Per effetto di accordi intercorsi tra lo Stato Maggiore dell'Aeronautica e l'Ambasciata della Jamahirija Araba Popolare Socialista di Libia, - come s'apprende da un messaggio dello stesso SMA, firmato "d'ordine il capo del 3° Reparto generale Melillo", al Gabinetto del Ministero della Difesa, messaggio datato 24 luglio 80 -, a pochissimi giorni dal rinvenimento dell'aereo fu costituita una Commissione d'indagine mista sull'incidente, cioè di militari italiani e libici. Per parte italiana il colonnello Sandro Ferracuti, del 36° Stormo, in qualità di presidente; il tenente colonnello pilota Enzo Somaini di Stataereo; il tenente colonnello Alberto Grassini di Aerispelog, sostituito l'indomani dal maggiore Massimo Magistrelli, Capo Sezione degli Affari Giuridici e funzionario del 5° ufficio del 5° Reparto dello SMA; il colonnello CSA Ferdinando Monesi, di Ricercaereo; il capitano pilota Pasquale Preziosa del 36° Aerostormo; il capitano del Genio Aeronautico Claudio Scura. Membri libici: il tenente colonnello Mahmud Eltuhami, esperto tecnico; il tenente colonnello pilota Ashur Murik, esperto tecnico; il maggiore Faez Abdul Baki, esperto tecnico, il capitano ingegnere Abdul Gialil El Warfalli, esperto tecnico.
Alla Commissione fu affidato il compito di stabilire le cause che avevano determinato l'incidente "in aderenza alla normativa nazionale applicabile". La Commissione effettuò la prima riunione e il sopralluogo nella zona dell'incidente lo stesso 24 luglio, data del telegramma. Tenne riunioni il 25, 26, 28, 29, 30, 31 luglio, il 1°, 20, 21 e 22 agosto. A conclusione redasse relazione dal titolo "Documentazione Tecnico Formale. Incivolo velivolo libico MiG23 MS. 18 luglio 1980 - Cap. Pil. Ezzeden Khalil. Timpa delle Megere presso Castelsilano (CZ)", in due volumi, sottoscritti da tutti i membri italiani e da un solo membro libico, il capo delegazione, Mahmoud El Tuhami.
Un primo capitolo è dedicato ai "fatti". In esso si susseguono una descrizione succinta dell'incidente; la descrizione del volo - 1. programmazione, 2. pianificazione, 3. esecuzione, 4. fase precedente il primo inconveniente. 5. fase successiva al primo inconveniente fino all'incidente, 6. avvenimenti che seguirono l'incidente -; le condizioni meteorologiche ed ambientali; l'assistenza fornita all'aeromobile - 1. assistenza disponibile ed efficiente, 2. assistenza utilizzabile, 3. allertamento ed intervento del soccorso -; le comunicazioni e loro funzionamento, i danni prodotti al suolo.
Il capitolo successivo è dedicato all'"analisi dei fatti". In esso vi sono paragrafi concernenti: a. informazioni sull'aeromobile - velivolo, motore, precedenti del velivolo e del motore -; b. l'esame del materiale di volo - ubicazione del relitto e tracce al suolo, deduzioni, condizioni del relitto -; c. dichiarazioni testimoniali - relazione dell'ufficio Operazioni della base aerea di Benina, relazione del servizio di contatto del traffico aereo, relazione del pilota gregario, relazione del servizio di controllo del traffico aereo italiano, testimonianze, considerazioni -; d. l'equipaggiamento antincendio; e. informazioni sull'equipaggio - precedenti professionali e qualifiche, carattere ed abitudine di vita, condotta di vita nelle 24 ore di vita precedenti, precedenti sanitari, necroscopico e risultanze -; f. esame della condotta di volo.
L'ultimo capitolo contiene le conclusioni. Dapprima la sintesi degli elementi essenziali che si riportano integralmente:
"1) Il pilota ed il velivolo erano idonei al volo.
2) Il volo, regolarmente programmato dall'ufficio OPS di Base, è stato correttamente pianificato dal pilota.
3) Le ottime condizioni meteorologiche sull'intera area, la funzionalità sia delle radio e radar assistenze che dei sistemi di comunicazione, la presenza di un gregario consapevole della situazione anomala, portano ad escludere la possibilità di un errore di navigazione.
4) La condotta del volo è stata aderente a quanto programmato, nella sua fase iniziale. Successivamente, si evidenzia un comportamento del pilota via via più anomalo, non in accordo a quanto pianificato ed incoerente, culminato in uno stato di assenza totale di azioni e reazioni a stimoli esterni.
5) Il velivolo, lasciato il territorio libico su rotta 330° circa, è entrato nello spazio aereo italiano, senza contattarne gli Enti di controllo, impattando successivamente al suolo con prua intorno Nord, bassa velocità e basso angolo d'impatto. L'incidente causava la morte del pilota e danni di limitata entità alle colture. L'orario dell'impatto può essere fissato, con qualche incertezza, in un'ora non anteriore alle 11.14.
6) La caduta del velivolo è da attribuire allo spegnimento del motore, avvenuto in alta quota e causato dall'esaurimento del combustibile.
7) La configurazione "clean" del velivolo e l'avvenuto "flame out" fanno escludere ogni ipotesi di volo intenzionalmente pianificato fino all'area dell'incidente, con successivo rientro.
8) Dalla configurazione del velivolo al momento dell'impatto si può escludere un tentativo di atterraggio fuori campo.
9) Da un esame del seggiolino e del tettuccio eiettabili sembra sia da escludere l'ipotesi di un tentativo di lancio.
10) Dai risultati dell'autopsia la causa del decesso del pilota è da attribuire all'impatto con il suolo. È escluso il decesso in volo. Non è stato possibile ricavare elementi che portino ad ipotizzare o ad escludere con certezza problemi fisiopsichici insorti durante il volo.
11) Gli esami di laboratorio effettuati su parti dell'impianto ossigeno, stante lo stato dei reperti disponibili, non hanno fornito indicazioni di rilievo".
Seguono le ipotesi possibili. In primo luogo l'affermazione che i motivi che hanno portato il velivolo così lontano dalla propria base - ferma restando la causa ultima dell'incidente e cioè lo spegnimento del motore per esaurimento del carburante - oltre la sua autonomia massima, su una rotta non programmata, non possono essere stabiliti con certezza. Tuttavia, continuano gli italiani e i libici, una serie di circostanze, quali il comportamento anormale e non aderente alla pianificazione, tenuto dal pilota durante il volo prima dell'ultimo riporto, la mancanza di evidenze di azioni compiute nella successiva fase di volo, la mancanza di tentativi di entrare in contatto con enti ATC italiani, la mancanza di tentativi di atterraggio fuori campo e di lancio dopo il flame out, inducono ad ipotizzare uno stato di progressiva perdita di coscienza da parte del pilota, attribuibile a fattori fisio-patologici, non ulteriormente precisabili, stanti gli esiti dell'autopsia e delle analisi di laboratorio effettuate. La Commissione procede infine alla ricostruzione completa della successione degli eventi sulla base degli elementi certi e delle ipotesi formulate e alla identificazione dei "fattori causali"
"Il pilota decollato per una normale esercitazione ad alta quota; sul punto di riporto "A" ha mostrato i primi segni di comportamento anomalo, perdendo una grande quantità di quota inspiegabilmente; è, quindi risalito ed ha proseguito la navigazione fino al punto "B" dove si è verificato il secondo inconveniente (nuova perdita di quota, anche se di entità minore della precedente).
Dopo questo, nei 5' di navigazione verso il successivo punto "C" il pilota ha mostrato altri inconvenienti, quali navigazione scorretta ed alternanza di risposte corrette e risposte incoerenti alle chiamate radio, culminate nel silenzio e nell'inserimento dell'autopilota.
Il pilota successivamente non è più intervenuto sui comandi e non ha più risposto alle chiamate radio mentre l'autopilota ha mantenuto il velivolo alla quota selezionata inizialmente.
La registrazione del volo sul "flight recorder" si arresta dopo 80' dal decollo.
Il passaggio dell'ultima parte della pellicola mostra il motore spento alla quota di 10km.
Successivamente il velivolo ha perso quota e velocità fino all'impatto (tale fase non è registrata sul "flight recorder").
Il fattore cui, con ogni probabilità, va ascritta la causa prima dell'incidente in oggetto è la progressiva perdita di coscienza da parte del pilota.
Tale perdita di coscienza può essere genericamente attribuita ad una azione patologica di natura non meglio precisabile.
Il "flame-out" e la conseguente caduta del velivolo sono stati naturalmente causati dall'esaurimento del combustibile, al termine dell'autonomia di volo".
Il presidente della Commissione, il generale Ferracuti, esaminato ha dichiarato di aver desunto l'ipotesi di rotta del MiG dalle dichiarazioni dei libici e dalle registrazioni del Flight Recorder. Secondo Ferracuti questa apparecchiatura sarebbe stata esaminata, dopo essere stata estratta dal velivolo, presso i laboratori del Reparto Sperimentale di volo a Pratica di Mare verso la fine di luglio. Da questo esame sarebbero stati desunti i parametri di volo per circa 80 minuti; in seguito il trascinamento era apparso interrotto per una durata di tempo non potuta determinare; quindi dopo la ripresa del trascinamento ci sarebbero stati dati attendibili per una decina di secondi; infine dati senza attendibilità per la deformazione della pellicola a causa di errato trascinamento. Nel Flight Recorder non erano registrati nè i dati di prua nè la data di registrazione. I libici non sarebbero stati presenti alla interpretazione dei dati del Flight Recorder; avrebbero però fornito informazioni per interpretare correttamente o confermare l'interpretazione dei dati.
I libici avevano portato le registrazioni radio, ma non i nastri bensì solo il testo trascritto con più omissioni definite "restricted operational data".
L'impatto del velivolo sarebbe avvenuto "di muso". Non era stato possibile accertare il punto esatto, ma comunque a monte dei vari tronconi. La prua al momento dell'impatto era circa Nord.
Il velivolo, sempre secondo Ferracuti, non aveva serbatoi, nè recava evidenza di sganciamento di serbatoi. Sulla parte mobile delle ali non c'erano pylon, nè evidenza di eiezioni. Sulla parte fissa v'era soltanto il pylon dry per armamento, bomba o missile; in questa configurazione sarebbero stati necessari anche i launcher, nel caso in questione però assenti. Sulla fusoliera poi c'erano parti dei due pylon laterali, anch'essi dry, e del pylon centrale, wet, ma senza traccia di serbatoio o di una sua eiezione in volo.
Al momento in cui la Commissione operava tutte le parti sarebbero state in loco, ad eccezione di quelle più importanti come il già detto Flight Recorder, la maschera e il regolatore di ossigeno, il seggiolino ed altre (v. esame Ferracuti Sandro, GI 03.10.90).
A maggiore specificazione il Ferracuti in un successivo esame ha precisato che la traiettoria del MiG era stata dedotta dalla disposizione dei rottami del velivolo, dall'orientamento del canalone della Timpa delle Magare, dalle testimonianze, da un indicatore di prua recuperato tra i rottami. Ma non solo; si tenne conto anche delle indicazioni fornite dai libici, secondo le cui dichiarazioni quando l'aereo "andò in pilota automatico" aveva rotta 330° fino alla scomparsa dagli schermi radar, e secondo la cui documentazione radar appariva una rotta a poco meno di 340°.
Ai libici non furono mosse contestazioni sull'orario - secondo la loro versione, ed in particolare secondo il loro orario di decollo, l'incidente era avvenuto alle 11.14; secondo i nostri testimoni sarebbe avvenuto tra le 10.30 e le 11.00 -; sul fatto che era avvenuto di venerdì e quindi di giorno festivo; che quel 18 luglio 1980 cadeva di Ramadan; che potesse trattarsi di fuga, - ipotesi solo "adombrata" da parte italiana, secondo Ferracuti -; sui mancati allertamenti delle Fir di Malta e di Roma; sul carburante del gregario, in quantità di gran lunga inferiore a quella di cui avrebbe disposto il nostro, che secondo gli italiani, e ovviamente i libici, aveva i serbatoi colmi con 5200kg di carburante (ma ai piloti delle basi sul Mediterraneo se ne concedevano molte meno, proprio per evitare le tentazioni); sulla possibilità che la ricostruzione dei dati del FDR fosse stata effettuata sulla base delle consultazioni dell'FDR del gregario. Erano state contestate soltanto la mancata intercettazione e la mancata consegna delle registrazioni TBT e bordo/bordo - su cui i libici opposero il segreto per di sicurezza. In vero, conclude Ferracuti, "per ragioni di opportunità non era stato possibile mettere in dubbio la veridicità di ciò che ci veniva prospettato ... le finalità della Commissione italo-libica erano esclusivamente quelle di accertare le modalità del sinistro per scopo di prevenzione. Di conseguenza, in quella sede, noi non eravamo tenuti ad accertare ciò che veniva affermato dai libici, in quanto principali interessati".
Ferracuti ha dichiarato infine di non essere a conoscenza del documento, di cui s'è già detto "Considerazioni sulla tesi libica", apparentemente finalizzato ad uso interno della Commissione, pur riconoscendo che alcune delle questioni prospettate nel "memorandum" coincidono con dubbi insorti all'interno della parte italiana di quella Commissione. Esclude pressioni sia per chiudere con celerità l'affare, sia per chiuderlo secondo determinate modalità (v. esame Ferracuti Sandro, GI 14.11.90).
In effetti tali conclusioni del Ferracuti contrastano con quanto detto prima. Non era stato possibile fare contestazioni; per ragioni di opportunità non era stato possibile mettere in dubbio la veridicità delle parole dei libici; non si potevano verificare le affermazioni dei libici. L'"affiatamento" era totale. Non v'era alcun bisogno di pressioni. Ovvero ve ne erano state tante, e Ferracuti non vuole confessarlo o peggio ancora non se n'è accorto, che l'adesione al volere dei Libici è stata completa.
È stato sentito poi della Commissione il tenente colonnello Preziosa, componente come membro di sicurezza volo e come tale abilitato ad investigare su incidenti. Egli avrebbe dovuto determinare in tale veste le cause della caduta del velivolo.
Egli ricorda che fu stabilita come causa l'esaurimento del carburante e quindi il flame-out o spegnimento del motore dell'aeromobile. Precisa quindi che questo velivolo ha serbatoi interni contenenti 5200 chilogrammi di carburante. Con tale quantità e in funzione della velocità e della quota fu ritenuta ragionevole una durata massima di volo di 90 minuti e quindi a una velocità di .95, come s'era dedotta dall'FDR, la distanza che poteva essere percorsa da quel velivolo sino all'esaurimento del carburante era di 800 miglia.
Il velivolo non aveva serbatoi subalari esterni. C'erano i travetti, ma non c'erano evidenze che i travetti fossero allestiti per il trasporto dei carichi. L'impatto era avvenuto "di muso". La parte anteriore aveva urtato in un determinato punto del costone, rilevato a vista. Quindi l'aereo s'era diviso in più parti scivolate a valle, giacchè nel punto di impatto la pendenza era sul 40%. La parte posteriore, quella del motore, era intatta. Il motore in particolare non presentava danni rotazionali, segno che era già fermo al momento dell'urto.
C'erano, sia sul velivolo che sul cono di caduta, tracce modeste d'incendio, tipiche di velivolo senza carburante. Qualche traccia su una parte di un'ala; solo uno dei due pneumatici principali s'era incendiato. Anche le sterpaglie circostanti erano bruciate limitatamente (v. esame Preziosa Pasquale, GI 03.10.90).
È stato sentito quindi il colonnello Somaini del SIOS Aeronautica, pure egli componente della Commissione mista come esperto Intelligence. Ha riferito che il Flight Data Recorder fu esaminato a Pratica di Mare. Non ricorda però alcuna circostanza di rilievo. Non ricorda se questo Recorder registrasse i dati di prua, nè ricorda se riportasse la data. Non ricorda se all'esame fossero presenti o meno i libici. Non ricorda se furono compilati verbali di consegna e di altre operazioni a Pratica di Mare. Non ricorda di aver visto una relazione scritta nè se furono compilati verbali delle sedute della Commissione.
Ricorda soltanto di aver visto la pellicola; cioè la "strisciata", e ritiene che i risultati dello sviluppo siano stati portati in Commissione dal capitano Scura.
Non sa se il FDR sia stato restituito ai libici. Costoro erano interessati al cannone che in un primo tempo non si trovava, ma che poi fu rinvenuto conficcato nel terreno. Ricorda che l'aereo aveva un solo travetto, forse sull'ala sinistra, ma che mancava la parte di congiunzione tra tale elemento e il sistema d'armamento.
La lingua concordata per i lavori della Commissione doveva essere l'inglese, ma nel corso dei lavori in considerazione del fatto che i libici comprendevano bene l'italiano, mentre non tutti gli italiani capivano bene l'inglese, si usarono entrambe, l'italiano e l'inglese (v. esame Somaini Enzo, GI 03.10.90).
Della Commissione è stato escusso anche il colonnello Monesi che ha riferito circostanze d'interesse sul pilota. Egli non ha mai esaminato la salma di costui, giacchè quando ha compiuto i sopralluoghi nella zona di caduta del MiG la salma era già stata traslata. Aveva appreso che era stata certamente tumulata, quindi in un momento successivo riportata alla luce per essere sottoposta ad autopsia ed infine restituita alla Libia con tutti gli onori.
Durante i lavori aveva preso visione di un pacchetto di fotografie a colori del cadavere, fotografie scattate, ritiene, dai Carabinieri. Sempre nel corso dei lavori aveva appreso dai libici che quel pilota aveva compiuto una esercitazione la mattina di mezz'ora - quaranta minuti. Era stato poi visitato da un medico jugoslavo che lo aveva trovato in condizioni idonee al volo. Infine s'era levato per il volo in questione, in cui sarebbe rimasto vittima di un "malore".
Non ricorda però se i libici parlarono della colazione del pilota. I piloti, riferisce, devono fare un'abbondante colazione prima dei voli, una colazione cioè di tipo anglo-sassone, giacchè un pasto del genere al mattino aiuta a sopportare meglio le accelerazioni da volo, l'affaticamento con conseguente ipoglicemia, il mal d'aria (v. esame Monesi Ferdinando, GI 03.10.90).
Infine il maggiore Scura, sentito più volte, giacchè in quella Commissione egli ebbe, come membro tecnico, incarico di rilievo, quello cioè di decodificare le tracce dell'FDR del velivolo libico. Le sue dichiarazioni sono di rilievo al pari della sua funzione nell'ambito della Commissione. Vale perciò la pena di riportarle quasi integralmente.
L'operazione di decodificazione, innanzi tutto, fu compiuta presso il Reparto Sperimentale di Volo di Pratica di Mare - si ricordi che le sedute della Commissione, a parte i sopralluoghi, si tenevano nel Palazzo Aeronautica. Personalmente il teste ha smontato l'FDR dal pannellino situato sulla deriva del velivolo; personalmente l'ha portato a Pratica di Mare; con l'ausilio di personale tecnico ha provveduto a svilupparlo.
Si trattava di una pellicola commerciale. Su di essa c'erano i parametri caratteristici del volo, come quota, velocità, numero di giri del compressore del motore, il fattore di carico verticale, più una serie di eventi on/off e cioè inserito/disinserito.
Durante le operazioni di sviluppo i libici non erano presenti. Lo sviluppo fu portato in Commissione e in quella sede con l'ausilio delle informazioni fornite dai membri libici, si poté quantificare i parametri. La prua non era tra i parametri, così come non v'era supporto che consentisse di inserire il parametro della data.
A contestazione del fatto che dalle registrazioni di volo risulta che i parametri registrati di continuo siano cinque più quello on/off, mentre egli ne ha enunciati solo quattro - quota, velocità, numero di giri del compressore del motore, fattore di carico verticale - egli risponde che ad ogni traccia, con l'aiuto dei libici, fu attribuito un parametro, poi quantificato. Non fu però redatto alcun verbale, nè relazioni, in cui fossero state riportate le attribuzioni dei parametri alle singole tracce. Non ricorda nemmeno se trascrisse le tarature fornite dai libici. Ricorda comunque che il quinto parametro fu identificato. Invitato dal PM a riferire quale potesse essere stato questo quinto parametro, se non la prua, testualmente: "mi viene in mente, ad esempio quello di accelerazione orizzontale".
Questo sviluppo venne compiuto subito dopo che i libici avevano portato le tarature. Invece le trascrizioni delle comunicazioni radio sono state effettuate in un momento successivo, qualche giorno dopo che avevano avuto modo di prendere visione dello sviluppo del FDR. Le registrazioni, in arabo, furono ascoltate e via via tradotte dai libici. Non ricorda però come costoro si comportarono dinanzi alle parti che furono coperte da segreto. Lo Scura non aveva mai visto il dattiloscritto delle trascrizioni, bensì solo delle manoscritture (v. esame Scura Claudio, GI 03.10.90).
Il teste produce in un successivo esame le tarature dei parametri fornite dai libici. Si nota così che le tarature sono quattro e cioè quelle relative alla velocità, alla quota, ai giri del compressore del motore e al fattore di carico. Manca la quinta taratura.
Scura esibisce anche un rapporto di analisi nel quale egli riferisce sull'esame di due "reports" sul filmato del Flight Recorder, reperto con ogni probabilità proveniente da Aeronautiche o Servizi di altri Paesi.
Il primo "report", sebbene esprimesse i risultati di un esame parziale, mostrava un contenuto in accordo con quanto riportato nella relazione finale sull'incidente. E cioè in particolare che: "1. l'inserimento del "Flight Recorder" e l'inizio della registrazione era avvenuto con velivolo al suolo; ove era registrato l'avviamento motore, il rullaggio e il decollo; 2. dopo il decollo, prima del "crash", il velivolo aveva inizialmente manovrato usando il post-bruciatore diverse volte e successivamente aveva proseguito il volo in condizioni stabilizzate di crociera; 3. il film prima della sua fine si era arrestato per un tempo lungo non ben quantizzabile; 4. il film era terminato in volo prima del "crash" e quindi tale fase di volo non era stata registrata."
Il secondo "report", senza numero nè data, era invece incompleto, giacchè ne era riprodotto solo il punto 4. Si concordava sull'interpretazione dei risultati di cui ai punti 4A e 4B, mentre si dissentiva sulla conclusioni dei restanti punti, 4C, 4D e 4E. In questi punti infatti si asseriva che: 1. la registrazione del film era iniziata ad un certo punto del volo non ben definibile (4C(1)) ed i primi dati disponibili indicavano il velivolo in volo a bassa quota e ad alta velocità (punto 4D (1)); la fase di volo relativa all'impatto era registrata e prima del "crash" le condizioni di volo erano regime motore massimo e velocità bassa vicina alle condizioni di stallo (punti 4E(1), (B), (C) e (D)).
L'erronea analisi della pellicola, secondo Scura, e le relative conclusioni non corrette potrebbero essere giustificate solo nel caso che l'esame della pellicola fosse stato effettuato in senso contrario al reale svolgimento del volo. Ciò avrebbe portato a "non identificare" l'esatta fase di volo alla quale era iniziata la registrazione dei parametri e a scambiare come "crash" la fase di decollo, il che avrebbe condotto alla condizione limite che il "Flight Recorder" avesse funzionato ancora dopo il "crash" per un tempo corrispondente, nella corretta interpretazione, al rullaggio e al decollo (v. allegato all'esame di Scura Claudio, GI 13.10.90).
Esaminato per una terza volta con l'assistenza dei periti d'ufficio, Scura ha riferito i seguenti particolari. Il parametro dei giri, nel filmato in questione, è in basso e diviene tratteggiato allorché s'inserisce l'autopilota. Nelle fotografie manca la parte superiore tratteggiata che rappresenta la linea di riferimento. Nelle linee di registrazione sono presenti dei marker di identificazione secondo un codice particolare indicato nella relazione. L'originale del rotolino era stato inviato al SIOS e non era più disponibile agli atti. Egli aveva lavorato su una copia a contatto non più disponibile agli atti. Le tarature di "NX" e "delta e" al tempo delle analisi, non furono prese in considerazione.
Non ricorda se furono richieste ai libici i dati relativi al peso iniziale del velivolo. Il carburante imbarcato risultava 5200 galloni, sempre a detta dei libici. Non sa dare una risposta sulla divergenza nell'orario di decollo, quale risulta dalle comunicazioni audio Benina Twr e Nemer - ore 9.44 - e dal documento - ore 9.54.
Non sa dare una spiegazione, perché non esperto di navigazione, sulla ipotizzata variazione di rotta del velivolo dall'ultimo punto di rilevamento radar libico al punto di impatto. Ricorda che un calcolo sul punto di flame-out fu compiuto, ma non ne ricorda i risultati. Il calcolo non fu riportato nella relazione. Si stimò tecnicamente possibile che il velivolo arrivasse sul luogo dell'incidente in volo planato. Non fu però posizionato geograficamente il punto di flame-out. Dall'esame del Flight Recorder aveva potuto dedurre che il motore fosse spento e girasse a velocità di "windmilling", e che fosse rimasta inserita la funzione di "trim" (sforzo di barra nullo). Non ricorda i dati relativi alla efficienza dell'aereo in planato, pure calcolati. Sulla quantità di carburante non riteneva che fosse superiore a quella del gregario (v. esame Scura Claudio, GI 14.01.91).
Nella Commissione fu inserito anche il maggiore Magistrelli in sostituzione del tenente colonnello Grassini. Magistrelli era capo-sezione degli Affari Giuridici e funzionario del 5° ufficio del 5° Reparto dello SMA. Non aveva perciò alcuna competenza necessaria in quella inchiesta. Anche lui non ha mai compreso la ragione per cui fu designato in quella Commissione. Partecipò alle sedute "in maniera passiva e discontinua". Alla fine dei lavori il presidente Ferracuti gli chiese un parere su eventuali responsabilità penali e civili del pilota libico. Compilò una relazione, che però, probabilmente, non fu presa in alcuna considerazione, al punto tale che non fu nemmeno allegata agli atti (v. esame Magistrelli Massimo, GI 16.11.93).
Oltre quanto già rilevato, i risultati della Relazione di questa Commissione apparivano, in alcune delle risultanze principali, anche per altri versi poco credibili.
In primo luogo sul fatto che quel giorno, il 18 luglio venerdì, si potessero tenere esercitazioni in Paese mussulmano. Questo fatto che qualunque buon conoscitore di regole e costumi islamici non porrebbe mai in dubbio, è accettato senza alcuna contestazione dalla parte italiana. Ma v'è di più: sono stati sentiti molti piloti dell'ALI, la società che addestrava i militari dell'Aeronautica Militare libica. Tutti hanno confermato che il venerdì ogni attività sui campi di aviazione in Libia era sospesa. Il venerdì è, per la locale religione, giorno festivo e quindi è di rigore la sospensione di ogni attività, in particolare l'attività di addestramento. (v. rapporto DCPP 224/7606, 21.05.91).
Altra circostanza - ove si fosse riusciti a superare, ma non s'immagina come, questa rigorosissima regola religiosa - che rendeva del tutto incredibile quel volo era l'orario in cui esso sarebbe avvenuto. La parte italiana accetta come orario di decollo addirittura qualche minuto alle 10 locali (per l'esattezza h.09.54L). Non si riesce a comprendere, e l'esperienza dei piloti ALI conferma anche questa circostanza, come fossero possibili attività a quell'ora, in cui la temperatura raggiunge dei livelli così alti da impedire in pratica qualsiasi attività umana. E in effetti quei piloti italiani che avevano lavorato in Libia hanno attestato che l'attività aviatoria si svolgeva di mattino presto o al tramonto.
Non solo: quell'anno il Ramadan copriva proprio quel periodo, cioè quel 18 luglio cadeva nel Ramadan. E durante il Ramadan le capacità fisiche e psichiche, per l'obbligo del totale digiuno, decadono ai minimi. In quel periodo - è sempre l'esperienza dei nostri piloti istruttori in Libia che testimonia le particolari condizioni dei mussulmani in quel tempo - l'attività di addestramento si riduce di molto. In effetti i piloti devono osservare precise regole di alimentazione; tra cui quelle di assumere, come s'è detto, una abbondante colazione di tipo anglosassone al mattino per sopportare accelerazioni, affaticamento e mal d'aria. I piloti, in effetti nel Ramadan, si presentano in condizioni fisiche sommamente menomate per il digiuno. Al punto tale che probabilmente, almeno per gli allievi che operano nel pomeriggio, vi sono deroghe al divieto d'ingestione dei liquidi, perché altrimenti alle temperature della Libia non sarebbe assolutamente possibile operare.
Già la domenica appare sacrosanta per gli Occidentali; immaginiamo il venerdì per gli Islamici. Di conseguenza quella esercitazione appare del tutto inattendibile. A quell'ora, di venerdì, nel Ramadan. Non era assolutamente possibile, per ragioni di clima e di religione. Solo chi non ha esperienza di Paesi musulmani poteva crederci. Non si riesce a capire come vi abbia potuto credere la parte italiana di quella Commissione mista. A meno che, come da più parti risulta, dovesse crederci.
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