Capitolo VII

La vigilanza al relitto.

1. La testimonianza del caporale Di Benedetto.

Anche l'Esercito fu impegnato nella vicenda; fu impegnato nella vigilanza del relitto. Del fatto non si fa menzione in alcun rapporto; solo alcune fotografie apparse sulla stampa mostravano immagini di militari con basco, che in verità soltanto occhio esperto avrebbe potuto stimare di fanteria e non Carabinieri.

La vicenda è emersa in un articolo apparso sul quotidiano "La Repubblica" del 2 novembre 90 dal titolo "Ho fatto la guardia al MiG libico". In questo articolo si riferisce di un ex soldato di leva in servizio nell'80 in una caserma di Cosenza, che avrebbe espressamente dichiarato che quell'aereo era stato abbattuto in Calabria lo stesso giorno in cui il DC9 Itavia si era inabissato al largo di Ustica, e che egli aveva montato la guardia al cadavere del pilota e ai rottami per tre giorni alla fine di quel mese di giugno, precisamente a partire dall'alba del 28.

L'autore dell'articolo, il corrispondente di Repubblica da Cosenza, Sergi Pantaleone, confermava il contenuto di quel pezzo, asserendo di aver riversato nell'articolo tutte le dichiarazioni della sua fonte, e cioè quel militare di leva che avrebbe fatto la vigilanza ai resti del pilota e del velivolo, meno alcune circostanze, tra cui quelle di rilievo avrebbero riguardato la posizione dell'aereo dopo l'impatto a terra, la carnagione del pilota, un colloquio con la fonte e certo Buongiorno. L'aereo appariva intatto e con la prua a Sud. Il pilota era un bianco e cioè non era di carnagione olivastra "come un marocchino". Il Buongiorno sopra menzionato avrebbe telefonato alla fonte, gli avrebbe detto che avevano fatto il servizio militare nello stesso periodo di tempo e che insieme avrebbero potuto ricostruire la vicenda del MiG. Il giornalista sulla fonte dichiarava di non poterne rivelare il nome, perché quella persona era impaurita e sotto una sorta di shock emotivo. A seguito di ammonizione di questo Giudice il teste dichiarava che nell'ambito di breve tempo quella fonte si sarebbe indotta a deporre spontaneamente.

In effetti a distanza di soli quattro giorni, costui deponeva. Si trattava di certo Di Benedetto Filippo da Cosenza che aveva iniziato il servizio militare il 1° agosto 79 ed era stato congedato il 1° agosto dell'anno successivo. Tutto il servizio lo aveva prestato presso il 244° Battaglione Addestramento Reclute. Ha ricordato di aver montato la guardia ai relitti del MiG23, ma è sicuro di averlo fatto in data precedente a quella in cui si disse essere stato rinvenuto quel velivolo, e cioè prima del 18 luglio 80. Egli ha tentato quindi di dimostrare questa sua asserzione mediante una serie di argomentazioni, e di restringere il più possibile l'arco dei giorni di quella guardia. Nel giugno dell'80 era candidato alle elezioni amministrative che si tennero nella prima metà di quel mese, ed aveva usufruito nella qualità di candidato del permesso di un mese, permesso che cessò subito dopo le votazioni. Sarebbe stato collocato in congedo il 1° agosto immediatamente successivo e, dovendo usufruire ancora di un certo periodo di licenza ordinaria, a luglio è andato al mare a Guardia Piemontese in provincia di Cosenza. Era ritornato pochi giorni prima di congedarsi. Per queste ragioni era sicuro di non essere stato in servizio il 18 luglio. La guardia la aveva montata per tutto un fine settimana, circostanza che ben ricorda perché in genere i fine settimana li passava in libera uscita presso la propria famiglia a Cosenza.

Ha narrato poi le vicende del servizio. Furono chiamati intorno alle 5-5.30, prima della normale ora di adunata. Furono convocati in dodici quindici. Si mossero con una jeep e un camion, agli ordini di un capitano coadiuvato da un tenente. Furono dotati di fucili, elmetti e vari cioè l'equipaggiamento da combattimento. Riuscirono a trovare, a seguito di diversi tentativi, il luogo di destinazione dopo diverse ore, tra le 11 e le 12. Sul posto non c'era nessuno, nè altri militari nè curiosi. La località era in una gola con fondo pianeggiante, che fu possibile raggiungere a piedi dopo aver lasciato i mezzi a circa un chilometro di distanza. Rimasero due giorni e due notti. Quando rientrarono in caserma a Cosenza, gli ufficiali dissero ai militari che "non avevano visto niente", cioè ingiunsero di dimenticare ogni cosa.

Il velivolo era a mezza altezza della gola; era un monoposto, di piccole dimensioni, con cupolino. Appariva integro, cioè non spaccato in più parti, di colore bianco-azzurro sul chiaro; aveva un'insegna sulla parte destra della carlinga, che sembrò al teste una stella o simbolo similare. I soldati si fermarono in un primo momento sul fondo della gola, mentre gli ufficiali si inerpicarono sul costone in direzione dell'aereo. In un secondo momento, quando gli ufficiali fecero ritorno sul fondo della gola, i militari furono disposti in più punti. Al teste fu assegnata una posizione nella parte superiore, da cui poteva vedere l'aereo nella gola a una cinquantina di metri. Da quel punto riuscì a vedere il pilota, che appariva seduto al posto di guida "accasciato sui comandi ... sembrava un fantoccio".

In un turno di riposo il teste si avvicinò all'aereo e constatò guardando il cadavere - per brevissimo tempo e da un solo lato - che era di carnagione bianca e non aveva tracce di sangue. Il giorno dopo il cadavere non era più sul luogo.

Il Di Benedetto chiese informazioni sul fatto agli ufficiali e gli fu risposto di non preoccuparsi "perché era tutto a posto". Nel frattempo erano intervenuti altri militari che indossavano divise estive non facilmente distinguibili, e che fu detto esser Carabinieri. Erano venuti con macchina militare americana, una Chevrolet targata IFI o AFI, anche altri militari sicuramente americani con divise verde scuro. Il teste che non aveva mai collegato in precedenza la caduta del MiG con quella del DC9 Itavia, ha ricordato che del MiG si parlò sulla stampa diversi giorni dopo la loro missione di guardia. Ha ricordato anche che quando arrivarono sul luogo videro a un centinaio di metri - sicuramente dall'aereo; nde - un paracadute aperto anche se non espanso completamente. Ha precisato infine che del fatto aveva parlato solamente con un suo amico, tre o quattro giorni prima che uscisse l'articolo di Repubblica, certo Stumpo Antonio da Cosenza, che poco prima dell'articolo, lo aveva invitato a parlare con un suo amico giornalista e cioè con Sergi Pantaleone (v. esame Di Benedetto Filippo, GI 10.11.90).

Escusso nuovamente, ha ricordato che l'ultimo periodo di licenza era stato tra il 5 e il 15 luglio di quell'80 e che il servizio di guardia era avvenuto sicuramente prima di quell'ultima licenza. È sicuro di questa circostanza, perché gli ultimi giorni di servizio militare li passò come "borghese" senza effettuare cioè turni di servizio. Da ultimo, non è riuscito a identificare la persona che si era presentata a telefono come il commilitone Buongiorno (v. esame Di Benedetto Filippo, GI 13.02.91).

Stumpo ha confermato le dichiarazioni di Di Benedetto che lo concernevano. Questi gli aveva parlato della vicenda diverso tempo prima, poco dopo una trasmissione di Telefono giallo - che è del 6 maggio 88; nde -. Era ritornato spesso sull'argomento ed aveva sempre insistito sulle medesime circostanze. Alle sue molte domande aveva sempre risposto negli stessi termini. Ha confermato anche che quel teste si era presentato in quell'anno alle elezioni ed era ritornato in servizio dopo la campagna elettorale. Era stato a lungo in dubbio se presentarsi o meno al Giudice. La descrizione della vicenda a lui fatta coincideva pienamente con quella apparsa sulla "Repubblica", meno che nel particolare della prua dell'aereo, particolare di cui aveva parlato per la prima volta nel colloquio con il giornalista. Coincideva, in particolare sullo stato del cadavere, sulla sua posizione nell'aereo, sull'integrità del velivolo (v. esame Stumpo Antonio, 28.11.90).

2. Le testimonianze dei militari del Battaglione di Cosenza.

Dei militari del 244° battaglione che ricordano di aver effettuato la vigilanza al MiG libico - la maggior parte degli escussi non ricorda nemmeno il fatto - solo alcuni indicano il mese; i più invece indicano un periodo coincidente con l'estate. In estate o nel periodo estivo asseriscono Messina, Bilotta, Anello, Oliva, Lauria, Mazzotta, Guardia, Chisari, Maione, Forgione, Bruno Daniele, Serracca (v. esami, PG 11.04.91, 18.04.91, 04.04.91, 03.04.91, 10.05.91). Altri indicano questo periodo con probabilità: Petralia e Fioravante (v. esami, PG 11.04.91, 13.02.91). Altri ancora sono più precisi, indicando il mese, alcuni luglio altri giugno, uno in un periodo tra gli ultimi quindici giorni di giugno e i primi quindici di luglio. Per luglio sono: Poli, Costantino, Campisi, Caprara, presumibilmente a luglio; Ruffolo; Falbo; Bruni Giovanni, nella prima quindicina; Carbone, Di Benedetto, verso la fine; (v. esami, PG 11.04.91, 13.02.91). Per i trenta giorni a cavallo di giugno e luglio: Spizzirri (v. esame, PG 13.02.91). Per il periodo giugno-luglio: Caruso e Dari (v. esami 13.02.91, 04.04.91). Più preciso Russo che afferma "fine giugno primi di luglio" (v. esami, PG 13.02.91); Viterritti ricorda solo che faceva molto caldo (v. esame, PG 13.02.91).

Da ricordare anche alcune circostanze di rilievo riferite da alcuni dei predetti. Principe Eugenio rammenta che un giorno intorno alle 11 arrivò un elicottero con ufficiali italiani ed un "colonnello della NATO". Gli fu chiesto in quella occasione, dal momento che conosceva l'inglese, di scendere nell'area dove si trovavano i resti dell'aereo per aiutare quel colonnello nella misurazione con un nastro metrico e nella ripresa fotografica di alcuni rottami. L'operazione durò circa tre ore (v. esame Pincipe Eugenio, PG 13.02.91).

Altri ricordano altre circostanze, ma non sanno dare particolari precisi. Caruso rammenta militari provenienti probabilmente da Caserta, addetti alla illuminazione della zona. Russo militari del genio di Salerno o della Campania, con il compito di illuminare la zona nell'arco notturno. Bruni di aver ricevuto il cambio da alcuni Bersaglieri di cui non sa indicare il comando di appartenenza (v. esami 13.02.91).

La vicenda denunciata dal Di Benedetto non appare incredibile. In primo luogo non risulta ispirata da alcuno nè favorita da alcun ambiente. Prende le mosse per iniziativa dello stesso teste; che più volte prima di renderla pubblica l'aveva riferita in privato. Appare precisa e ben collocata nel tempo, le cui scansioni di quel giugno e luglio il Di Benedetto rammenta con cura e dettagli. I militari erano stati disposti a monte e a valle del punto d'impatto, del luogo dove cioè erano la carcassa del velivolo e il cadavere del pilota. Egli, come i suoi commilitoni, poteva vedere solo a distanza, e certo non cogliere dai posti di guardia particolari di rilievo. Egli infatti ne coglie solo quando in un suo momento di riposo e di distrazione probabilmente di altri, riesce ad avvicinarsi al relitto e vedere così il corpo del pilota "accasciato" sui comandi e a percepire da quelle poche parti della salma scoperte, che non era di carnagione scurissima e che non vi erano versamenti di sangue visibili. Una situazione del tutto diversa da quella che appare a coloro che discesero nella zona il 18 luglio, in cui v'è di certo un cadavere fuori dell'abitacolo - non si sa se supino o bocconi - e chiazze di sangue sulla pietraia. Il giorno dopo il cadavere sui comandi non c'è più. Le stranezze di questa vicenda sono tante. Di certo però l'arrivo del Di Benedetto non può collocarsi in quelle poche ore tra il rinvenimento ufficiale e la rimozione della salma, cioè tra il mezzogiorno e le diciotto di quel 18 luglio. Anche perché il Di Benedetto con gli altri soldati di Cosenza muove all'alba dalla caserma e raggiunge i luoghi sempre di mattina.

La narrazione del Di Benedetto al riguardo della salma non appare nemmeno illogica. Perché di certo, se il fatto come il rinvenimento effettivo sono avvenuti qualche tempo prima del rinvenimento ufficiale, s'è posto il problema della salma che non poteva essere lasciata in quel luogo e doveva essere conservata per il tempo sino alla simulata caduta.

Di Benedetto poi non è solo in questo suo ricordo, giacchè buona parte dei suoi compagni di leva ha ricordato che il fatto avvenne nella prima quindicina di luglio, nei trenta giorni a cavallo tra giugno e luglio, tra fine giugno e i primi di luglio.

Anche in questo caso una imposizione di segreto sul servizio, che se fosse stato eseguito dopo l'apparizione dei fatti sui mezzi d'informazione, non avrebbe avuto alcuna ragion d'essere.

Anche qui tentativi di ridurre a miti consigli i testi nelle attese delle escussioni. Atmosfera d'intimidazione che prese corpo il giorno dell'esame dei testi nella sala d'attesa del Tribunale di Cosenza allorchè due dei citati, che erano degli ufficiali, il tenente colonnello Stella Cataldo e il maggiore Serafini Tommaso, come si legge nella relazione di servizio dei carabinieri, si avvicinarono al Di Benedetto - anch'egli in attesa di deporre - e fingendo di leggere il giornale gli dissero "Ma che vai raccontando, ma che dici? Noi non c'eravamo". Queste parole furono pronunciate con tono duro e alterato, cioè minatorio; al punto tale che il teste ne rimase intimorito e dovette essere accompagnato in una stanza del piano e i due ufficiali a un piano diverso. (v. relazione R.O.CC. 13.02.91).

3. Il 67° Battaglione Fanteria di Persano.

Vicenda del tutto simile quella concernente la vigilanza dei resti di detto velivolo da parte di Bersaglieri del 67° Battaglione di Fanteria di stanza a Persano, in provincia di Salerno. Anche in questo caso la maggior parte dei testi nulla o poco ricorda, e se ricorda, in special modo sul periodo di vigilanza, ricorda vagamente.

Anche in questo caso l'Ufficio è venuto a conoscenza del fatto in modo del tutto occasionale. Nè polizia giudiziaria nè pubblici ufficiali con obbligo di rapporto, avevano mai riferito su di esso ad AG sino all'atto dell'esecuzione del decreto di esibizione della documentazione sulla vigilanza del 244° di Cosenza. In quella sede l'ufficiale di PG delegato apprendeva informalmente che alla vigilanza del MiG23 aveva concorso anche altro reparto dipendente dal Comando della Regione Meridionale di Napoli (v. rapporto CC. del 05.01.91).

Esaminato quell'ufficiale, il capitano Marra Luigi del Gruppo Carabinieri di Cosenza, ha meglio precisato, affermando di aver appreso la notizia in occasione della notificazione del predetto decreto al Comando del 244° dal comandante in persona alla presenza di altri ufficiali del battaglione. Il reparto era - anche se il teste ancora "sfuma" usando il condizionale - il 67° Battaglione Bersaglieri di stanza a Persano in provincia di Salerno (v. esame Marra Luigi, GI 14.01.91).

Emesso l'indomani decreto di esibizione della documentazione concernente servizi e missioni fuori sede di militari di detto battaglione nel trimestre giugno-agosto 80 sia presso il battaglione a Persano sia presso il comando della Brigata Pinerolo a Bari, venivano acquisiti a Persano soltanto i ruolini tascabili della forza effettiva nell'anno 80 e copia ciclostilata dell'ordine del giorno 150 del 28.07.80 (v. decreti di esibizione 15.01.91).

Da tali atti si estraeva l'elenco dei militari del "Fagarè" che nel 1980 erano stati aggregati per un periodo di tempo compreso tra la fine di luglio ed i primi del mese di agosto presso il 244° di Cosenza (v. rapporto R.O.CC. 04.02.91).

Il comandante di questo battaglione, Pellegrino Pasquale in servizio nel giugno e nel luglio dell'80, non ricorda alcunché, anzi afferma che il suo reparto non è stato mai comandato nè comunque interessato a un servizio di guardia o vigilanza ai resti dell'aereo libico di Castelsilano di Calabria. Elenca altre missioni del suo battaglione a Bari, a Caserta, a Mandranello, a Torre Disperata, sul Basento, ma mai in Sila. Riferisce che una missione del genere avrebbe comportato tutta una serie di adempimenti. Sarebbe stata innanzi tutto ordinata dal Comando della Brigata Pinerolo di Bari, o dal Comando del 10° Comiliter di Napoli, sempre interessando però il Comando di Pinerolo. A seguito di questo ordine sarebbero state redatte delle disposizioni con le quali si sarebbero precisate tutte le modalità della missione: numero dei militari, numero e tipo dei mezzi, orari di partenza, itinerari da percorrere, riserve di carburanti e lubrificanti, cucine ruotate, tipi di vettovagliamento ed equipaggiamento compresi gli armamenti. Queste disposizioni assumevano la veste di ordine firmato da esso comandante e smistato ai reparti dipendenti interessati; una copia "minuta" veniva conservata agli atti del Comando. All'uscita sarebbero stati registrati i mezzi e le armi, gli orari di uscita e di ritorno, la località della missione (v. esame Pellegrino Pasquale, GI 18.01.91).

Nettamente in contraddizione la deposizione del comandante dei Bersaglieri inviati sul luogo proprio per la vigilanza di quei rottami. Costui, Colucci Nicola, all'epoca sottotenente di complemento in servizio al "Fagarè" e all'atto dell'esame in servizio nella Polizia di Stato, afferma di essere stato mandato in missione di vigilanza ai resti del MiG libico, in un agro compreso tra i comuni di Caccuri Castelsilano e Cerenzia. E di essere stato mandato quale comandante del nucleo di Bersaglieri, dai venti ai trenta, incaricati di quel servizio. Riferisce quindi particolari di notevole interesse. Quando quel nucleo arrivò sul luogo non vi era nessuno. Fece dapprima capo a Cosenza, presso il Battaglione Sila, quindi guidati da ufficiali del 244° raggiunse il luogo di caduta del velivolo. Non c'era alcun servizio di guardia. Furono essi Bersaglieri a montare le tende, a costruire il collegamento telefonico con la stazione dei Carabinieri - non ricorda se Caccuri o Cerenzia, ma s'accerterà che fu quella di Caccuri, nde - a installare i gruppi elettrogeni.

Rimase sul luogo quindici o venti giorni, e al termine gli fu dato il cambio da un altro ufficiale di Persano. È incerto sulla data di inizio del servizio, è certo solo che essa cadde a giugno o a luglio. Dormivano sul posto, ricevevano il rancio dalla caserma della fanteria di Cosenza, cui facevano capo logisticamente. Avevano preso in carico armamenti ed equipaggiamenti da Persano. Per armamento esso Colucci aveva in dotazione una pistola Beretta 34, i militari fucili mitragliatori. Durante il suo periodo di servizio non vi sono stati militari di altre armi, sicuramente non c'erano avieri di guardia. I Carabinieri di giorno passavano di pattuglia con gazzelle e sostavano solo per breve tempo. Anche di notte facevano dei passaggi saltuari. In un secondo tempo potrebbero essersi aggiunti, durante il periodo di servizio dei Bersaglieri, dei Carabinieri in tuta mimetica anch'essi con funzioni di vigilanza a quei rottami.

Durante il periodo in cui egli comandò i Bersaglieri di vigilanza, raggiunse il luogo una delegazione di persone in abiti civili accompagnati da militari. In quella delegazione c'era un membro di pelle scura, quasi nera. Quando iniziarono il servizio non c'era alcun cadavere nè tra i rottami dell'aereo nè in prossimità. Tra i resti ricorda parte d'ala e di fusoliera. Non ricorda insegne su quei rottami, che erano "poggiati" su un pendio piuttosto lontano dal luogo ove avevano montato le tende. Oltre a montare queste tende, avevano montato subito dopo essere arrivati anche il telefono e i gruppi elettrogeni. Ribadisce che furono guidati sul luogo da ufficiali e sottufficiali dell'Esercito del Battaglione di Cosenza; non ricorda però se furono "agganciati" durante il percorso da Carabinieri. Che si trattasse di un aereo libico gli era stato detto prima di partire per la missione a Persano dal comandante Pellegrino o dal suo aiutante maggiore o dal comandante della sua Compagnia. Durante tutto il periodo della vigilanza non si era mai allontanato dal luogo (v. esame Colucci Nicola, GI 13.02.91).

I Bersaglieri hanno per la maggior parte, come i fanti, un ricordo vago di quella missione. I più - ed alcuni solo probabilmente - rammentano che quel servizio si svolse d'estate - Arcudi, Crea, Cosma, Margiotta, Vella, Ciglietti, Chisari, Orlando, Savona, Giagnorio, Puledda, Muratore, Piovani, Musmeci. Altri riferiscono del periodo giugno-luglio - Lo Giudice. Altri del periodo luglio-agosto - Di Luna. Ci sono poi quelli che ricordano, anche se non tutti con certezza, il mese. Per luglio sono Barca, Chirico, Monteleone, Aloisi (che colloca però il fatto alla fine di luglio), Aliotta, Bologna, Longo (a fine del mese), Dragotta, Bartolotta, Spinelli, Pacino (verso la fine), Giarrizzo. Per giugno solo Di Perna. C'è infine Arena, che ricorda con esattezza data di arrivo e data di partenza e cioè 25 luglio e 4 agosto (v. esami, 13.02.91, 14.02.91, 08.04.91, 11.04.91 e 18.04.91). Proprio Arena ricorda anche un altro particolare d'interesse e cioè che ebbero il cambio da militari dell'aviazione (v. esame, 11.04.91). Chirico ricorda che essi Bersaglieri montarono le tende (v. esame, 14.02.91).

Margiotta che la vigilanza fu effettuata solo da Bersaglieri (v. esame 18.04.91).

Vicenda questa del 67° analoga a quella del 244°. In effetti si rafforzano reciprocamente. Anzi in questa fatti ancor più gravi, come la testimonianza del comandante che esclude categoricamente che il suo reparto abbia mai effettuato servizi all'aereo libico caduto a Castelsilano, a fronte della precisa testimonianza del comandante del gruppo inviato sul luogo a vigilanza di quel relitto. Quest'ultimo ben ricorda che sul luogo non c'era alcun servizio e che furono i primi ad installare la minima logistica. Ciò accadeva a giugno o a luglio. Furono guidati sul luogo da ufficiali e sottufficiali del 244° di Cosenza. Il cadavere non c'era. Il ricordo dei Bersaglieri non aiuta molto, anche se v'è chi ricorda il periodo giugno-luglio; alcuni ricordano luglio. Nessuno ricorda i fatti del rinvenimento ufficiale.

Anche questa vigilanza potrebbe perciò porsi prima di questo rinvenimento. Sta di fatto che la successione potrebbe esser così avvenuta: dapprima il 244°, poi il 67°, quindi gli altri quasi in concomitanza o contemporaneamente agli eventi ufficiali.

4. Indagini su vicende nel periodo della vigilanza.

Nell'ambito della vicenda del MiG libico caduto in Castelsilano il 18 luglio 80, questo Ufficio ha disposto, nel tempo, diverse attività di PG presso enti ed articolazioni militari che, all'epoca, erano interessati all'evento, a vario titolo, come le attività di vigilanza prestata dall'AM e da reparti dell'esercito nell'area di caduta del velivolo.

Una certa attenzione è stata rivolta nei confronti della 3a Regione Aerea di Bari e dei Reparti da essa dipendenti, ove è stata acquisita una notevole mole di documentazione amministrativo-contabile, il cui esame ha permesso di monitorare con una discreta attendibilità le attività svolte dal suddetto ente nel periodo precedente e successivo alla data ufficiale di caduta del MiG.

In tal senso sono state svolte, tra le altre, indagini volte a riscontrare il senso di talune annotazioni di alcuni imputati concernenti il cadavere del pilota del MiG - occorre ricordare, in particolare, lo strano interessamento dimostrato dai partecipanti alla riunione tenutasi presso lo Stato Maggiore della Difesa il 21 luglio 80, in ordine alla conservazione ed al mantenimento del cadavere, così come si desume dalle annotazioni riportate dal gen. Melillo nel corso di detta riunione a sintesi degli interventi degli stessi partecipanti.

Si è ritenuto quindi d'interesse approfondire la documentazione relativa agli apparati frigoriferi amministrati dal Comando dell'Aeroporto di Gioia del Colle il cui esito non ha tuttavia fornito indicazioni di riscontro della predisposizione o l'effettivo uso di un impianto di tal genere prima della data ufficiale di caduta del MiG. V'è solo da segnalare che tra gli apparati frigoriferi rilevati è risultato un banco bar, scaricato ovvero dismesso con foglio di variazione del 31.12.80 con la seguente motivazione: "dichiarato fuori uso in data 17 luglio 1980". Una data che inequivocabilmente si colloca a stretto ridosso del giorno del ritrovamento ufficiale del MiG.

Dietro