Capitolo VI

Il recupero del relitto.

1. L'intervento della FIAT.

Come già visto la FIAT ebbe anch'essa ad interessarsi del recupero del MiG23. Era l'epoca in cui la Libia possedeva un rilevante pacchetto azionario dell'impresa torinese. Nell'agosto dell'80 il responsabile dell'attività internazionale di questa impresa, successore proprio in quel mese di Romiti alla presidenza del "Comitato mezzi e sistemi per la difesa", tal Pignatelli Nicolò, accompagnò Romiti dal Direttore del S.I.S.MI Santovito. In questo incontro si parlò tra l'altro della questione del recupero dei rottami di quel velivolo. Esso Pignatelli fu investito della questione tra quella fine d'agosto e la prima decade di settembre da Msellati Rageb, vice governatore della banca nazionale libica e "rappresentante dell'azionariato libico". Questo "senior" - superando il rappresentante libico a Torino, certo Montasseri - richiese che dell'operazione si occupasse la Impresit, azienda FIAT specializzata nelle grandi costruzioni. Pignatelli comunicò la richiesta a Romiti che nulla obiettò; affidò l'incarico all'amministratore delegato dell'Impresit; furono compiuti sopralluogo e previsione dei costi, previsione che superò il mezzo miliardo. Di tutto fu informato Romiti. L'iniziativa però cadde e Pignatelli seppe che l'operazione era stata affidata e portata a termine da un'impresa calabrese. Msellati, che spesso di lamentava della disattenzione della FIAT nei confronti del suo Paese, non tornò più sull'argomento, pur avendo sostenuto che quel recupero era importante per la Libia (v. esame Pignatelli Nicolò, GI 02.12.88).

Altra persona che parla di questi maneggi è l'ex capo-centro S.I.S.MI al Lussembergo, il professor Francesco Pelaia. Costui fu incaricato dal suo Direttore, cioè dal generale Santovito, di organizzare un incontro con l'amministratore delegato della FIAT Romiti. Egli si adoprò tramite il rappresentante della FIAT a Roma, tal Gaspari già appartenente al S.I.S.MI, e predispose, anche con l'aiuto del capitano Artinghelli della segreteria del Direttore del S.I.S.MI, una colazione al Roof Garden dell'Eden di via Ludovisi. Santovito da parte sua chiese una collaborazione della FIAT ad impiegare sue strutture per fini del Servizio in Paesi dell'allora oltre Cortina. Romiti a sua volta chiese ausilio per il recupero del MiG, riferendo che Gheddafi aveva fatto pressioni in quel senso, addirittura "stava rompendo le palle" (v. esame Pelaia Francesco, GG.II. Roma e Venezia 30.11.93 - e GI Venezia 10.02.86).

Romiti aveva già riferito ad altro Giudice la sopracitata circostanza. In particolare aveva affermato: "Per quanto concerne l'episodio dell'aereo libico caduto in Sila ricordo le circostanze; evidentemente esponenti libici, nell'ambito del consiglio di amministrazione, - che sono quelli con cui noi intratteniamo rapporti - ci rappresentarono l'esigenza di recuperare un aereo militare caduto in Calabria; ricordo che l'aereo non era stato intercettato dalle apparecchiature specializzate italiane. Ciò appresi dalla stampa, ricordo che i rappresentanti libici ci chiesero all'uopo se noi avevamo delle attrezzature tecniche idonee a recuperare l'aereo militare. Prima di fare un qualunque passo volli consultarmi con il direttore Santovito e pertanto si addivenne all'incontro. Gli dissi che non avevamo le attrezzature adeguate per il prelevamento richiestoci. In sostanza io finii per demandare il problema del prelevamento a Santovito e non so poi come fece." (v. esame Romiti Cesare, GI Venezia, 18.03.86).

Il medesimo in un promemoria datato 4 aprile 86, inviato al GI di Venezia, forniva anche le date degli incontri con Santovito: 30 luglio e 27 agosto 80.

2. L'affidamento alla ditta.

I libici considerata la situazione - FIAT che propende per la costruzione di una teleferica, che avrebbe comportato tempi lunghi; Santovito che proponeva una gru che non si trovava - affidano l'incarico all'Elifriuli, che può impiegare per il trasferimento dei pezzi un suo elicottero. Un tecnico di questa impresa incaricato del sopralluogo, si reca a Castelsilano proprio il giorno del rilascio dell'autorizzazione - probabilmente quella nota di nulla osta della Procura della Repubblica - ed avvia i preparativi per le operazioni. Proprio durante il sopralluogo questo tecnico, Vogrig Fabiano, incontra un pastore abitante in una casupola nei pressi - ma nessuna PG lo ha mai individuato, nè prima nè dopo - che dà una nuova versione della caduta. Il fatto sarebbe avvenuto tra il 28 e il 29 giugno. L'aereo precipitando avrebbe dapprima toccato il terreno con la parte inferiore della coda e poi avrebbe percorso "scivolando sul terreno" alcune centinaia di metri prima di arrestarsi. Il pilota sarebbe stato sbalzato fuori dell'abitacolo al momento del primo urto, e quindi si sarebbe dovuto trovare a diverse centinaia di metri dal relitto. Ma aldilà di questa storia il 4 settembre allorché si stanno coordinando i preparativi per la partenza, il figlio del titolare dell'Elifriuli, Coloatto Marco, riceve, nella sede amministrativa della società a Grado di Gorizia, una telefonata anonima a voce maschile e accento meridionale. L'ignoto interlocutore chiedeva di non effettuare il recupero, sotto minaccia di abbattere sulla verticale della Calabria gli elicotteri della società, operante all'epoca sugli aeroporti di Foggia e Catania per il controllo della costruzione di un metanodotto della SNAM.

Il pomeriggio di quello stesso giorno arrivava una seconda telefonata, questa volta nella sede operativa della società a Cividale del Friuli. Sempre una voce maschile con accento meridionale questa volta minacciava l'abbattimento degli elicotteri dell'Elifriuli, che si trovavano nei due aeroporti sopra menzionati con modalità imprecisate. Quello stesso giorno il titolare della ditta rinuncia al recupero (v. esame Coloatto Luigi, PG 15.01.91).

Il suo posto viene preso, come era prevedibile, da una ditta del posto in palese odore di mafia. Si tratta della ditta dei fratelli Argento, Alfredo e Francesco, il primo già pregiudicato.

Costui ha narrato di non aver partecipato ad alcuna gara d'appalto, ma di essere stato contattato da un individuo di nazionalità italiana, che qualificatosi come esponente dell'Ambasciata libica in Italia gli aveva proposto di rimuovere e trasportare presso l'aeroporto di Ciampino i relitti di un aereo militare libico caduto in località Castelsilano. Aveva compiuto un sopralluogo con due sedicenti ufficiali libici e un colonnello dell'Aeronautica Militare. L'indomani o al massimo due giorni dopo, aveva provveduto al recupero di tutti i rottami "anche i più insignificanti, come bulloni e minimi frammenti" - ma quanto valore avesse questa sua affermazione, emerse al tempo dell'ispezione dei luoghi compiuta da questo ufficio, che portò al rinvenimento di tante parti dell'aereo ancora in zona; nde. S'era avvalso, continua l'Argento, d'una dozzina d'operai della zona, d'una ruspa di tal Lapez di Cerenzia, di autocarri di una ditta di S.Giovanni in Fiore. Tutte le operazioni erano state fotografate e filmate, e ad esse avevano presenziato alcuni arabi (sicuramente i sedicenti libici), un colonnello dell'AM e il comandante della Compagnia CC. di Cirò Marina. In zona era parcheggiata un'autovettura di grossa cilindrata con targa straniera, che non aveva saputo identificare. Non aveva notato fori nei rottami. Aveva percepito 30 milioni come corrispettivo dell'opera. (v. esame Argento Alfredo, PG 08.01.91, nel corso dell'esecuzione del decreto di sequestro 07.01.91).

Escussi coloro che avevano partecipato a queste operazioni, hanno sostanzialmente confermato questo svolgimento dei lavori. Nessuno ha notato fori sui rottami. Uno degli operai ha visto tra i rottami una mitragliatrice di marca sovietica a canna unica (v. esame Frontera Francesco, PG 10.01.91). Un altro invece ha visto una mitraglia a due canne, una delle quali contorta (v. esame Greco Giuseppe, PG 10.01.91).

Il decreto di sequestro della documentazione relativa presso gli Argento e presso il loro commercialista non sortiva effetto, giacchè come dichiarato da quest'ultimo quei documenti, essendosi la ditta Argento avvalsa del condono di cui alla legge 516 del 7.08.82, come tutta la documentazione sino al 31.12.82, erano stati distrutti (v. esame Scalise Carmelino, PG 09.01.91).

La persona "di nazionalità italiana qualificatasi come esponente dell'Ambasciata di Libia" è stata identificata in Paris Elio, dottore, nato a Roma ma residente a Tripoli. Costui ha dichiarato di essere consulente economico legale per il mondo arabo, di intrattenere rapporti di tipo professionale con l'Ambasciata di Libia in Roma, e di essere stato incaricato dall'Ambasciatore Ammar Dow El Tagazi (che verrà ucciso a Roma all'uscita della sua abitazione il 12 gennaio 84) di "verificare la possibilità di recupero di quei rottami". Tale richiesta gli era stata formulata perché El Tagazi stimava esosa, la somma richiesta dalla Corea Impex - società legata alla Elifriuli di cui sopra e cioè 500 milioni di lire. Tramite certo geometra Macrì di Lamezia Terme era stato introdotto presso gli Argento. Aveva condotto sul luogo anche esperti in fotografia, perché effettuassero riprese e fotografie, come era stato richiesto dai libici, ma ciò gli fu impedito dall'ufficiale AM (v. esame Paris Elio, PG 18.01.91).

Esaminato nuovamente il Paris ha aggiunto che i pezzi furono trasportati lungo un vecchio sentiero, in terra battuta e abbandonato da tempo, da una ruspa degli Argento. Con questa ruspa le varie parti del velivolo furono fatte a pezzi secondo le disposizioni di un ufficiale libico, tal Mohamed di stanza all'aeroporto di Benina di Bengasi. Caricati su camion erano stati poi trasportati a Ciampino e messi in un contenitore già predisposto. In questo contenitore erano stati messi secondo le disposizioni del colonnello Somaini altri pezzi, conservati in una stanza chiusa a chiave e vigilata da un aviere. Si trattava di un seggiolino, di uno stivale e altri pezzi di piccole dimensioni. Ha aggiunto, il Paris, a precisazione del precedente verbale, che certo Papaleo Ettore aveva compiuto alcune video registrazioni sino a quando era stato interrotto dal colonnello Somaini. Ha ricordato che in quelle registrazioni appariva il figlio di nove anni, condotto sul luogo, il quale a un certo punto dice al Papaleo "Ettore, Ettore, il colonnello non vuole". Quel nastro comunque non era stato preso dall'ufficiale italiano. Era stato preso da esso Paris e consegnato di lì a qualche giorno, a Roma al console di Libia Mohamed el Misdrati.

Macrì identificato ha confermato le dichiarazioni del Paris sull'introduzione dei libici presso i calabresi, ma lo ha contraddetto sulle riprese. Il tecnico - egli afferma - era stato portato da fuori, probabilmente da Roma, e al termine delle operazioni di recupero aveva chiesto un compenso di 7 milioni (v. esame Macrì Santo Giuseppe, PG 09.01.91).

Anche il tecnico è stato identificato. Si tratta di Papaleo Ettore, da Roma e cineoperatore. Era stato contattato, ha riferito, nell'estate 80 dal dottor Paris. Sul luogo del disastro aveva filmato, con una telecamera VHS, presa a noleggio a Roma, i resti del velivolo per circa 10 minuti. Al termine delle riprese la cassetta fu immediatamente ritirata da persona che non ricorda. Egli non la vide ne la duplicò. Chiese ed ottenne 300.000 lire. Aveva effettuato riprese prima dell'inizio delle operazioni di recupero e non aveva notato fori sui rottami (v. esame Papaleo Ettore, PG 28.01.91).

Come si nota una nuova serie di contraddizioni di rilievo.

D'altronde anche i libici, con probabilità quando non erano controllati, scattavano fotografie come ricorda uno degli operai (v. esame Adriatici Gaspare, 10.01.91).

Che i libici avessero proceduto a riprese fotografiche e cinematografiche è confermato almeno per il periodo della Commissione di inchiesta dal noto Inzolia, il quale per l'occasione aveva ricevuto compiti di polizia militare e in tale veste doveva controllare le riprese e farsi consegnare i rollini e i caricatori delle apparecchiature di ripresa degli operatori che lavoravano, mentre la Commissione operava sui relitti, proprio presso di lui. Rollini e caricatori che poi, secondo gli accordi intercorsi tra Italia e Libia, dovevano essere consegnati agli ufficiali dell'Aeronautica Italiana, sviluppati da costoro e poi eventualmente consegnati ai libici. Sicuramente i libici avevano una cinepresa ed una, se non due, macchine fotografiche (v. interrogatorio Inzolia Vincenzo, GI 13.07.92).

Di questi filmati, di queste fotografie non s'è trovata più alcuna traccia. Richiesti i libici su queste circostanze, anche in questo caso non hanno nemmeno dato cenno di aver ricevuto la nostra richiesta.

3. La restituzione del relitto.

Dopo la restituzione della salma la restituzione dei rottami dell'aereo. Questa operazione prende le mosse da una nota verbale datata 4 agosto 80 dell'ufficio Popolare della Jamahirija Araba Libica Popolare e Socialista di Roma al Ministero degli Affari Esteri. In tale nota esplicitamente si dichiara che da parte loro è "intendimento procedere al recupero dei rottami... tuttora giacenti nella zona dell'incidente e dei suoi pezzi...raccolti nell'aeroporto di Ciampino". I libici ad appena diciassette giorni dal rinvenimento già sanno - o hanno buona immaginazione - che delle parti del velivolo sono state portate a Roma. Nello scritto si chiede poi di informare le autorità competenti per ottenere la necessaria autorizzazione, specificando un dettagliato programma di operazioni a partire dal 6 sino al 9 successivo.

Il piano merita di essere riportato integralmente:

"Mercoledì mattina 6/8/1980: Il trasferimento dell'elicottero libico, che attualmente si trova a Vergiate ed è del tipo Shyanuwuk, numero di riconoscimento CH20, pilotato dal cap. pilota Mustafa Krazah, con a bordo otto tecnici libici, all'aeroporto di Crotone, con un atterraggio a Frosinone per le forniture di carburante (già richiesto con nostra nota n.14/6/493).

- Un auto di trasporto si muove da Roma, con sei persone, tre della delegazione libica e tre dell'ufficio Popolare libico a Roma.

Mercoledì sera: una ricognizione della zona da parte dell'equipaggio dell'elicottero libico.

- Giovedì, venerdì, il 6-7 agosto 1980: lo svolgimento delle operazioni nella zona dell'incidente.

In relazione al piano suddetto ed al desiderio delle autorità militari italiane di accelerare le operazioni di recupero dei rottami dell'aereo libico, si prega l'urgente intervento di codesto Ministero al fine dei seguenti atti richiesti:

1) l'autorizzazione al suddetto elicottero libico di trasferirsi a Crotone e di muoversi tra Crotone e Casalsilano. (leggasi Castelsilano nde)

2) Il permesso a 14 persone di muoversi nella zona dell'incidente.

3) Nell'eventualità che le operazioni di recupero richiedessero il taglio di due o tre alberi dalla foresta per permettere l'atterraggio dell'elicottero.

4) Il permesso di fotografare le operazioni di recupero con una nostra cinepresa.

5) Il soggiorno del gruppo di recupero sarà a Crotone o Stella.

Durante i due giorni 7 e 8 agosto, tutti i pezzi ed i rottami del nostro aereo saranno portati all'aeroporto di Crotone.

Venerdì 9/8/1980: 1) Un C130 dell'Aeronautica libica arriverà a Crotone proveniente da Tripoli, per il trasporto dei rottami dell'aereo precipitato nella zona di Casalsilano (leggasi Castelsilano, nde), da Crotone fino a Benghazi.

Il C130 lascerà l'aeroporto di Crotone nella stessa giornata con a bordo tutti i rottami dell'aereo raccolti nell'aeroporto di Crotone (per il C130 verrà presentata una specifica richiesta di sorvolo ed atterraggio.

2) Il ritorno dell'elicottero da Crotone a Vergiate via Frosinone con a bordo tutti i membri del suo equipaggio ed i tecnici.(v. nota 04.08.80 - documenti inviati dallo SMA con nota SMA-0/4031/0.2 datata 08.11.90).

Il contenuto del piano dimostra una capacità di muovere mezzi militari - un elicottero pilotato da un capitano, già stanziato in Italia, un C130 e un veicolo per 6 persone, - militari e tecnici, sull'ordine della quindicina -, una possibilità di impegnare aeroporti ed aerovie; così come il tenore della richiesta dimostra una certezza di ottenere a tamburo battente risposte solo affermative.

L'indomani 5 agosto, lo SMA esprime il suo parere sulla richiesta libica. È un parere di nulla osta al recupero a cura del personale libico, ma di dubbio sulla fattibilità tecnica delle operazioni a mezzo elicottero. Si esclude la partecipazione diretta di tecnici AM eccetto che per la fase finale di smontaggio delle parti recuperate, se richieste. Si propone da ultimo che tutte le operazioni siano seguite dai Carabinieri (v. messaggio 05.08.80, documenti trasmessi con nota SMA-0/4031/0.2 del 08.11.90).

Il 7 i libici chiedono di compiere sopralluogo. Sono otto persone; sono al comando del colonnello Tohami; si trovano già a Crotone.

Quello stesso giorno il Gabinetto della Difesa chiede alla Procura di Crotone di voler comunicare eventuali vincoli alla rimozione dei rottami (v. messaggi in data 07.08.80, documenti trasmessi con nota SMA sopra menzionata).

L'8 agosto sempre il Gabinetto della Difesa richiede al Ministero degli Affari Esteri di conoscere il programma dettagliato delle operazioni con particolare riferimento ai movimenti orari e ai mezzi impiegati (v. messaggio 08.08.80, documenti trasmessi dallo SMA con la nota sopra specificata).

Il 27 successivo il Ministero degli Esteri comunica i nominativi dei libici deputati ad effettuare il sopralluogo e degli italiani che li ausilieranno. Questo elenco risulta da una nota verbale allegata datata 26 agosto. Gli italiani sono certi Cacciatori della ditta C.A.T. di Monterotondo, certo Mancini di una ditta omonima, certo Corrado della ditta Pascucci, certo La Caita della ditta Polarica, certo Argento della ditta F.lli Argento di Catanzaro, e il rappresentante della Fiat. I libici il tenente colonnello Tuhami Mahmud e il capitano El Werfalli Abdulgalil. (v. nota verbale allegata alla lettera del MAE in data 27.08.80, trasmessa dallo SMA con la nota sopra specificata).

Il 28 il Gabinetto della Difesa comunica al Ministero degli Affari Esteri l'autorizzazione al sopralluogo, e il 29 allo SMA e ai Carabinieri l'autorizzazione ad accordi diretti sulle modalità di sopralluogo (v. messaggio del 29.08.80, trasmesso con la nota SMA sopra specificata).

Il 30 avviene il sopralluogo. Per l'AM partono da Guidonia due ufficiali del 2° Reparto, il tenente colonnello Di Viccaro Emanuele e il capitano Benedetti Luigi. Per i libici i due sopra specificati, Tuhami e El Werfalli. L'incontro avviene a Crotone. Il sopralluogo si effettua dapprima sulla parte alta della collina, quindi si raggiunge la parte bassa. A questa seconda ispezione partecipano solo i rappresentanti della ditta Corea Impex ed Elifriuli, giacchè gli altri hanno ritenuto sufficiente l'osservazione dalla parte alta. I rappresentanti delle varie ditte si riservano di presentare entro il 3 settembre i preventivi, non riferendo alcun particolare sulle modalità del recupero. Solo il rappresentante dell'Elifriuli operante per la Corea Impex confida all'ufficiale AM che i tempi di recupero sono valutabili sui 10 giorni e che per le operazioni potrebbero impiegare un proprio elicottero (v. appunto per il C.U. allegato al messaggio datato 02.09.80, trasmesso con la nota SMA sopra specificata).

Il 3 settembre l'ufficio Popolare libico comunica che è stata prescelta la Corea Impex, che trasporterà i resti dell'aereo per mezzo di un elicottero tipo SA 360 Dauphin della società Elifriuli sino ad un camion che a sua volta provvederà al trasporto all'aeroporto di Ciampino (v. nota verbale allegata al telespresso del Ministero degli Affari Esteri datato 04.09.80, trasmesso con la nota SMA sopra specificata).

Il 5 successivo il Gabinetto della Difesa esprime il suo nulla osta al recupero da parte della Corea Impex per conto delle Autorità libiche. Fornisce però precisazioni sulla presenza di un osservatore dell'AM; vieta riprese video cinematografiche e fotografiche delle operazioni, impone la vigilanza militare nella zona sino allo sgombero completo dei resti del relitto (v. messaggio 05.09.80, trasmesso dallo SMA con la nota sopra specificata).

Il 9 settembre la Corea Impex rinuncia al recupero - certo per effetto delle minacce di natura mafiosa di cui s'è detto. Quindi nuovo sopralluogo e infine la nota dell'ufficio Popolare che comunica la designazione della ditta Argento di Gizzeria Lido.

Il 26 settembre cominciano le operazioni di recupero; il 30 seguente i lavori sono finiti (v. messaggio 30.09.80, trasmesso dallo SMA con la nota sopra specificata).

Di rilievo per il dettaglio di queste operazioni l'appunto che il 15 ottobre il tenente colonnello Enzo Somaini del 2° Reparto redige quale ufficiale osservatore per l'AM per il Sotto Capo di Stato Maggiore. Merita di essere riportato integralmente:

"1.Il giorno 24.9.1980 presso l'hotel "La Roccia" di Cerenzia (CZ) si sono incontrati il rappresentante libico capitano Abdel Galil Ahmed El Werfalli assistito dal dott. Elwusadi Ahmed Gatesh ed i rappresentanti della Ditta "Argento" alla presenza del sottoscritto, del capitano Agostino Galati comandante la Compagnia CC. di Cirò Marina e del brigadiere Antonio Forte comandante stazione CC. di Caccuri.

L'incontro preliminare al recupero del velivolo aveva lo scopo di mettere a punto le modalità ed i tempi per l'operazione. Per quanto concerne i tempi, la controversia nata tra i rappresentanti della ditta ed i libici in merito alla data di inizio dei lavori è stata rapidamente sanata con l'impegno dei primi a rispettare i termini del contratto.

Per le modalità di recupero i fratelli Argento hanno presentato il seguente programma:

-apertura di una strada, preesistente ma abbandonata, sino al posto valle del costone luogo dell'incidente;

-rotolamento a valle per spinta e caduta dei rottami del velivolo;

-frazionamento dei rottami più voluminosi con mezzi meccanici;

-trasporto dei rottami tramite pala meccanica cingolata sino ad un campo nelle vicinanze della strada asfaltata;

-costruzione sul luogo di casse da imballaggio su misura;

-riempimento delle casse con i pezzi frazionati del velivolo;

-caricamento delle casse su due camion con apposita gru di sollevamento;

-trasporto sino a Roma-Ciampino.

Successivamente accettato il programma dei rappresentanti libici dallo scrivente e dal capitano dei CC., i partecipanti al colloquio si sono recati sul luogo dell'incidente per poter accertare l'esistenza della strada già menzionata.

2.Il giorno 26.09.80 alle ore 05.30 sono regolarmente iniziati i lavori di recupero che si sono protratti sino alle 24 del giorno 30.09.80. Per l'operazione è stato impiegato personale e mezzi reperiti dalla ditta Argento sul posto. Le operazioni di recupero si sono svolte regolarmente senza alcun incidente seguendo in linea di massima il programma stabilito nella giornata del 24.09.80. Unica eccezione è stata rappresentata dal caricamento su camion della cassa contenente la parte centrale fusoliera/ala per la quale si è reso necessario l'intervento dei Vigili del Fuoco di Crotone.

3.Al termine dei lavori la ditta Argento ed i rappresentanti libici hanno redatto congiuntamente il verbale.

4.Lo scrivente dopo la partenza dei camion per Ciampino accertatosi che tutto il materiale fosse stato recuperato, ha provveduto a rimuovere i posti di guardia esistenti sul luogo.

5.Nell'espletamento dei suoi compiti, per tutta la durata dell'operazione lo scrivente è stato coadiuvato dal personale militare. Si tiene a sottolineare che tutto il personale militare presente si è comportato in maniera encomiabile dimostrando piena disponibilità, generosità, collaborazione, senso del dovere e spirito di sacrificio.

6. In allegato "F" si riporta la lettera di ringraziamento della società C.E.L.M.A. (Consulenze Economico Legali per il Mondo Arabo).

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