

Lo stesso è a dire della "vittima" che sul piano ufficiale concorda sulla data che è nata dalla coincidenza di interessi e sulla spiegazione dei fatti che essa stessa contribuisce ad erigere. Sul piano politico il suo leader di tanto in tanto rammenta un'altra verità e non la prova, se ne serve, senza dubbio, per lanciare messaggi ad amici, nemici e manutengoli. Noi per parte nostra, abbiamo aderito alla tesi ufficiale, ammettiamo che si tratta di una scelta politica, ma non tiriamo fuori dalla memoria - perchè dagli archivi già tante circostanze sono emerse - nemmeno mezza verità. Mentre con ogni probabilità di quell'aereo conosciamo vita, morte e miracoli.

Chè se poi l'innominabile fosse l'esser stato quel velivolo nel contesto della sera di quel 27 giugno 80, si spiegherebbero allora i silenzi dell'inseguitore, le grida dell'inseguito, le congetture di chi sa, e sapeva, e ha dato, mezzano per vocazione o necessità, un colpo alla botte e l'altro al cerchio.

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