La ricostruzione dell'intervento del S.I.S.MI nella vicenda della caduta del velivolo libico sulla Sila, come per quella del DC9 Itavia, è stata difficile. Causa delle difficoltà sono stata, come usuale, il ritardo e l'omissione della trasmissione al Giudice di documenti concernenti la vicenda custoditi agli atti del Servizio.
Come si è già avuto modo di rilevare, nel giugno 87 il S.I.S.MI ad una richiesta dell'ufficio si limita a riferire che "in merito all'incidente occorso al MiG23 libico precipitato sui monti della Sila, nulla risulta a questo Servizio, oltre alla documentazione ufficiale trasmessa in copia dallo Stato Maggiore Aeronautica - 2° Reparto" (v. missiva S.I.S.MI 30.06.87). Al contrario saranno invece acquisiti numerosi documenti e informazioni inediti che non hanno trovato alcun riscontro tra quelli del SIOS/A.
Il tentativo del Servizio di occultare una parte rilevante della documentazione di notevole interesse verrà alla luce nel momento in cui questa AG con più provvedimenti ha ordinato (nonostante tutte le precedenti assicurazioni, secondo cui gli archivi del S.I.S.MI non contenevano nulla di interesse e di rilievo per l'inchiesta) l'esibizione di tutta la documentazione concernente la vicenda del MiG.
Si ricordano le annotazioni di D'Eliseo, capo dell'ufficio del Direttore del Servizio, apposte sull'appunto del 23 luglio 80, relativo all'autopsia del pilota libico, del tenore già noto: "Sì per SIOS/A progetto Notarnicola/Tascio ore 19 del 23/7/80". Il documento era stato già trasmesso a questo Ufficio più volte, ma privo della decretazione in calce. Vanno anche rilevate altre annotazioni di D'Eliseo sulla richiesta di interprete da parte del SIOS/A, datate 19.07.80 e la disposizione di inviare il "sig. Milani". La testimonianza di Milani, come si vedrà più innanzi, sarà di notevole utilità.
Si osserva anche che persino nel 91 alla richiesta dei documenti concernenti il pilota libico caduto sulla Sila, il S.I.S.MI anziché trasmettere tutta la documentazione concernente l'evento, si limita ad inviare soltanto quella documentazione ove risultava citato il nome del pilota libico. E ancora nel 93 alla richiesta di esibizione di tutta la documentazione concernente l'evento il Servizio non trasmette tutto quanto è ai suoi atti. Come s'è potuto accertare solo con altro provvedimento datato 20 aprile 95, a seguito del quale è stato acquisito l'intero materiale cartaceo. Proprio dall'esame di questa ulteriore documentazione sono emersi atti mai trasmessi precedentemente dallo Stato Maggiore del Servizio.
Come si è già avuto modo di specificare nella parte inerente all'intervento del S.I.S.MI nella vicenda del DC9 Itavia, i due eventi erano stati messi in connessione.
Tale connessione è stata riscontrata:
-in riferimenti documentali, nei quali la caduta del velivolo libico viene indicata come avvenuta nel giugno 80.
-Nella indicazione di un non meglio precisato progetto Notarnicola/Tascio e nella singolare coincidenza temporale del progetto stesso con i dubbi avanzati dal ministro Formica sulla caduta del DC9 Itavia; così come si rileva da un'annotazione apposta alla data del 23 luglio 80 nell'agenda del generale Santovito.
-Nell'annotazione del generale Tascio apposta sulla sua agenda alla data del 28 luglio 80, in cui i due eventi sono chiaramente messi in connessione tra loro.
-Nella testimonianza del maresciallo Cinotti che indica nel maresciallo Di Donna la fonte delle notizie trasfuse negli appunti del Centro CS di Verona, nei quali era stato omesso l'inserimento della connessione tra i due fatti.
-Nella testimonianza del colonnello Milani del S.I.S.MI che ha dichiarato di aver tradotto e sottratto, dall'ufficio del generale Tascio, una lettera, rinvenuta indosso al pilota libico, nella quale era espresso una sorta di pentimento per aver abbattuto un velivolo civile italiano.
-Nella contemporanea ricerca dei dati radar a Martina Franca da parte del S.I.S.MI e del SIOS/A.
-Nella trasmissione da parte del Centro CS di Bari dei dati radar del MiG libico con missiva ad oggetto "Incidente DC9 Itavia".
-Nelle annotazioni apposte da Masci nell'atto 568 - all'interno della pratica relativa al DC9, su alcune interrogazioni parlamentari relative al MiG libico - in cui si rilevano che i documenti giunsero in discesa da Palazzo Baracchini unitamente all'appunto del 29 luglio che aveva per oggetto il DC9 Itavia.
-Nell'intervento del generale Santovito alla riunione del 21 luglio 80 relativa al MiG libico in cui afferma - così come viene riportato sull'agenda del generale Melillo - Santovito: "Se dicono del DC9? Quello era in quota e la copertura è totale".
Va anche osservato che il S.I.S.MI ed i suoi più alti rappresentanti hanno sempre escluso una correlazione tra il DC9 ed il MiG libico. Tuttavia, dalla cartella relativa all'anno 80 contenente il carteggio sull'incidente di Ustica, acquisita presso lo Stato Maggiore del S.I.S.MI, in cui risultano inseriti gli atti del disciolto ufficio del Direttore del Servizio, è stata rinvenuta una sottocartella contenente anche copie di documenti concernenti il MiG libico. Un ulteriore riscontro è stato rilevato sempre agli atti dello Stato Maggiore del 90, all'interno di una cartella con lo scritto "Visione Capo di Stato Maggiore", nella quale era custodita una "cronologia delle principali attivazioni ricevute/risposte fornite dal S.I.S.MI" relativa all'incidente di Ustica. In questo documento gli atti relativi ai due eventi sono inseriti cronologicamente nello stesso contesto.
Il S.I.S.MI pertanto viene interessato e s'interessa immediatamente alla vicenda. La prima informativa il Servizio Militare la riceve alle 16.30 di quello stesso 18 luglio con fonogramma dal Comando dei Carabinieri alla 1a Divisione. Il testo è stringato: "ore 14.30 odierne in località Colledi - sta ovviamente per Colimiti; nde - comune Castelsilano (Catanzaro) è precipitato un aereo di tipo sconosciuto. Potrebbe trattarsi di aereo militare. Riserva.". La notizia viene girata al Centro di Napoli con richiesta di ulteriori notizie ed all'ufficiale di servizio presso la Direzione a palazzo Baracchini. Sempre nell'immediatezza vengono richieste notizie al SIOS Aeronautica.
Tra le 16.35 e le 18.00 il centro di Napoli informa la 1a Divisione che l'aereo sarebbe militare ma non italiano; che è stato rinvenuto un cadavere con tuta mimetica e casco con la scritta "EZZ - EDDNN - KHAL"; che tra il materiale vi è uno zainetto di pronto soccorso. Il messaggio conclude asserendo che potrebbe trattarsi di aereo arabo o pilotato da un arabo.
Alle 18.40 risponde il SIOS Aeronautica, comunicando che i Carabinieri di Vibo Valentia hanno avvistato verso le 13.30 nella zona tra Caccuri e Castelsilano un velivolo non italiano. Il pilota deceduto giace fuori dall'abitacolo con il paracadute parzialmente aperto. Sul suo casco si leggono le sigle "EZZ - EIDN - KOAL"; sulla sua valigetta delle scritte in arabo. Il velivolo potrebbe essere un Phantom e reca sulla fusoliera un simbolo di forma triangolare.
Alle 18.40 altro messaggio dal centro di Napoli alla 1a Divisione, secondo cui da scritte sul casco tale oggetto dovrebbe essere di costruzione sovietica. Su di esso anche delle scritte in arabo a penna biro. Il pilota sarebbe arabo; il velivolo un Phantom con strumentazione di bordo in inglese.
Alle 19.26 fonogramma dal Comando Generale dei Carabinieri sempre alla 1a Divisione. Le notizie divengono apparentemente più specifiche. L'aereo sarebbe - ancora permane tal convinzione - un Phantom che reca sulla fusoliera un quadrato di colore verde. Sul posto è stato rinvenuto un solo cadavere, che ha indosso un'uniforme militare. Sul casco sono segnati i tre gruppi di lettere "EZZ - ETTN - KHAL". All'esterno ci sono anche delle scritte in arabo, mentre all'interno vi sono scritte in cirillico. Lo zainetto di pronto soccorso porta istruzioni in arabo.
A questo punto non può non rilevarsi come per diverso tempo, in pratica per tutto il 18, si sia creduto che quel velivolo precipitato fosse un Phantom. Come non può non ricordarsi che il 27 precedente s'era parlato sia alla Torre di Grosseto che alla RIV di Roma di Phantom e di Phantom caduto. E ci si deve porre la questione se esista una qualche connessione tra quel fatto del 27 giugno e questo rinvenimento del 18 luglio, questione cui si dovrebbe dar risposta nel prosieguo di questa motivazione.
Alle 22.25 messaggio della 3a Divisione IAO alla 1a Divisione, messaggio che merita di essere riportato per intiero: "In relazione all'aereo caduto in Calabria lo SMA ha informato telefonicamente che l'aeromobile aveva un quadrato verde sulla coda e dei cerchi verdi sulle ali; potrebbe essere tunisino; aveva a bordo delle carte di navigazione ed un foglio trasparente sul quale erano state tracciate le rotte e erano state apposte delle annotazioni in caratteri cirillici. Secondo voci raccolte in loco da Carabinieri gli aerei sarebbero stati tre, dei quali uno abbattuto". Tale messaggio viene integralmente trasmesso dall'ufficiale di servizio della 1a Divisione che lo aveva ricevuto, alla segreteria della Direzione a palazzo Baracchini alle 23.15.
Queste voci morranno nello spazio di poche ore. Già l'indomani nessuno ne parla più e in seguito nessuno più le ricorderà. E così non si riuscirà a capire se esse si riferissero al mattino del 18 o ad altri giorni.
Ponzani, all'epoca collaboratore della 3a Divisione ufficio S del S.I.S.MI, interessatosi alla vicenda - ha dichiarato che in quel 18 luglio svolgeva la funzione di ufficiale IOA cioè Informazioni Operazioni ed Allarme con competenza nella ricezione delle notizie ed informazioni di interesse del Servizio dall'estero e, durante le ore notturne, anche dall'interno per diramarle agli uffici competenti. Ricevette, secondo la sua testimonianza, informazioni sul fatto alle 18.45 dallo Stato Maggiore Difesa ed alle 23.45 dallo Stato Maggiore Aeronautica nella persona del sergente Garella. Non ricorda nessuno dei particolari trasmessi nella comunicazione telefonica alla 1a Divisione; non esclude però di avere ricevuto quelle notizie; afferma comunque che tutto quanto riferito alla 1a Divisione era pervenuto dallo Stato Maggiore Aeronautica, e cioè dal sergente Garella, alle ore 23.45, e in tal senso esibisce copia del registro novità relativo al servizio tra il 18 ed il 19 luglio di quell'anno, nel quale appare, oltre quella relativa alle 18.45 dello Stato Maggiore Difesa, l'annotazione seguente sotto le 23.45: "sergente Garella di SMA comunica ulteriori particolari su aereo caduto. Avvisata 1a Divisione". Conclude ammettendo la possibilità di errore nella trascrizione dell'orario, sia da parte sua che da parte del ricevente presso la 1a Divisione (v. esame Ponzani Umberto, GI 01.02.91).
È con ogni probabilità così è avvenuto, giacché non vi sono altre comunicazioni in quel torno di tempo che siano state girate anche alla 1a Divisione.
Anche Caruso, maresciallo in servizio alla 1a Divisione del S.I.S.MI, quella sera come ufficiale di turno, non ricorda alcunché sui messaggi ricevuti e trasmessi. Pur esibitigli i due messaggi non li ricorda; afferma però che di certo vi ha riportato fedelmente quanto gli è stato riferito e quanto a sua volta ha trasmesso. Riconosce la sigla apposta sul fono "da 1a Divisione a Segreteria S.I.S.MI" per quella del generale Maletti (v. esame Caruso Italo, GI 11.02.91). Ovviamente il sottufficiale è incorso in errore, in quanto il generale Maletti nell'80 era già da parecchi anni fuori dal Servizio.
Mura, all'epoca assegnato alla 7a Divisione del S.I.S.MI e quella sera di turno come ufficiale di servizio presso la sede della Direzione a Palazzo Baracchini, ricorda, avendo fatto un controllo il giorno precedente l'esame testimoniale sui registri, il testo della comunicazione e specificamente che lo SMA aveva riferito che secondo voci raccolte in loco dai Carabinieri gli aerei sarebbero stati tre, dei quali uno abbattuto. Non riconosce però la sigla apposta sul messaggio delle 23.15; se fosse stata apposta presso la segreteria del Servizio, essa potrebbe essere dei colonnelli D'Eliseo o Iannuzzi o dallo stesso Direttore, generale Santovito.
Non ci si può però esimere dal sottolineare la circolazione della notizia di più aerei e di un fatto di inseguimento e abbattimento. Notizia - e questo è l'aspetto più inquietante - che muore nell'ambito di tempo brevissimo e non suscita, pur apparendo fatto gravissimo, alcun seguito o reazione, quanto meno di smentita.
Carella, nel 91 in servizio presso l'ufficio dell'Addetto Aeronautico per la Difesa all'Ambasciata d'Italia presso il Governo di Germania e all'epoca del fatto addetto alla segreteria del 2° Reparto dello SMA, ricorda di aver ricevuto, mentre faceva il turno h.24, in un giorno di luglio - evidentemente di quell'anno - nel tardo pomeriggio o in prima serata una chiamata telefonica del COP, Centro Operativo di Pace, con la quale gli si chiedeva se mancasse un qualche aereo, perché ad essi risultava che "qualcosa" era caduto in Sila. Ricorda di aver annotato la telefonata sul brogliaccio di servizio, ma non ricorda a chi o a quale ente si fosse rivolto o avesse "girato" la telefonata. Ritiene di aver chiamato la RIV e il CRAV/SCCM già RSC, ed anche probabilmente Martina Franca. Non ricorda se ha chiamato il S.I.S.MI, per cui però avrebbe dovuto avere una specifica autorizzazione trattandosi di ente esterno e superiore. Preso atto del contenuto del messaggio che risulta da lui trasmesso al S.I.S.MI, su molti particolari ha un ricordo incerto, ma esclude di aver comunicato che sull'aereo ci fossero delle carte di navigazione ed un foglio trasparente con rotte e annotazioni in caratteri cirillici, come di aver riferito le voci raccolte dai Carabinieri secondo le quali gli aerei sarebbero stati tre, di cui uno abbattuto (v. esame Carella Salvatore, GI 20.02.91).
Acquisito il registro delle comunicazioni della sala operativa del Comando generale dell'Arma dei Carabinieri nella parte relativa al giorno 18 luglio 80, al fine di accertare il passaggio della notizia in questione dall'Arma allo SMA, non è risultato alcun messaggio in tal senso. Più comunicazioni concernevano l'evento. Alle 15.25 appare il primo avviso da parte dell'Arma locale al Comando generale; ne seguono poi altri come le informative di rito. Nessuno però riferisce le circostanze di cui al messaggio SMA - S.I.S.MI. In alcuni appaiono particolari di cui s'è già detto ed altri di interesse che invece non erano emersi in altre comunicazioni: quali le circostanze che il pilota indossasse una tuta mimetica; che sullo zainetto di pronto soccorso fossero stampate indicazioni in arabo; che sul casco, oltre le scritte sull'esterno in caratteri latini Ezz - Eddnn - Khal, vi fossero all'interno delle scritte stampate in caratteri cirillici e scritte tracciate a penna biro in caratteri arabi; che vi fosse una carta di navigazione libica; che il velivolo stesse svolgendo una missione con compiti ben precisi consistenti in fotografie aeree (la circostanza è avvalorata dal ritrovamento di una "cinemitragliatrice").
Il colonnello dei Carabinieri Mambor Giancarlo, all'epoca ufficiale addetto presso la sala operativa del Comando generale con l'incarico di "ufficiale al tavolo" e in servizio quel 18 luglio al turno 13.00-20.00, esclude che la notizia dei tre aerei di cui uno abbattuto sia mai giunta al tavolo, pur avendo avuto quella sala operativa contatti con i Carabinieri del luogo e cioè la Compagnia di Cirò Marina, il Gruppo e la Legione di Catanzaro. E nella sua risposta si devono intendere comprese non solo le comunicazioni per telefono e per telescrivente, ma anche quelle R.I.S. ovvero i Rapporti Informativi Speciali. (v. esame Mambor Giancarlo, GI 20.02.91).
Esaminato anche il comandante generale del tempo, il senatore Umberto Cappuzzo, questi ha affermato di non essere assolutamente a conoscenza dei fatti riferiti nell'appunto. Un appunto del genere avrebbe dovuto avere dei seguiti e comunque una tale notizia, qualora acquisita, avrebbe dovuto essere riferita al ministro della Difesa e discussa in sede di Comitato Interministeriale per l'Informazione e la Sicurezza (v. esame Cappuzzo Umberto, GI 04.02.91).
Queste le necessarie conseguenze di una notizia del genere. Se la notizia non è "salita" - e ben si sa il rigore nell'Arma dell'osservanza della scala gerarchica - qualcosa di molto grave deve essere successo a livello locale. La notizia è stata soffocata immediatamente e grazie ad un intervento pesante, perché altrimenti, anche se poco credibile o infondata, sarebbe pervenuta al tavolo della sala operativa di viale Romania, e all'orecchio del comandante generale e pertanto ne sarebbe rimasta traccia.
L'indomani, 19 luglio, alle 8.30 parte messaggio dal Centro di Napoli per la 1a Divisione. In esso s'afferma che sul posto dell'incidente v'è personale dell'AM diretto dal colonnello Brancaleoni, comandante del 36° Stormo di Gioia del Colle; che l'aereo dovrebbe essere di costruzione sovietica in dotazione all'Aeronautica libica; che sono stati rinvenuti reperti vari tra cui fogli con caratteri cirillici ed una carta di navigazione relativa al territorio libico; che per la tarda mattinata di quello stesso 19 era previsto l'arrivo di una Commissione.
Questo stesso Centro su impulso della 1a Divisione organizza quel giorno una missione sul luogo di caduta del velivolo. Il Capo Centro, colonnello Sgura Renato, e il suo collaboratore, capitano Schettino Agostino, attuale Capo di quel Centro, raggiungono con una vettura di servizio la stazione dei CC. di Caccuri, dopo essersi incontrati con il maresciallo Agostino Vincenzo del sotto - Centro di Catanzaro presso la stazione Agip all'ingresso del capoluogo calabrese. Richiedono ai Carabinieri una "campagnola" per raggiungere il luogo ove si trova il relitto, ma avendo atteso per ore senza ottenere il mezzo richiesto, decidono, dopo aver riferito alla segreteria della Divisione, di ritornare a Napoli. Non fanno rapporto; non incontrano altri del Servizio. Anzi Schettino non ricorda nemmeno di aver incontrato il maresciallo Agostino. Il Capo Centro va in ferie ed i contatti con Agostino dovrebbero essere stati tenuti dal tenente colonnello Cinti, vice capo del Centro, deceduto.
Sgura riferisce che la decisione di ritornare a Napoli fu presa in considerazione del fatto che egli ed il suo collaboratore non avevano competenza tecnica e che comunque stavano già indagando Carabinieri e SIOS Aeronautica, che avevano l'obbligo di riferire al S.I.S.MI. Stima che i rapporti nel prosieguo siano intercorsi direttamente tra 1a Divisione e SIOS. Non hanno visto pezzi dell'aereo ne fotografie. Agli atti del Centro non esistono appunti sull'evento (v. esame Sgura Renato, GI 09.01.91).
Schettino aggiunge che nella caserma di Caccuri c'erano molte persone, ma non ricorda chi fossero, eccetto il generale Tascio. Questi ha parlato con il Capo Centro ed alti ufficiali. Ricorda che si diceva che l'aereo era di fabbricazione russa, che sul casco del pilota c'era un nome arabo e che costui calzava degli anfibi italiani (v. esame Schettino Agostino, GI 09.01.91).
In effetti avendo acquisito il fascicolo del Centro di Napoli relativo al fatto, non vi si trovano atti sull'evento prodotti nell'immediatezza. Solo a partire dal 29 luglio - l'attivismo di quei giorni al Centro produce effetti anche in periferia - vi sono numerosi appunti; il primo dei quali concernente la traslazione, il 25, della salma del pilota, il cui nome diviene secondo l'informativa della Prefettura di Catanzaro Ezzeden Jhalil, nato a Bengasi; gli altri concernenti in massima parte le operazioni di recupero e di spedizione in Libia dei rottami, la ditta Argento di Gizzeria Lido, le presenze e i movimenti dei militari libici che vi presenziarono (pernottando tra l'altro nella sede radio della AM a Montescuro e non presso la "nota stazione Scatter" di Monte Mancuso) (v. decreto di esibizione GI 09.02.91).
Anche la vicenda degli uomini del Centro di Napoli ha dell'incredibile, ma se vera ha del ridicolo. Non si ritiene possibile che agenti del Servizio affrontino una missione da Napoli a Caccuri, e qui attendano, per ore, inutilmente, un mezzo dai CC.. Cioè che non abbiano i mezzi o l'autorità per raggiungere il luogo di caduta di un velivolo militare di un Paese potenzialmente ostile. Che orecchino solo alcune notizie alla caserma dei Carabinieri e se ne tornino poi in città.
Il 20 luglio la 1a Divisione redige un appunto per il Direttore del Servizio. In esso l'autore colonnello Lombardo assicura di aver mandato sul luogo dell'incidente nella mattinata del 19 precedente, secondo le direttive impartite dallo stesso Capo del Servizio generale Santovito, ufficiali del Centro CS di Napoli, i quali hanno operato in concomitanza ed a contatto con la Commissione d'inchiesta dell'AM, acquisendo elementi di interesse che è bene riportare integralmente: "In base ad alcuni contrassegni ed a carte nautiche, sulle quali sono tracciati "spezzati di rotta" di Bengasi e Tripoli, l'aereo dovrebbe essere un velivolo militare "MiG23" di nazionalità libica - versione da intercettazione - senza armamento e senza taniche; con una autonomia di circa 500 miglia. Il pilota, di razza bianca ed irriconoscibile a seguito delle gravi deturpazioni subite durante la caduta, non aveva alcun documento di identificazione. Dalla scritta in arabo rilevata sul casco, potrebbe trattarsi di Ezze-Eddnn-Khaled, non meglio noto. Lo stesso calzava anfibi militari con la sigla "AM.", che, da primi accertamenti, sarebbero in dotazione al personale dell'Aeronautica Militare Italiana. Il velivolo, probabilmente in cerca di una zona di atterraggio forzato, anche in base a dichiarazioni rese da testimoni oculari, ha urtato contro un costone a velocità molto bassa e si è spezzato in tre parti, precipitando nel sottostante burrone. I componenti della "Commissione dell'AM" hanno recuperato le parti più significative che potevano essere trasportate a mano ed hanno impartito le disposizioni per il recupero di tutto l'aereo, che si presenta laborioso e difficile. L'apparecchiatura fotografica di bordo è stata recuperata dal generale B.A. Zeno Tascio, Capo del SIOS/Aeronautica e si prevede che, nella mattinata odierna, si possano avere notizie sui fotogrammi degli eventuali rilevamenti fotografici effettuati dal velivolo e quindi acquisire elementi più concreti sull'effettivo scopo del volo. Secondo illazioni recepite sul luogo dell'incidente e non confortate da alcun elemento di riscontro, la caduta dell'aereo sarebbe da attribuire all'esaurimento del carburante avvenuto verosimilmente durante un tentativo di fuga del pilota".
Queste sono sicuramente le notizie apprese, e riferite, da Sgura alla caserma di Caccuri, che questi non ricorda e di cui non v'è traccia nè agli atti di Napoli nè in quelli della Direzione.
Quello stesso giorno il Direttore del Servizio trasmette al ministro della Difesa un appunto del SIOS Aeronautica, nel quale sono esposte una sintesi delle investigazioni già compiute sui reperti ed una elencazione di ipotesi avanzate. In primo luogo sui documenti rinvenuti e su quelli mancanti. Erano stati tradotti ed esaminati carte di volo, norme di comportamento per il Survival Kit, scritte su medicine, schemi di navigazione. Da tutti questi documenti s'era tratta la convinzione che il velivolo fosse di nazionalità libica. Mancavano documenti di indicazioni di frequenze (radiofari, torri di controllo ed altri) e di schemi di navigazione sul territorio nazionale. La macchina aveva un raggio di azione di: a. 700 miglia nautiche con i serbatoi aggiuntivi (tre); b. 450 miglia nautiche senza i serbatoi aggiuntivi; c. 250÷300 miglia nautiche in volo a quote inferiori a 3000÷4000 piedi. In considerazione del fatto che la Commissione Tascio aveva accertato che sul velivolo non erano state rinvenute tracce di travetti di sostegno di serbatoi aggiuntivi, l'autonomia totale di quella macchina doveva assumersi di circa 600 miglia nautiche. Il pilota ad un certo punto del volo doveva essere "entrato nel pallone", giacché la sua mano destra al momento dell'impatto anziché manovrare la cloche, che può essere impugnata solo con tale mano, stringeva fortemente un guanto; il pilota non aveva fatto uso del paracadute; nonostante la visibilità fosse buona, aveva centrato il costone. Sul casco del pilota v'erano scritte in arabo "Ezz - Edden - Khaled". Si ipotizzava, sulla base delle dichiarazioni di un testimone oculare ed in considerazione del fatto che non fosse stato rilevato, nonostante il forte sigma, da nessun radar, che il velivolo avesse volato a bassa quota. Si supponeva altresì come più che sufficientemente verosimile sulla base dell'autonomia del velivolo, la fuga del pilota, e che costui per lo stivale AM avesse frequentato un corso di volo in Italia.
Qui cominciano le contraddizioni ed è bene rilevarle subito. Si afferma che quella macchina avesse autonomia senza serbatoi aggiunti di 450 miglia nautiche e che non presentasse tracce di travetti di sostegno di serbatoi di tal genere e poi al rigo successivo si asserisce che l'autonomia dovesse essere di 600 miglia, quasi come quella della predisposizione con serbatoi aggiuntivi. Addirittura si specifica che tale autonomia scende di molto con volo a bassa quota; si aggiunge quindi che il velivolo non era stato rilevato da alcun radar, perché aveva volato a bassa quota - ancora non si era trovata quella LJ054, che avrebbe dovuto risolvere molti problemi - e se ne fa discendere che quel MiG avesse autonomia per una fuga dalla Libia in Italia.
Rilevante appare poi il documento del 28 luglio 80 a cui si è fatto già ampiamente riferimento in altra parte di questo provvedimento, ma che è bene qui ripetere, poiché si tratta di una vicenda fondamentale negli accadimenti per cui è processo e su cui si fonderà l'accusa nei confronti di alcuni ufficiali del controspionaggio.
È questo un appunto per il Direttore del Servizio, 31° del fascicolo 3.54-1/4 proveniente dalla 1a Divisione. In esso si riferiscono in primo luogo notizie, raccolte da ufficiale della Divisione, in licenza in Calabria e conoscitore della zona per avervi prestato in precedenza servizio, notizie su due testimonianze oculari. La prima su una donna che altri non può essere che la già nota Carchidi. In sintesi sono riportate le "sensazioni" della testimone che dopo aver visto l'aereo defilarsi dietro un costone, mentre s'aspettava di vederlo riapparire, ode un boato, non vede più riapparire l'aereo, scorge il fumo dell'incendio. La seconda su altro teste oculare che potrebbe avere avvistato lo stesso velivolo verso le 10.30-11.00 di quel giorno in località Le Castella in prossimità del promontorio di Capo Rizzuto. Il velivolo secondo questo testimone viaggiava provenendo dal mare verso Capo Rizzuto, con volo regolare, cioè senza difficoltà nè evoluzioni, a bassa velocità e a bassa quota cosicché potevano scorgersene i contrassegni sotto le ali ovvero un cerchio e il numero 41 o 44. In secondo luogo, l'ufficiale formulava delle ipotesi sui motivi del volo. Escludeva finalità di spionaggio sui fondali prospicienti il crotonese ove la SNAM avrebbe rinvenuto consistenti giacimenti di petrolio e di metano non pubblicizzati, per il fatto che non aveva autonomia per il ritorno in Libia. Riteneva più verosimile l'ipotesi di fuga in Italia per motivi vari, non ultimo quello di portare in Occidente un moderno aereo da combattimento di fabbricazione sovietica. Stima non improbabile che il pilota fosse uno degli italiani ingaggiati dall'ALI per il fatto che calzava stivaletti anfibi dell'Aeronautica Militare Italiana.
A seguito di richiesta di questo ufficio il S.I.S.MI con nota 5 gennaio 91 forniva le generalità del funzionario in questione. Masci Claudio, questo era il suo nome, escusso, ha confermato di essere stato quella estate in ferie a Cirò Marina, ove aveva prestato servizio come tenente dei Carabinieri presso la locale Compagnia. Aveva assunto, dopo essere stato richiesto dai colleghi romani, informazioni presso i locali Carabinieri. Aveva così saputo da un campeggiatore della storia dell'aereo con i numeri sotto le ali; non s'era però premurato di identificare costui, non presumendo che la vicenda avrebbe avuto sviluppi; ma nella zona di Le Castella abitava un maresciallo, tal Muratori Giorgio, che anche lui aveva visto detto velivolo.
Questa la sua storia, come da lui stesso narrata in prima battuta. Certo in questa versione, quando non erano emerse tante altre circostanze sulla sua permanenza in Calabria e su questo suo attivismo, egli non specifica in quale periodo fu in ferie in quella regione quell'estate, non specifica come fu attivato o si attivò; non riferisce con chi fu in contatto del S.I.S.MI e a chi riferì, nè come si mosse a Roma, al rientro; non dice se ebbe o meno dubbi sulle versioni che gli furono narrate; non indica in quali giorni vadano collocate quelle sue attività.
Il Muratori, identificato ed escusso, ha dichiarato che in effetti nel luglio 80 si trovava in licenza di convalescenza presso la sua abitazione di Isola Capo Rizzuto. All'epoca era in servizio, con il grado di maresciallo maggiore aiutante, presso il Comando Compagnia Carabinieri di Cirò Marina con incarico di comandante del Nucleo Operativo. Aveva notato verso le 12.00 circa di un giorno del mese di luglio 80, che non sapeva precisare, mentre si trovava sulla terrazza della propria abitazione, un velivolo tipo caccia di colore scuro, proveniente dalla Calabria. Non aveva svolto alcuna attività di PG sul fatto, ne aveva mai visto il relitto dell'aereo caduto in Sila. Aveva riferito al capitano Masci, suo ex comandante di Compagnia a Cirò Marina, quanto aveva visto dalla terrazza in occasione di una conversazione avuta con lui qualche giorno dopo la caduta del velivolo in Sila (v. esame Muratori Giorgio, GI 30.10.92).
Per le ragioni dette sopra Masci è anche l'"ufficiale" che appare nell'annotazione al 29 luglio dell'agenda di Tascio sotto l'indicazione Notarnicola. In tale annotazione, a parte l'indicazione di un ufficiale di Notarnicola che raggiunge Tascio nel suo ufficio e del fatto che si era "sparsa voce ad alti livelli secondo cui DC9 Ponza tracce registrate", vi si leggeva inoltre "Un ufficiale si è mosso subito e testimoniato - 10.30 - 11.00 il velivolo volava sulla spiaggia - la posizione era tale da dover richiedere manovra.". L'ufficiale che di certo è della Divisione di Notarnicola, altri non può essere che Masci. Masci è quello che si muove subito. Non si riesce però a capire in che direzione e con quali intenti si muova. Perché il velivolo visto su Isola Capo Rizzuto - a parte la differenza d'orario perché qui sarebbe stato visto alle 12.00 - era di sicuro velivolo ben diverso dal MiG. Si trattava quindi di un velivolo molto probabilmente italiano o comunque occidentale, nella migliore delle ipotesi di rientro dall'esercitazione che si era tenuta nella mattinata, nella peggiore che tentasse di simulare un qualche evento.
Ufficiale che contribuisce alla ricostruzione di questa vicenda è il capitano Conforti. Di costui come appartenente alla 3a sezione della 1a Divisione, stranamente nessuno aveva mai parlato in questa inchiesta - che come ben si è visto, in organigrammi monchi s'è imbattuta più volte: Poggio Ballone, Grosseto, Marsala, Licola e Ciampino; e ancor più stranamente in organigrammi che sono monchi proprio in quelle parti di maggior rilievo, dei nomi di coloro che più hanno agito o che più potevano riferire.
Conforti ricorda, al riguardo della caduta del MiG di Castelsilano, che nel mese di luglio di quell'anno egli ricevette in ufficio una telefonata del collega Masci. Questi, che si trovava in licenza, desiderava parlare con il Direttore della Sezione, l'allora tenente colonnello Lombardo, per riferirgli, essendone venuto a conoscenza dal comandante della stazione dei CC. ove era in vacanza, - probabilmente Cirò Marina, nella memoria del Conforti - di un velivolo precipitato in zona nei pressi di quel luogo e del suo intento di raggiungere immediatamente la zona dell'incidente. La telefonata era avvenuta verso le 9-9.30 del mattino; Lombardo non era ancora arrivato in ufficio, ragion per cui Conforti disse a Masci di richiamare. Così come avvenne all'ora di colazione. Lombardo era in ufficio e quindi Conforti gli passò la chiamata del Masci. La telefonata si poteva collocare in un arco di tempo molto breve e ciò sia perché all'epoca si era soliti - Conforti ed altre persone del Servizio - andare a pranzo tra le 13.00 e le 13.30, giacchè la mensa chiudeva alle 14.00, sia perché Lombardo, che solitamente pranzava a casa, lasciava l'ufficio tra le 13.30 e le 14.00. In questa occasione Conforti, prima di passare la telefonata, chiese al collega notizie sull'accaduto, e Masci rispose che si trattava di un velivolo militare (v. esame Conforti Alessandro, GI 21.10.96).
Conforti non ricorda il giorno delle due telefonate; ma ricorda, e su questo è sicuro, che comunque si trattava del mese di luglio. In quel mese però egli fruì di un periodo di cure termali. In questo senso documentazione acquisita presso il S.I.S.MI. In primo luogo una nota del Raggruppamento Unità Difesa pervenuta alla Segreteria della 1a Divisione il 2 luglio 80, con la quale si comunicava che la Direzione generale della Sanità Militare lo aveva autorizzato con determinazione 4551/BT datata 16 giugno 80 ad effettuare il 10° turno (dal 16.07 al 27.07.80) di cure termali presso lo stabilimento balneo-termale Hotel la Perla Jonica di Acireale. Questa nota veniva girata il successivo 3 luglio dalla Segreteria alla 3a Sezione. Il 16 luglio immediatamente successivo la Segreteria della Divisione informava quindi la Divisione Amministrazione del Servizio, sezione Trattamenti Economici che il 15 immediatamente precedente il capitano Conforti era "partito per Acireale - Hotel la Perla Jonica di Acireale per fruire del 10° turno di cure balneo-termali (vedi documento n.4208/SP/04 16 luglio 1980, diretto alla Divisione Amministrazione del S.I.S.MI - Sezione Trattamento Economico).
Di fronte a tale documentazione il Conforti così dichiara: "Devo ritenere senza ombra di dubbio che dal 15 luglio sono stato assente dall'ufficio per le cure termali... . Mi riservo comunque di controllare le date dalla mia agenda... . Sulla base di ciò, premesso che confermo di avere ricevuto le due telefonate dal capitano Masci, devo ritenere che queste mi sono state fatte prima che io andassi in licenza straordinaria ad Acireale per le cure termali, cioè prima del 15 luglio 80" (v. esame Conforti Alessandro, GI 21.10.96).
Contestato a costui che il Masci nelle sue deposizioni non ha mai fatto il suo nome, pur essendogli stato chiesto espressamente di elencare gli ufficiali della Sezione, rileva la "stranezza" di tale condotta e non esita a ritenere che quegli temesse la sua testimonianza. "Devo ritenere che ciò probabilmente possa nascere dal timore per il capitano Masci che la S.V. mi sentisse a testimone su fatti e circostanze relative alle vicende sulle quali rendeva testimonianza".
Da ultimo Conforti ricorda che il Masci, ritornato dalla Calabria nulla gli disse su ciò che aveva compiuto a seguito dei colloqui con il colonnello Lombardo (v. esame Conforti Alessandro, GI 21.10.96).
Posti a confronto, Conforti e Masci, entrambi permangono sostanzialmente sulle proprie posizioni. Masci non riesce a ricordare da chi gli fu dato l'incarico - e questo è molto strano, giacchè egli ricorda tanti particolari e non rammenta il dato di maggior rilievo. Deve ammettere che in Sezione prestava servizio anche Conforti. Deve ammettere la telefonata a Conforti del 94. Difatti come già rilevato in altra parte Masci aveva telefonato nel 94 a Conforti rammentandogli la telefonata che, a suo dire, esso Conforti gli aveva fatto nell'80 in occasione della caduta di un velivolo militare in Calabria. Conforti nella circostanza invece aveva replicato che era stato esso Masci a chiamarlo e non viceversa, Masci - riferisce Conforti - sarebbe rimasto turbato da questa sua risposta (v. esame Conforti Alessandro, GI 21.10.96).
Sta di fatto comunque che la telefonata dell'80 con Conforti deve collocarsi entro il 15 luglio 80 e che quella con Di Feo - altro ufficiale della medesima Sezione di cui si parlerà sotto - , non può essere collocata al 20 luglio sia per quanto detto sopra sia perché Di Feo non poteva dargli, per le sue funzioni, l'incarico in questione.
Sempre nell'ambito delle verifiche sui movimenti del capitano Masci e più in generale della reazione all'evento da parte della 3a Sezione della 1a Divisione, si è preso in considerazione il ruolo dell'altro ufficiale della Sezione, l'altro capitano, Di Feo, proprio colui che, a detta di Masci, lo avrebbe chiamato a Cirò.
Il Di Feo nella prima deposizione appare certo su dati, condotte proprie e di altri, e composizione della Sezione. Quanto alla vicenda della caduta del MiG libico a Castelsilano egli ben ricorda che ricevette la notizia mentre era di turno in un giorno festivo della fine di giugno, di un anno che al momento del verbale non ricorda, all'interno di una piccola sala a pian terreno della palazzina della 1a Divisione - sita anche al tempo a Forte Braschi - turno che all'epoca veniva svolto da tutti gli ufficiali, ragion per cui capitava a ciascuno ogni due-tre mesi. Appare sicuro di questo ricordo, anche perché l'indomani partì per le ferie ed egli, e la sua famiglia, in genere prendevano il periodo di riposo annuale nel mese di luglio. La notizia proveniva dal competente Centro ed egli la girò, come d'obbligo, immediatamente alla Centrale della Direzione del Servizio a Palazzo Baracchini, ove un suo collega della Direzione svolgeva analogo servizio festivo.
In esito all'esame testimoniale gli viene contestata la sua domanda di licenza per quell'anno, ove appare che egli chiede venticinque giorni di licenza ordinaria da fruire con decorrenza 21 luglio. Ritiene pertanto che il turno, di cui ha parlato, debba perciò cadere la domenica immediatamente precedente, ovvero il 20 di quel luglio. Ma non sa dare una spiegazione al fatto che quel 20 la notizia era già di dominio pubblico (e peraltro come risulta da documentazioni acquisite presso lo stesso S.I.S.MI, di cui sopra s'è detto, la notizia era già a conoscenza del Servizio, dal pomeriggio del 18.).
Ricorda infine - oltre che nella sua Sezione prestavano servizio il tenente colonnello Lombardo e il capitano Follo - che sempre prima di andare in ferie, con ogni probabilità, quella stessa domenica del turno, ricevette una telefonata dal collega Masci, che praticamente gli dava la stessa notizia datagli dal Centro e che lo avvisava che si sarebbe recato sul posto per acquisire notizie sull'accaduto. (v. esame Di Feo Giulio, GI 12.12.96).
Nel successivo esame, a distanza di pochi giorni, si dice sicurissimo di essere stato chiamato da Masci e non di averlo chiamato, e che tale telefonata avvenne durante il turno festivo che precedette la sua licenza. Conferma che anche mediante l'ausilio dei suoi familiari è riuscito a ricostruire le ferie di quell'anno, che si svolsero in luglio ed iniziarono dopo il turno festivo in Divisione.
A contestazione delle dichiarazioni del Masci, secondo cui egli sarebbe stato chiamato a Cirò da esso Di Feo, costui, seppur prescindendo da assoluta certezza, ritiene di escludere di aver chiamato il Masci. E ciò, sia perché non ne aveva recapito telefonico sia perché, se così fosse avvenuto, ve ne sarebbe traccia nel registro che veniva usato nella saletta del turno, registro nel quale venivano annotati, oltre che il numero chiamato, il motivo della chiamata e il nominativo dell'interlocutore, e persino gli scatti. Ricorda infine anche la presenza del capitano Conforti, in servizio in quel periodo presso la 3a Sezione (v. esame Di Feo Giulio, GI 20.10.96).
Anche in questo caso Masci viene smentito da un suo collega, sia sul punto della data, che non può cadere, come osserva lo stesso Di Feo, in un giorno in cui il fatto era già di dominio pubblico, sia sulla iniziativa della stessa, che non può essere stata del Di Feo.
Ritornando all'esame delle carte del S.I.S.MI immediatamente successive al rinvenimento del velivolo, non può non sottolinearsi, ancora una volta, la trasmissione da parte del Centro CS di Bari alla 1a Divisione dei tracciamenti radar relativi alla giornata del 18 luglio 1980. Dati inviati con missiva datata 30 luglio 80 ad oggetto "Incidente DC9-Itavia". Tracciamenti, questi, richiesti dalla 1a Divisione per via telefonica, e a seguito di una precedente richiesta inerente i tracciamenti del DC9 Itavia. Entrambe le risposte - si ricorda - giunsero per corriere speciale che, nell'occasione, utilizzò il mezzo aereo; procedura del corriere speciale, ai tempi dei fatti, rarissima, così come ha rilevato il Capo Centro di Bari, Antonicelli.
Tutti gli ufficiali della 3a Sezione della 1a Divisione hanno escluso che la richiesta dei tracciamenti radar relativi al MiG rientrasse nell'ambito di una ricerca relativa al DC9 Itavia.
Masci, tra l'altro, aveva provveduto ad annotare sulla sopracitata missiva la seguente annotazione: "31/7. Parlato con CS di BA (Antonicelli) chiarito che materiale si riferisce ad aereo libico e non DC9". L'annotazione di Masci risulta sovrapposta ad altra cancellata, della quale il perito é riuscito a decifrare soltanto la parte iniziale "Richiamata sua attenzione (sulla) diversità orario dei dati relativi rispetto a quelli citati nella lettera (v. perizia Perrella-Sorrentino, 10.04.92). La cennata diversità potrebbe riferirsi alla divergenza tra l'orario zulu riportato nei tracciamenti e l'orario locale riportato, invece, nella missiva. Di conseguenza la conversazione di Masci con Antonicelli non sarebbe stata quella concernente la diversità dell'oggetto rispetto ai dati allegati alla missiva - oggetto DC9 Itavia/tracciamenti MiG libico - ma, con ogni probabilità, quella sulla diversità degli orari, subito chiarita. Va comunque osservato che di questa conversazione Masci cancella ogni traccia, sostituendola con quella precedentemente citata, apportando così la correzione all'oggetto della missiva. Cancella, con un tratto di penna il riferimento al DC9, e lo sostituisce con "Incidente MiG libico".
Che la richiesta riguardasse i due eventi, é provato dal fatto che alla missiva di Bari risulta allegato un foglio concernente la vicenda del DC9 Itavia in cui si evidenzia l'interessamento da parte della Guardia di Finanza all'acquisizione dei tracciamenti radar del 27 giugno 80.
A margine va rilevato che Antonicelli si dice sicuro di aver trasmesso i dati del MiG libico nell'ambito di una richiesta di dati concernenti la vicenda del DC9 Itavia. Precisando inoltre che se conversazione con Masci c'è stata, questa dovrebbe risultare nella minuta agli atti del Centro CS di Bari. Così come, se modifica all'oggetto della missiva c'è stata, questa avrebbe dovuto essere riportata sia sulla minuta che sul registro di protocollo. La verifica agli atti del Centro CS di Bari ha confortato, ancora una volta, la versione di Antonicelli. Si ha ragione pertanto di credere che la richiesta di dati a Martina Franca, prima di quelli relativi al DC9 e immediatamente dopo di quelli concernenti il MiG libico, debba essere inquadrata in quell'attivismo di cui si é già ampiamente fatto cenno. Attivismo di cui si é trovata traccia nell'agenda del generale Tascio alla data del 28 luglio, in cui annota sulla base delle informazioni riferitegli dal S.I.S.MI, che a livello ministeriale si discuteva della possibile correlazione tra la caduta del MiG23 e le tracce "viste" intorno al DC9.
L'eventuale dichiarazione di Antonicelli avrebbe potuto infastidire a tal punto la Direzione del Servizio, e ciò é intuibile dal fatto che nonostante fosse stato preavvisato in tal senso da una telefonata da parte del segretario della 1a Divisione, Saccone, nessuno, in seguito, si premurò di raccogliere le sue dichiarazioni. Dichiarazioni che verranno pertanto richieste soltanto a Curci e Maraglino e da costoro redatte nelle forme di cui si è già fatto cenno in altra parte.
Che i dati radar dovessero essere utilizzati per verifiche di cui non doveva rimanere traccia, è abbastanza palese. Infatti soltanto a più di un mese dalla loro acquisizione - e pertanto in contrasto con la eccessiva urgenza con la quale erano stato richiesti - risultano essere stati trasmessi, con missiva del 4 settembre 80 al SIOS/A al fine, così si legge "di conoscere se tra i dati rilevati vi siano anche quelli dell'aereo in questione". Con l'occasione la 1a Divisione rivolgeva anche richiesta di copia della relazione tecnica redatta dalla Commissione d'inchiesta.
Il SIOS evade la richiesta del S.I.S.MI con missiva del 19 settembre comunicando, "1. ...che la qualifica "friendly" attribuita alle tracce plottate dai siti della D.A. in data 18.07.80 (orario 08.30Z-09.30Z) dovrebbe consentire di escludere che tra gli avvistamenti sia compreso il velivolo in argomento. 2. Considerate tuttavia le caratteristiche di qualcuna delle tracce in argomento, con particolare riferimento alla LJ054, alla luce di talune inevitabili limitazioni insite nelle procedure vigenti per l'identificazione del traffico in assenza di IFF, la eventualità di cui sopra non appare del tutto da escludere.".
Questa la risposta ufficiale del SIOS/A sul mancato avvistamento del velivolo libico.
Con ulteriore missiva del 13 settembre 80 il SIOS/A trasmetteva al S.I.S.MI copia della relazione tecnico-formale relativa a quell'incidente in cui si precisava che nessun elemento nuovo era emerso oltre a quanto già segnalato dal SIOS/A.
Quel che desta perplessità nella ricezione di questa missiva è che nessun commento, nessun appunto, nessuna analisi viene effettuata sulla relazione. Il S.I.S.MI non fa altro che accettare passivamente sia le valutazioni relative alla mancata identificazione del velivolo da parte della D.A. sia le conclusioni alle quali era giunta la Commissione.
Ciò in netto contrasto con le voci che si erano diffuse alla fine di luglio sulla connessione fra i due eventi.
Il 30 luglio al S.I.S.MI giungono informazioni contrastanti sulla nazionalità del pilota. Infatti la 2a Divisione del Servizio informa con messaggio 2124/274/053 che in ambienti militari libici "circolano insistenti voci secondo cui pilota caduto est di nazionalità siriana et si trovava in Libia per addestramento pilotaggio su aerei russi in base at accordi at suo tempo raggiunti su cooperazione militare tra paesi Fronte Rifiuto".
In calce all'appunto si possono leggere annotazioni di Notarnicola e le sigle di visione di Alloro e Masci. Notarnicola annota di aver parlato con D'Eliseo e di avergli suggerito di informarlo se la notizia dovesse essere trasmessa al SIOS/A. Non si comprende la cautela del Servizio nel trasmettere o meno la notizia al SIOS/A. Comunque la notizia giunge al generale Tascio con missiva della Direzione del Servizio datata 4 agosto 1980 a firma Santovito. Nella stessa missiva Santovito dà atto di avere informato il ministro della Difesa.
Sempre dalla 2a Divisione con messaggio del 1° agosto 80 giunge conferma della nazionalità siriana del pilota, anche se non si esclude che effettivamente sia nato in Libia. In calce al messaggio si può leggere l'annotazione di Santovito "SIOS-A-V.Min.Difesa". Il messaggio viene trasmesso con nota del Direttore del Servizio al ministro della Difesa ed al generale Tascio.
Un'ulteriore conferma alle voci sulla nazionalità siriana del pilota giunge con altro messaggio dell'addetto militare a Tripoli datato 3 agosto 80 in cui si legge: "1.console generale in Bengasi, Petrocelli, in colloquio avuto con ufficiale questa Aeronautica ha tratto convinzione che est siriana nazionalità pilota MiG-23 precipitato. 2. Questo Navitalia non dispone di alcun elemento valido per confermare predetta nazionalità, tuttavia in incontri con personalità ufficio Relazione Estere non est stato mai evidenziato che nazionalità fosse libica, anzi molto imbarazzo est stato colto tutte le volte che venivano formulate condoglianze. 3. Base di più frequente impiego di piloti siriani sarebbe Bengasi". Anche questo appunto non ha avuto alcun seguito nella 1a Divisione. Su di esso si può leggere la sigla di Masci apposta in data 5 agosto 80 e la decretazione "Atti".
Deve essere rilevato che tra gli atti del 2° Reparto dello SMA é stato rinvenuto un messaggio della 3a Divisione del S.I.S.MI datato 19 agosto 80, con il quale veniva riferito che secondo fonte di buona attendibilità, il pilota del MiG23 sarebbe stato siriano e di origine palestinese ed il suo nome sarebbe stato effettivamente Ezzedin Fadah El Khalil. Il messaggio chiudeva con la annotazione "Quanto sopra per eventuale inoltro at competenti Autorità inquirenti". La notizia, tuttavia, non risulta esser mai stata trasmessa alla competente Autorità Giudiziaria, che in quel momento era quella di Crotone. Con ogni probabilità si voleva evitare una riapertura del processo archiviato da quella Autorità Giudiziaria da pochi giorni - la data di archiviazione é il 31 luglio 80.
Ma le voci della nazionalità siriana del pilota non si fermano a queste brevi note. Anche un informatore del Centro CS di Palermo aveva riferito che "il pilota dell'aereo libico caduto mesi orsono in Calabria era un capitano siriano in volo di addestramento in coppia con altro velivolo pilotato da ufficiale libico, regolarmente rientrato alla base". L'informazione era stata fornita, insieme ad altre notizie, ad elemento del Centro CS di Palermo "da fonte di settore in esperimento" e trasmessa alla 1a Divisione con missiva del 21 ottobre 80 a firma del Capo Centro CS, Gaetano Failla.
Il Failla sentito al riguardo ha dichiarato che le informazioni provenivano dal Nucleo S.I.S.MI di Siracusa in cui prestava servizio il maresciallo Dalli Cardillo Alfonso. Aggiungeva di non avere elementi per identificare la fonte della notizia (v. esame Failla Gaetano, GI 04.03.91). Dalli Cardillo invitato a comparire, faceva giungere attraverso l'organo di PG delegato certificato medico nel quale si attestava che il soggetto non era in condizioni di affrontare lunghi viaggi.
Dalla documentazione dello Stato Maggiore del S.I.S.MI, invece, é stato possibile rilevare che il Centro CS di Palermo era ben a conoscenza del nome della fonte delle notizie trasmesse con il foglio del 21 ottobre. Difatti è stata rinvenuta una fotocopia del foglio Nr.475/P del 6.10.80, in cui si rileva il nome della fonte della notizia, tale Tashani Abdel Amagid, cittadino libico. Nella nota veniva anche precisato che la notizia della nazionalità siriana del pilota caduto sulla Sila era certa, in quanto appresa da un parente del Tashani, ufficiale dell'Aeronautica libica (v. decreto di esibizione al S.I.S.MI, 06.12. 93).
Altri riferimenti sulla nazionalità siriana del pilota sono emersi nel corso dell'istruttoria. Il teste Pomposi Guido, imprenditore nel ramo abbigliamento, che era intervenuto telefonicamente nel corso della trasmissione televisiva "Telefono Giallo" del 6.05.88 dedicata alla vicenda di Ustica, riferiva di essersi recato nel gennaio del 1981 in Siria per affari. Durante questo suo viaggio nel corso di una cena nella città di Homs, unitamente al suo rappresentante, Adnan Bacha, aveva avuto modo di conoscere un ufficiale pilota siriano, tale colonnello Monajer. Questi dopo aver instaurato una conversazione concernente i vari modelli di aerei in dotazione alle diverse forze militari, aveva fatto alcune affermazioni che è bene riportare integralmente così come sono state verbalizzate: "Monajer mortificato, mi disse che era dispiaciuto della caduta dell'aeromobile civile italiano precipitato nel giugno dell'80. In tale occasione, aggiunse, aveva perso un suo carissimo amico pilota siriano abilitato a condurre i MiG di fabbricazione sovietica ma di proprietà libica, in quanto tutti i velivoli libici venivano guidati da piloti siriani, perché la Libia non aveva all'epoca personale pilota addestrato a condurre tali velivoli. Precisò, che il suo amico pilota siriano morì in quell'occasione, non perché era a bordo del velivolo civile precipitato, ma perché aveva partecipato con un MiG ad un combattimento avvenuto sui cieli italiani con forze nemiche, ma non precisò la nazionalità. Non appena il Monajer mi disse queste cose fu prelevato da due persone in borghese su ordine di un generale. Il mio rappresentante che conosceva benissimo i commensali, mi disse di stare zitto e di non parlare più di aerei né tantomeno di quanto avevo saputo dal Monajer, altrimenti anch'io potevo essere allontanato ed avere seri problemi. Vorrei precisare che, avendo rapporti frequenti con i paesi medio-orientali, non ho mai avuto problemi nel muovermi nei loro paesi, ma da quell'episodio in poi ho avuto seri problemi. Infatti per prima cosa, non ho ricevuto indietro la mia merce, e non fui mai pagato. Sempre successivamente al mio colloquio con il Monajer, ebbi dei seri problemi per il rientro in Italia, in quanto ero sempre sotto stretta sorveglianza da parte di militari siriani in borghese, perché erano convinti che fossi un agente dei Servizi segreti americani o israeliani. Dopo varie peripezie, coinvolgendo l'Ambasciatore italiano a Damasco, riuscii ad arrivare a casa dopo una ventina di giorni; premetto che il mio viaggio di lavoro doveva durare al massimo cinque giorni. Le Autorità siriane fecero severi accertamenti circa la mia vera identità personale" (v. esame Pomposi Guido, GI 15.09.93).
Quanto sopra costituisce un'ulteriore conferma alle notizie giunte al Servizio sulla nazionalità siriana del pilota caduto sulla Sila. Ma l'informazione non esce dal circuito interno. Tale omissione può solo trovare giustificazione nel fatto che non si poteva, o meglio, non si doveva contraddire la versione fornita dai libici sull'accaduto.
In tal senso appare significativo un appunto dell'Ambasciatore d'Italia a Tripoli, classificato "Segreto", concernente l'arresto dei connazionali Seliciato, Castelli e Peruzzo - catturati in Libia per la vicenda della rivolta di Tobruk. In quest'appunto l'Ambasciatore sintetizza il colloquio avuto con Hamed Gurgi, già segretario privato di Jalloud, poi capo della polizia e già tramite di "altre trattative". L'incontro era stato chiesto - si legge nella nota - dallo stesso libico che nell'occasione rivolge all'Ambasciatore richiesta di scambio tra i detenuti italiani in Libia ed i libici detenuti in Italia. Nella stessa circostanza l'Ambasciatore tiene a sottolineare all'interlocutore libico i propri interventi su alcune vicende che interessavano i libici e che qui è opportuno riportare integralmente: "Gli ho d'altra parte ricordato che in un anno di permanenza qui avevo aderito e dato corso ad una serie di sollecitazioni (richiesta di liberazione dei libici arrestati, inchiesta sull'aereo libico caduto in Italia) alle quali avevo ottenuto in gran risposta positiva da parte italiana".
Va rilevato che la 7a Divisione con foglio del 28 luglio 80 trasmette alla 1a e 2a Divisione una missiva in cui si riferisce che "un ufficiale di questa Divisione, in occasione di contatti avuti in Francia il 24 luglio scorso con un collega dell'Aeronautica Francese impiegato allo SDECE, veniva da questi informato, con preghiera di non citare la fonte, che una stazione d'ascolto dell'Armeè de l'Air il giorno 18 luglio ha intercettato una comunicazione radio, in lingua russa, diretta a contattare o ricercare il velivolo". Nella missiva veniva peraltro precisato che dalla comunicazione "proveniente da emittente situata probabilmente nella zona di Tripoli, si evinceva che il velivolo era diretto a Malta". Infine si osservava che proprio la mattina del 18 luglio il velivolo del Servizio G.222 doveva effettuare un volo da Ciampino a Malta e ritorno, ma che l'autorizzazione già concessa veniva revocata quella stessa mattina.
Non si comprende la cautela dell'ufficiale francese nel riferire la vicenda al collega del servizio italiano. Una così importante intercettazione di comunicazione in lingua russa tendente a contattare il velivolo libico doveva rivestire notevole importanza per le Autorità che in quel periodo stavano cercando di stabilire le reali cause della caduta del MiG libico nel territorio nazionale. Invece, il Paese transalpino, anziché comunicare la notizia, l'avrebbe tenuta per sè.
Il generale Inzerilli sentito al riguardo ha escluso che con quel volo si dovessero trasportare persone o armi, osservando che in quel periodo il Servizio avrebbe dovuto fornire al governo maltese un radar da impiegare nel loro aeroporto. Afferma che l'ufficiale di cui alla nota "dovrebbe essere l'allora tenente di vascello Mura, all'epoca ufficiale addetto all'attività aerea e marittima per la 7a". Osserva di non ricordare chi fosse il referente francese di Mura, precisando però che era un capitano dell'Aeronautica francese" (v. esame Inzerilli Paolo, GI 23.05.91).
Mura conferma i contenuti della missiva precisando che nella sua qualità di addetto alle attività aereo-marittime manteneva i contatti con i servizi collegati operanti nell'ambito Stay Behind per l'effettuazione di comuni attività addestrative. Nulla aggiunge a quanto era stato precisato nella missiva. Relativamente al volo del velivolo G222 per Malta dichiara di non ricordare i motivi della revoca dell'autorizzazione. Esclude che con quel volo si dovessero trasportare persone o armi, osservando che sicuramente si trattava di un trasporto di materiale, logistico o tecnico (v. esame Mura Sergio, GI 28.05.91).
Nel corso delle indagini sulla distruzione delle carte del Centro S.I.S.MI di Verona - quella distruzione che ebbe ad oggetto, oltre le altre migliaia di documenti di quell'importantissimo Centro, anche i carteggi relativi agli appunti, già più volte menzionati, nei quali apparivano date sulla caduta del MiG diverse da quelle ufficiali, - è emerso dalle dichiarazioni di Foglia Luigi, vice capo del Centro, la figura del segretario del Capo Centro, tal Cinotti Sergio, come persona che ebbe a gestire, alle dipendenze del responsabile del Centro, la distruzione di quelle carte (v. esame Foglia Luigi, GI 06.12.96).
In effetti il Cinotti, dopo aver precisato di aver prestato lavoro ininterrottamente dal 75 al 93 presso il Servizio Militare, prima al SID e poi al S.I.S.MI, e di avere svolto la sua attività sempre presso il Centro di Verona, ha dichiarato di aver avuto continuativamente le mansioni di Segretario operativo, e cioè di aver sempre curato la registrazione in arrivo e in partenza di tutta la documentazione del Centro. Ha quindi ricordato che proprio in tale funzione ricevette, a seguito della caduta del DC9 Itavia, l'informativa della 1a Divisione - organo sovrintendente, come ben si ricorda, ai Centri - sull'evento, con la quale si chiedevano anche eventuali notizie d'interesse sul fatto. Proprio a seguito di tali richieste egli aveva attivato per effetto di disposizione del Capo Centro i nuclei dipendenti del Centro e cioè Bolzano, Trieste e Belluno, ed aveva contemporaneamente informato il settore operativo del Centro stesso. In conseguenza di tale attivazione operativa del Centro, il maresciallo Di Donna Roberto, deceduto nell'82, aveva compilato un appunto su segnalazione fiduciaria. Tale appunto era stato portato al Capo Centro, che a sua volta lo aveva rielaborato facendolo poi trascrivere da dattilografi della sua Segreteria. L'appunto era stato poi trasmesso alla 1a Divisione a Roma. Il documento - ricorda bene il teste - evidenziava lacune della Difesa aerea e connetteva la caduta del MiG libico in Sila con la vicenda del DC9 Itavia.
Contestato al teste l'esistenza di due appunti originati dal Centro di Verona, il 6450/S del 25 ottobre 80 e il 6876/S del 28 novembre successivo, e che il primo fa riferimento tra l'altro all'episodio del MiG23 caduto "nel giugno del 1980", mentre il secondo fa riferimento tra l'altro ad aerei MiG25,egli ha affermato di aver letto, nella sua qualità di Segretario, entrambi gli appunti, e di aver parlato con Di Donna in particolare del valore di quello sul MiG23. Il Di Donna gli aveva confermato che si trattava di "una notizia eclatante ricevuta dalla sua fonte". La notizia era eclatante in quanto metteva in relazione la caduta del MiG libico con quella del DC9 Itavia.
Il Di Donna gli aveva anche detto che la fonte a sua volta aveva a lui riferito che il velivolo libico per violare lo spazio aereo italiano aveva sfruttato la copertura della rotta del DC9 Itavia "collocandosi sotto la fusoliera di questo secondo velivolo".
Contestatogli che in nessuno dei due appunti appare un nesso tra MiG23 e DC9, conferma la conversazione con Di Donna, come conferma di aver appreso del nesso anche dalla lettura di un appunto.
Contestatogli che in entrambi gli appunti non v'è alcuna menzione del DC9, egli afferma che ovviamente quel punto fu eliminato e che la conferma di tanto proviene dal tenore della conversazione che all'epoca ebbe con quel suo collega. Questi in quella occasione, pur essendo persona di estrema riservatezza, mostrò i segni di una sorta di sfogo personale.
Richiestogli chi avesse compiuto, o avrebbe potuto compiere il taglio o i tagli sulla prima redazione dell'appunto di Di Donna, Cinotti testualmente così asserisce: "Sulla base della mia esperienza posso solo dire che verosimilmente sono intervenuti organi centrali del Servizio in questa vicenda...non posso dire se intervenne nella vicenda il Capo Centro se non nelle modalità che ho già detto cioè attraverso gli organi centrali...".
Anche l'appunto 3641 datato 8 aprile 81 su "sospetta attività dei Servizi Segreti libici", aggiunge il teste, fu stilato dal Di Donna. (v. esame Cinotti Sergio, GI 23.01.97).
A conclusione si può esser certi dei seguenti fatti: che il Centro di Verona ha distrutto migliaia di atti; che tra questi atti vi erano i fascicoli concernenti i documenti che riportavano come data di caduta del MiG23 giorni diversi da quelli del rinvenimento ufficiale; che in uno di questi documenti vi era riferita o doveva esservi riferita la connessione con il DC9 Itavia; che decisione su tale documento può essere stata presa soltanto anzi è stata presa da "organi centrali" ovvero dalla 1a Divisione, che all'epoca della formazione dell'atto era diretta dall'allora colonnello Notarnicola.
Si sono già visti i documenti del Centro CS di Verona. Va inoltre osservato che in un documento della 1a Divisione datato 31 luglio 81 all'oggetto "Incidenze negative sulla sicurezza militare", la caduta del MiG libico viene indicata come avvenuta il 14 luglio 80 e non il 18 luglio 80. Nel documento la data appare inserita in un momento successivo alla prima battitura del documento, giacché é redatta con caratteri a distanza minore degli altri e non in linea con la restante parte della riga. L'estensore dell'appunto é come al solito il capitano Masci. Il documento trae origine da una informativa del sempre ben informato Centro CS di Verona, in cui venivano riferite alla Centrale alcune carenze della Difesa aerea nazionale. Informativa che porta la data del 18.11.80 ma che solo nel luglio 81 la 1a Divisione deciderà di inoltrare superiormente; allorchè sarà trasmessa al ministro della Difesa, Lagorio, al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Torrisi, ed al Segretario generale del CESIS, Pelosi.
Masci interrogato sulla difformità con la data ufficiale del rinvenimento ha sostenuto trattarsi di mero errore di dattilografia. Di contro il Direttore della 3a Sezione dell'epoca, Genovese, che ha invece sostenuto che fu proprio Masci a confermargli che l'aereo era caduto il 14 luglio 80 (v. esame Genovese Felice, GI 11.10.96).
A margine va osservato che il 2° Reparto dello SMA, al quale il 3° Reparto invia l'informativa del S.I.S.MI per le valutazioni di competenza, non corregge la data, ma la conferma nella risposta. Infatti al punto 1d si legge: "Incidente velivolo MiG23 libico. I risultati dell'inchiesta hanno potuto stabilire che l'incidente del 14 luglio 80 é avvenuto per un malessere del pilota e certamente non nel corso di una missione di ricognizione per valutare la capacità della D.A. italiana.
Tra l'altro é da rilevare che il velivolo in questione con la configurazione, adottata per il volo del 14 luglio, non avrebbe avuto autonomia sufficiente per far rientro in Libia". (v. missiva 2° Reparto nr.SMA/222/1550 datata 21.08.81 in provvedimento di esibizione del 7.07.95).
A tal punto non può non richiamarsi l'annotazione che Tascio appone nella sua agenda sotto la data proprio del 14 luglio 80:
"Mr. Clarridge
500$ lo possono comparare e ce lo ritornano con l'analisi FTD
tramite lui oppure tramite Addetto
MiG21 Many versions - they want to see it". Annotazione su cui si tornerà più innanzi.
Scarsa e irrilevante anche per la vicenda del MiG l'attività informativa del Raggruppamento Centri CS di Roma. Come emerge sia dalla testimonianza di Cogliandro, responsabile del Raggruppamento, che da quella di Sasso, responsabile del Centro IV. Quest'ultimo, tra l'altro, oltre ad occuparsi del controllo delle attività dei soggetti ritenuti agenti del Servizio libico in Italia, curava anche i contatti con gli esponenti in Italia del Servizio informativo libico. In particolare con il noto Moussa Salem. Nonostante ciò nessuna attività informativa appare compiuta sulla vicenda.
Categorica e nello stesso tempo incredibile la dichiarazione di Sasso. "Della vicenda della caduta del DC9 dell'Itavia e del MiG libico, non svolsi, come Centro alcun accertamento. Non chiesi nulla all'Ambasciata ed in particolare a Moussa Salem anche perché il MiG era caduto in Calabria ove la competenza era del Centro di Napoli e la versione ufficiale, al momento, non era stata messa in dubbio. Non ho mai raccolto notizie riguardanti la caduta del MiG libico in periodi successivi e lontani al periodo in cui l'evento è avvenuto." (v. esame Sasso Aldo, GI 07.02.97).
Va tuttavia detto - come si é già avuto modo di rilevare supra - che al tempo dei fatti il colonnello Cogliandro aveva istituito - su direttiva di Santovito - una prassi a dir poco singolare, riferendo direttamente al Capo del Servizio, e scavalcando di fatto Notarnicola. Aveva costituito, a completamento di ciò, un archivio parallelo custodito presso la sua segreteria. Di ciò si é già fatto riferimento e pertanto si rimanda al relativo capitolo. Qui si vuole soltanto ribadire che tra le pratiche distrutte dell'"archivio Cogliandro" risultano anche quelle relative al DC9 ed al MiG libico.
Censurabile la distruzione di questi atti, di cui per la loro natura informale il Servizio non ha neanche ritenuto di dover redigere il relativo verbale di distruzione. Non può non essere rilevato come anche in questo caso si sia trovati di fronte, da una parte ad una illegittima archiviazione di notizie, dall'altra ad una consequenziale illegittima distruzione di documenti. E con essa la distruzione di documenti concernenti i due gravissimi fatti per cui é processo.
Le deposizioni degli ufficiali del S.I.S.MI che nel tempo sono stati sentiti sulla vicenda non hanno concorso alla ricostruzione dei fatti; anzi, con i loro silenzi e solo parziali ammissioni hanno contribuito, invece, a render difficoltoso e arduo il progresso dell'inchiesta. Per tale ragione alcuni di loro come si é già fatto cenno, sono stati raggiunti da comunicazione giudiziaria. Quasi tutti gli ufficiali della 3a Sezione della 1a Divisione che si interessarono delle due vicende, in un contesto di generale reticenza hanno mentito su circostanze di notevole importanza.
Su ciò che hanno dichiarato il generale Notarnicola e gli altri ufficiali della 3a Sezione - Lombardo, Alloro e Masci - e funzionari del Centro CS di Bari - Curci e Maraglino - si ritornerà più diffusamente nella parte in cui si affronterà la loro posizione.
Il generale Notarnicola ha negato di aver disposto l'acquisizione a Martina Franca dei dati del MiG libico nel contesto di un accertamento concernente la vicenda del DC9 Itavia; ha negato di essere stato a conoscenza che il capitano Masci si fosse recato sul luogo di caduta del MiG e che su questa missione avesse anche riferito. Ha negato di avere avuto rapporti diretti con il generale Tascio e di aver parlato con quest'ultimo in relazione alla connessione tra i due eventi; ha negato di aver inviato il tenente colonnello Alloro dal generale Tascio per la consegna dell'appunto sulle informazioni apprese dal capitano Masci al riguardo della caduta del MiG libico.
Il colonnello Lombardo ha negato di aver parlato con Masci su quanto questi aveva appreso sul posto e di essersi pertanto limitato a trasmettere l'appunto del 28 agosto 80 al Direttore del Servizio, giacchè sostituiva Notarnicola, in quei giorni assente; negava anche di conoscere le motivazioni sulla esclusione di Antonicelli da coloro i quali dovevano redigere le dichiarazioni richieste dalla Direzione del Servizio sulle modalità di acquisizione dei dati radar a Martina Franca; negava infine di conoscere le motivazioni del trasferimento, nel 94, di Antonicelli da Capo Centro CS di Bari.
Il tenente colonnello Alloro, anch'egli in un quadro di generale reticenza, negava di essersi mai occupato della vicenda del MiG Libico; negava di essere a conoscenza di quanto richiesto a fine luglio 80 al Centro CS di Bari; negava di essere a conoscenza del contenuto del plico consegnato al generale Tascio; negava infine di essere a conoscenza di quanto appreso da Masci in Calabria e di aver disposto relazione su questa missione.
Il capitano Masci, figura centrale della vicenda, asserisce che l'incarico di essersi recato sul posto di caduta del MiG gli era stato dato dai colleghi della sua Sezione; asserisce che la trasmissione dei dati relativi al MiG libico con missiva ad oggetto DC9 Itavia del Centro CS di Bari, era da ricondurre ad un mero errore nell'oggetto; come allo stesso modo sarebbe stato mero errore l'apposizione del 14 luglio 80 come data di caduta del velivolo nel documento del 31 luglio 80.
Il colonnello Curci del Centro CS di Bari negava di essere a conoscenza che la richiesta di dati presso il 3° ROC riguardasse anche il MiG23 e non solo il DC9. Negava di conoscere chi materialmente gli avesse richiesto telefonicamente i dati, ma che comunque la richiesta doveva provenire da Notarnicola o da Angeli. Negava infine di aver influenzato Maraglino nella redazione delle dichiarazioni richieste nel 1989 dalla Direzione del Servizio.
Il maresciallo Maraglino infine asseriva che la seconda volta che si era recato a Martina Franca aveva richiesto documentazione concernente il DC9 e non il MiG libico.
Queste in estrema sintesi le dichiarazioni rese.
Deve essere rilevato che il tenente colonnello Angeli, al tempo dei fatti Direttore della IVa Sezione e in "affiancamento" al Direttore della Segreteria, al quale sarebbe subentrato a partire dal 1° agosto 80, ha escluso la circostanza ascrittagli da Curci.
Il colonnello D'Eliseo, Capo dell'ufficio del Direttore del Servizio generale Santovito, non ricorda molto della vicenda; riferisce però una circostanza molto importante sull'attivismo di fine luglio: "Non posso dire quali fossero le ragioni dell'urgenza. In genere l'urgenza per il Direttore del Servizio deriva da richieste del ministro della Difesa o del Presidente del Consiglio o suo delegato, cioè dal Sottosegretario della Presidenza del Consiglio delegato ai Servizi" (v. esame D'Eliseo Secondo, GI 16.09.93).
Se ne deduce che le "voci sparse ad alti livelli" di cui all'annotazione del 28 luglio del generale Tascio, non possono che riferirsi alle Autorità sopra menzionate.
Su un'agenda sequestrata allo stesso D'Eliseo nell'ambito di altro procedimento penale e acquisita in copia, sono state rilevate alcune annotazioni relative alla vicenda che è bene riportare integralmente:
-18 luglio 80 - "Nei pressi di Crotone è caduto un aereo di nazionalità sconosciuta";
-20 luglio 80 - "Intensa attività con Difesa Gab. e SIOS/A per stilare il testo per SPI (su richiesta del ministro) in ordine all'incidente sul MiG23 - il sig. ministro è stato raggiunto per telefono per l'approvazione";
-21 luglio 80 - "continua la "storia" del MiG23: i libici hanno ammesso che il velivolo è "loro";
-23 luglio 80 - "E' stata fatta l'autopsia al pilota libico, come da richiesta dello SMA. SIOS/A procede per suo conto nell'inchiesta".
Hanno immediatamente colpito le virgolettature apposte nell'annotazione del 21 luglio: "storia" e "loro".
D'Eliseo, pur riconoscendo che tali virgolettature sembrano orientare verso suoi dubbi, sulla circostanza relativa alla vicenda e sulla reale nazionalità del velivolo, dichiara che "evidentemente tale perplessità la trassi direttamente da atteggiamenti o frasi del Santovito". Ammette soltanto che le frasi di cui sopra alludono ad una ridda di ipotesi che sarebbero "morte" con l'ammissione dei libici che il velivolo era il loro (v. esame D'Eliseo Secondo, GI, 22.12.93).
Sentito nuovamente il giorno successivo, l'esame non sortisce effetto migliore. Preso atto che anche in un appunto datato 21 luglio 80 acquisito presso il S.I.S.MI concernente l'autopsia del pilota libico, egli virgoletta ancora la parola "autopsia", dichiara di usare le virgolette su determinate parole, "al solo fine di enfatizzarle a fini visivi". Tuttavia non riesce a spiegare per quale motivo tale sistema non appare in nessun altro documento.
Nulla sa dire, o vuole dire, sulla già richiamata annotazione apposta di suo pugno: "Sì per SIOS/A per progetto Notarnicola-Tascio (ore 19.00 del 23.07.80)". A tal proposito afferma: "Sicuramente io riporto una decretazione del Capo del Servizio per trasmettere al SIOS/Aeronautica l'assenso al progetto in questione". (v esame D'Eliseo, GI 23.12.93). Pertanto neanche l'estensore dell'annotazione riferita al "progetto" ricorda o non vuole ricordare a cosa esso si riferisse. E questo dimostra che il "progetto" cela qualcosa che non può e non deve essere portato alla luce.
E' stata anche raccolta la testimonianza del generale Ninetto Lugaresi, Direttore del S.I.S.MI a seguito dell'allontanamento di Santovito. Questi, dopo aver premesso di non ricordare una particolare trattazione sui temi di Ustica e del MiG libico, ha affermato che "la versione accreditata all'epoca era quella secondo cui il pilota, un dissidente - peraltro abilissimo giacché istruttore - era stato "pilotato" dalla CIA. Egli stava per essere scoperto e quindi doveva fuggire dalla Libia; doveva anche portare con sè una macchina, all'epoca, di rilevante valore. Questa ipotesi era stata da me considerata valida".
Va subito rilevato tuttavia che di questa ipotesi nessuna traccia è stata rinvenuta agli atti del Servizio. Pertanto se ne deve dedurre, o che é stata avanzata verbalmente senza alcuna ricerca di riscontro obiettivo, o che la stessa, invece, non doveva essere riscontrata attesi gli anomali rapporti che intercorrevano tra il Servizio italiano e quello libico. Rapporti ai quali si rimanda nella parte in cui i medesimi sono stati ricostruiti.
Altra testimonianza che merita di essere citata è quella del generale Giuseppe D'Ambrosio, che nel periodo di interesse ricopriva il delicato incarico di Vice Direttore Operativo del S.I.S.MI. Tali dichiarazioni vanno citate non per il prezioso contributo che hanno portato all'indagine, ma perché esse costituiscono uno spaccato di reticenza, di falsità, di totale assenza di spirito di collaborazione con l'AG. E ciò é ancor più grave perché siffatto atteggiamento di chiusura non proviene dal comune cittadino che comunque ha l'obbligo di deporre conformemente al vero, ma proviene da un ufficiale generale che ha ricoperto alti incarichi in seno agli organismi istituzionali del Paese.
D'Ambrosio, dopo aver premesso di non essersi mai occupato né della vicenda di Ustica né di quella del MiG libico, afferma di essere stato trasferito il 24 giugno 80 al S.I.S.MI con l'incarico di consulente del generale Santovito, mantenendo l'incarico di assistente al ministro della Difesa per le relazioni internazionali. Dal 1° di novembre del 1980 al 2 di novembre del 1981 ricoprì l'incarico di vice direttore operativo.
Nessuna spiegazione ha saputo indicare - lui che asserisce di non essersi mai occupato della vicenda del MiG libico - al fatto che il suo nominativo e relativa utenza telefonica fossero inseriti in un appunto apposto sulla copertina interna del fascicolo relativo al MiG libico acquisito allo Stato Maggiore del S.I.S.MI. Afferma soltanto: "Non so spiegarmi come sia stato messo il mio recapito telefonico in questa lista. Ritengo che io sia stato messo in un certo senso automaticamente, per chiamate in caso di mancato reperimento del Direttore".
Dopo aver più volte ribadito di non essersi occupato della vicenda e nonostante la contestazione che agli atti del Servizio fosse stato rinvenuto un appunto relativo al MiG libico concernente notizie raccolte dal SIOS/A fino alle ore 18.00 del 19 luglio 80, sul quale era apposta l'annotazione "ore 18.15: gen. D'Ambrosio", e che in un biglietto allegato si leggeva "Appunto riferito a: - gen. D'Ambrosio: ore 18.15 (su richiesta mia a casa); - S.E. il Direttore: ore 19.05; - PCM (Cons. Squillante): ore 19.25-", il generale D'Ambrosio ha continuato a ribadire di non essersi occupato della vicenda, di non ricordare l'episodio, ma che se avesse letto o gli fossero state lette per telefono le notizie contenute nell'appunto, se ne sarebbe, oggi, sicuramente ricordato.
Esclude anche di aver partecipato alla redazione del primo comunicato stampa relativo alla caduta del velivolo libico, nonostante che in un biglietto, a firma D'Eliseo, allegato al comunicato stampa diramato il 20 luglio 80 si legge: "Il testo é stato elaborato, su ordine del sig. ministro (a gen. D'Ambrosio), con la partecipazione del gen. Tascio, Pugliese e D'Ambrosio)". Anzi afferma, che se vi avesse partecipato, lo ricorderebbe senz'altro.
Esclude anche di aver portato al S.I.S.MI dal Gabinetto della Difesa la nota verbale libica datata 20 luglio 80, nonostante che in un biglietto allegato alla nota il colonnello D'Eliseo scriva di averlo ricevuto "da Difesa Gabinetto tramite Signor generale D'Ambrosio (ore 10.45 del 21.7.1980)". Tiene a precisare, però, di non poter escludere di aver recapitato una busta chiusa, ma che, in questo caso, sarebbe stato alquanto strano che si fosse usato un generale per portare una busta chiusa.
Nonostante l'annotazione del suo nominativo nel registro dei voli CAI alla data del 5 luglio 80 sulla tratta di volo Ciampino-Lamezia Terme, il generale D'Ambrosio ha escluso di aver compiuto un viaggio con la CAI per Lamezia Terme.
Il nome di D'Ambrosio non compare soltanto tra le carte del S.I.S.MI, ma anche tra quelle sequestrate a Renato Era. Difatti in queste carte é stata rinvenuta la scheda valutativa relativa all'anno 83. Era in proposito ha dichiarato di averla ricevuta dallo stesso generale D'Ambrosio "nell'ambito di un interessamento per le sue progressioni di carriera" (v. esame Era Renato, GI 03.05.96).
D'Ambrosio ha dichiarato di conoscere Era come amministratore di Villa Mafalda e di non avergli mai chiesto favori attinenti alla propria carriera. Dichiara di ritenere, altresì, che non possano rilasciarsi copie delle schede valutative, precisando comunque di non averle mai richieste. Ma nonostante queste negazioni appare ovvio l'imbarazzo dell'ufficiale nell'apprendere del sequestro del documento presso l'abitazione di Era.
Queste sono le dichiarazioni del generale D'Ambrosio, dichiarazioni che si commentano da sole.
Altre dichiarazioni concernenti la vicenda del MiG23 provengono da colonnello dell'Aeronautica Militare in congedo, tal Milani Enrico. Questo ufficiale, che ha un passato di migliaia di lanci con paracadute e di molteplici azioni di guerra nell'ultimo conflitto mondiale - tra l'altro operazioni su El Alamein e nel Nord della Siria a fini di contrasto, in collegamento con la rete del Gran Muftì di Gerusalemme, da parte delle potenze dell'Asse, di movimenti verso la Siria, la Palestina e l'Egitto dell'VIIIa Armata Inglese di stanza nell'Iraq - ha fatto anche parte dell'equipaggio del velivolo denominato Argo 16, che il 31 ottobre del 73 aveva trasferito dal nostro Paese a Tripoli di Libia i terroristi arabi arrestati il precedente 5 settembre perché trovati in possesso di un lanciamissili Strela e quindi nell'ambito di poche settimane liberati.
Egli ha affermato di essere stato convocato il giorno 18 luglio 80 mentre si trovava nella sua abitazione di Sutri, presso la locale Stazione CC. per comunicazioni urgenti. Qui parlò con il generale Terzani, suo ex superiore al Servizio Militare, che gli comunicò che il generale Tascio era alla sua ricerca, e che pertanto doveva mettersi a sua disposizione. A bordo di un'autovettura mandata a Sutri raggiunse il palazzo del SIOS in via Pietro Gobetti, ma qui fu ricevuto in assenza di Tascio, già partito da Ciampino per la Sila, dal suo vice, che lo invitò a ritornare l'indomani, allorché sarebbe stato di ritorno il capo del SIOS. Milani conosceva Tascio da lungo tempo, dal tempo per la precisione in cui egli era stato Aiutante di volo del Presidente della Repubblica.
L'indomani, in effetti, ritornato al SIOS, incontrò il "comandante" che subito gli mostrò parti metalliche del velivolo e "carteggio" ovviamente rinvenuto sul luogo di caduta del MiG. I reperti metallici erano parti interne dell'aeromobile ed un frammento della fusoliera, su cui si leggeva la "matricola". Tutti questi reperti recavano segni di bruciature. Tascio richiese a Milani di analizzarli, in considerazione del fatto che su di essi vi erano scritte in carattere arabo e il Milani è profondo conoscitore di tale lingua.
Tra quelli cartacei il colonnello riconobbe in uno di essi i numeri delle tabelle di volo. Vide poi un foglio di carta bruciacchiato contenuto in un frammento di busta lacerata. Su di esso apparivano segnate a mano delle scritture in arabo, che, con buona approssimazione, recitavano, in una sorta di riconoscimento di colpe, "Io sottoscritto pilota Khalil colpevole dell'abbattimento e della morte di tanti...". Di tale scritto l'anziano ufficiale dette anche una spiegazione a Tascio; il pilota cioè, secondo lui, conoscitore oltre che della lingua araba anche della mentalità maomettana, manifestava con quello scritto la volontà di espiazione di una grande colpa con gesto suicida coerente ai dettami del Corano, e in obbedienza ad ordine impostogli dai vertici del regime del suo Paese. Il Milani ha anche aggiunto che la "matricola" sulla lamiera era composta da due numeri, l'uno in cifre arabe collocato a destra, per chi leggeva e l'altro in cifre occidentali a sinistra. Mostrategli, infine, le carte, in giudiziale sequestro, acquisite sul luogo di caduta del MiG, tutte in lingua araba, non le ha riconosciute come quelle che gli furono mostrate da Tascio. (v. esame Milani Enrico, GI il 29.01.97).
Carteggio rinvenuto al S.I.S.MI, di palese grafia del colonnello D'Eliseo, all'epoca capo dell'ufficio del Direttore, conferma la vicenda della convocazione del Milani al SIOS tramite S.I.S.MI, ma colloca temporalmente il fatto in tempi di poco diversi. La prima ricerca di interprete di lingua araba - oltre che di lingua russa, cui provvedeva la Marina con Zolotariof Boris, anch'egli escusso - (vedi esame, GI 09.02.96) - avvenne nelle primissime ore del 19 luglio (sull'appunto è scritto "01.25"). Altro biglietto (datato sempre 19 ad ore 17.20 circa) conferma che la messa a disposizione è per le 20.00 di quello stesso giorno presso il SIOS, che il Milani fu prelevato con automezzo del S.I.S.MI presso la Stazione CC. di Sutri e che giunse al SIOS puntualmente alle 20.00.
Conferma a tale dichiarazione viene espressa in un successivo esame, con più precise e nuove circostanze. Egli rammenta che la dichiarazione era più specifica, nel senso che si apriva con la frase "Io responsabile dell'abbattimento del velivolo civile italiano ...". Rammenta inoltre che quella frase tradotta la riferì soltanto al generale Terzani, il giorno successivo, sempre a luglio, nella sede del Ministero della Difesa-Aeronautica in viale dell'Università, al 4° piano, sede dell'Ispettorato Logistico.
Fu proprio costui ad "ordinargli" di prelevare qualsiasi "cosa d'importante" mostratagli o rinvenuta presso Tascio e consegnargliela. Così egli fece. Si impossessò di quel foglietto, senza che Tascio se ne accorgesse - qui egli modifica la precedente versione - e lo consegnò al suo ex superiore. Questi "incamerò" il foglietto, lo ringraziò e gli ingiunse di non parlarne mai con nessuno.
Non ha mai parlato con alcun altro del testo di quello scritto. Non sa dire a chi abbia potuto riferire il Terzani. Ritenne l'espressione usata dal pilota coerente con il pensiero mussulmano, giacchè secondo il Corano chi produce morte deve sacrificarsi per il male compiuto; ché altrimenti la responsabilità del malfatto ricadrebbe sulla famiglia e sugli affetti più cari. Egli ben conosce tale mentalità perché di madre siriana. (v. esame GG.II. Roma e Venezia 26.02.97).
Tra le carte sequestrate presso il Gabinetto del Ministero della Difesa veniva rinvenuto un appunto a grafia dell'allora capo di Gabinetto, generale De Paolis. In tale foglio intestato al Ministero della Difesa - Capo di Gabinetto, datato 19/7, vergato a mano con grafia del De Paolis, che in tal senso riconosce, e con una sorta di titolo "Ultime" vi si riporta, come detto in altra parte, l'orario preciso al minuto di caduta del MiG e all'ultima riga, oltre ad appunti sul velivolo e sul pilota, la scritta "Documenti molto interessanti: una specie di testamento/dichiarazione".
Il teste riferisce che le notizie contenute in detto appunto gli sono state comunicate con alto grado di probabilità dallo Stato Maggiore dell'Aeronautica per via telefonica e che i suoi interlocutori sulla vicenda potevano essere stati il Capo, il Sottocapo o i Capi Reparto. Anche se non esclude di poter essere stato contattato, sempre per telefono, da un ufficiale dei CC. del luogo di caduta del velivolo, che già in precedenza - e quindi solo il 18; o Inzolia o Livi - lo aveva chiamato per ragguagliarlo sul cadavere del pilota.
Non ha mai letto il documento "testamento/dichiarazione". Presume che contenesse i motivi che avevano indotto il pilota al comportamento che lo aveva portato a cadere sulla Sila. Aggiunge che in quel testamento ben poteva esserci stata una richiesta di perdono, ma esclude tassativamente che ciò gli fosse stato riferito dalla persona con cui era in contatto ed afferma, a mo' di giustificazione, che s'è trattato di una sua pura generica illazione". (v. esame De Paolis Mario, GI Roma, 26.11.97).
Convocato nuovamente, il Milani conferma ancora le precedenti dichiarazioni, precisando che di certo, per l'incarico affidatogli, Terzani richiese ed ottenne autorizzazione da Santovito e che a costui probabilmente riferì sull'esito della traduzione. Esso Milani, da parte sua, nulla comunicò al S.I.S.MI, aggiungendo altresì che egli immediatamente associò, allorché lesse il testo del biglietto, "il velivolo civile italiano abbattuto", al DC9 caduto nel mese precedente. Ribadendo infine che il gesto suicida trovava motivo nell'ossequio ai dettami del Corano al fine di evitare che quella colpa - e cioè aver cagionato la morte di tante persone nel Paese ove egli voleva espiare - ricadesse sulla propria famiglia. (v. esame Milani Enrico, GI Roma, 02.12.97).
È difficile poter dire quale fosse l'esatto contenuto di questo scritto. Di certo esso esisteva, ed è stato fatto sparire. Di certo esso conteneva una sorta di invocazione di perdono, e per questo motivo si è temuto che potesse divenire di pubblico dominio. A cosa si riferisse non è però possibile dirlo con certezza. Potrebbe essere una specie di preghiera che ogni buon mussulmano, in particolare se rischia la vita con la sua attività e se tale attività cagiona o ha cagionato morti, porta con sè. Come potrebbe essere uno scritto che ha relazione con i fatti che sono ad oggetto dell'inchiesta.
Il MiG di Castelsilano ha interessato, come s'è detto non solo Autorità Italiane, ma anche, su richiesta del SIOS/A o d'iniziativa, i Servizi di Paesi alleati od amici. Le vicende di questi "interessamenti" sono elencate in un documento dello SMA prodotto a seguito di richiesta dell'Ufficio.
In primo luogo - a parte i contatti Tascio-Clarridge e quanto ne conseguì - Israele; che ad appena dieci giorni dal rinvenimento del MiG, dietro richiesta del SIOS trasmette a mezzo dell'Addetto militare navale e dell'aria due rapporti, il primo dal titolo "Flight Recorder - SARPP-12 G (CAP(( 12 () concernente il sistema automatico di registrazione dei parametri di volo, e un secondo dal titolo "R-855/UM Data Sheet", che non appare allegato e che invece é nel documento n.23, concernente un apparato di trasmissione di fabbricazione russa, facente parte dell'"emergency kit" del pilota.
In secondo luogo il Servizio Jon, che si identifica in quello tedesco, come provato infra. Questo Servizio, tramite il S.I.S.MI, richiede quelle stesse parti che erano già state consegnate agli Americani del Federal Technology Department. Un rapporto di questo F.T.D. viene richiesto dal S.I.S.MI sia per completamento della propria documentazione sia per trasmissione allo Jon.
Risulta poi trasmessa, nel novembre 80, all'Addetto Aeronautico statunitense "Documentazione Tecnica Formale" per il successivo inoltro all'F.T.D., l'ente di cui s'è detto, nella sede di Wiesbaden, in particolare le mappe geografiche della zona d'impatto, il percorso prepianificato della missione (fornito dai libici), il plotting GCI con traduzione in inglese (fornito dai libici), le carte delle condizioni meteorologiche (fornite dai libici), lo stralcio delle comunicazioni terra-bordo-terra del 18 luglio 80 (fornito dai libici), i documenti tecnici del volo (forniti dai libici), i risultati delle analisi campioni velivolo, i dati dell'analisi del "Flight Recorder", il grafico dell'andamento delle comunicazioni su percorso prepianificato, la relazione del comando libico (fornita dai libici), il rapporto di visita medica annuale del pilota (fornito dai libici), documentazione tecnica sull'incidente.
Anche lo Stato Maggiore dell'Aeronautica tedesca richiede, il 15 gennaio 81, informazioni sui risultati dell'inchiesta SMA, facendo presente che tutte quelle attribuite a quel tipo di velivolo continuano ad essere di particolare interesse per l'Aeronautica tedesca, giacché la maggior parte dei velivoli che minacciano (siamo agli inizi del decennio 80) la Repubblica Federale è dello stesso tipo e le conoscenze acquisite hanno un'influenza diretta sia sull'addestramento tattico degli equipaggi sia sullo sviluppo di nuovi sistemi d'arma.
A distanza di poco più di un mese, il 20 febbraio 81, l'Addetto dell'Aria francese richiede una lista d'informazioni divise in: A. punti di interesse prioritario ovvero: 1. fotografie della cabina di pilotaggio (ravvicinate del cruscotto, strumenti di volo e del motore), del radar (antenne ed altri componenti), del motore (ravvicinate dei componenti, compressore, turbina, ecc.); 2. questioni sull'esistenza di sistema automatico di variazione delle ali, sullo scope radar, sul collimatore, sul CME, sul radar, sul sistema di navigazione automatico, sul motore. B. punti di interesse generale ovvero: 1. caratteristiche generali ; 2. cellula (2.1. ali, 2.2. fusoliera, 2.3. comando di volo, 2.4 carrello); 3. propulsione (3.1 alimentazione in aria, 3.2 circuiti combustibili, 3.3 turbomotore); 4. radar; 5. attrezzatura del sistema di navigazione autonoma (S.N.A.); 6. seggiolino eiettabile; 7. cabina.
Il 18 maggio 81 il S.I.S.MI ribadisce, a seguito di precedenti fogli, al SIOS che le caratteristiche tecniche del velivolo costituiscono oggetto di vivo interesse sia dello stesso S.I.S.MI che dei Servizi collegati della NATO.
Il Servizio di Sicurezza tedesco nel settembre dell'81, dopo aver ringraziato per l'opportunità ad esso concessa di esaminare parti del velivolo e aver inviato una serie di foto prodotte, chiede che siano messe a disposizione 17 parti appartenenti al sistema radar del velivolo.
Una missiva datata 27 giugno 81 ed autorizzata dall'F.T.D., ad oggetto "Have Shadow" trasmette informazioni per rimuovere detonatori installati nell'IFF del velivolo. A questa missiva ne segue un'altra, datata 9 luglio 81, con medesimo oggetto, per la confezione dei componenti dell'IFF e la spedizione degli stessi all'F.T.D. in Ohio.
Con nota del 12 giugno 81 inizia un carteggio tra il Servizio Jon e il SIOS tramite il S.I.S.MI. In tali note si esprime ringraziamento per l'offerta di concessione temporanea per valutazione di materiale desiderato e si sottolinea che con i risultati della valutazione s'avrà l'occasione di intensificare lo scambio di informazioni tra i valutatori delle Aeronautiche militari dei Servizi di entrambi i Paesi. A seguito di tale messaggio è organizzata una visita di delegazione del Servizio Jon a Roma il 25 giugno 81. L'8 settembre 81, dopo tale visita, viene inviato un elaborato di 212 pagine e 86 allegati oltre ad una scatola di fotografie. Da successiva nota, del 4 dicembre 81, si apprende che non ci fu una sola visita, quella del 25 giugno, ma anche un'altra precedente, del 4 e 5 giugno, di delegazione del settore "Tecnica Aeronautica MiG23" di detto servizio Jon, presso la 3a Divisione, nota con la quale si rinnova la richiesta dell'hardware di cui alla nota 8 settembre 81.
Il SIOS risponde, sempre per il tramite del S.I.S.MI, ad entrambe le note, quella del 14 settembre e del 18 dicembre 81 di Jon, con nota del 5 gennaio 82, con la quale si restituisce il documento "Radio Engineering System of Short-Range Navigation" e si comunica che il materiale disponibile potrà essere consegnato a partire dall'11 seguente. In effetti tale materiale, che è quello richiesto con nota supra (17 parti del sistema radar, meno quattro parti non disponibili) viene ritirato il 12 gennaio 82 dal colonnello Pascucci per conto del S.I.S.MI. In allegato a tale nota risulta un sommario verbale di una riunione, intitolato "MiG23. Incontro con i tedeschi 4-5/6/81", in cui appare un lungo elenco di fotografie "date ai tedeschi". Appare inoltre consegnata, oltre a tali fotografie, una copia della "Documentazione Tecnico Formale" della Commissione di Inchiesta sul MiG23 libico. Sempre in allegato altri due fogli apparentemente della stessa mano che ha redatto il detto elenco di fotografie consegnate, intestati in alto a destra "Fonte: Tedesco (giugno)" in cui sono riportati i seguenti argomenti: Armament FLO/F, FLO/J, FLO/G, FLO/B, FOX/B-D, Fox mod. FIT/D, FIT/C, FIT/H, Tattica sgancio nucleare FIT, Backfire, MI-24, HIP/G.
Con nota del 2 marzo 82, trasmessa sempre attraverso il S.I.S.MI, Jon si rammarica per la mancata consegna delle quattro parti sopra dette e ne richiede nuovamente, ove possibile, la messa a disposizione, specificando che si tratta del Radar Jay Bird, della Waveguide Unit, di Radar antenna part e dello SRZO2.
A tale richiesta il SIOS risponde in data 19 marzo 82, dichiarando la temporanea indisponibilità di quelle parti e s'impegna a comunicarne tempestivamente la disponibilità.
Le quattro parti in questione erano state consegnate all'Addetto Aeronautico degli Stati Uniti, come risulta da un foglio intitolato "Parti MiG23 MS (libico) da consegnare all'Addetto Aeronautica U.S.A." In tale foglio sono elencate 19 parti. Si tratta delle parti selezionate da quell'Addetto meno l'unità KV-2 NM Gyro dell'SKV-2M. Le parti in questione vengono ritirate l'8 gennaio 82 dall'Addetto Aeronautico Aggiunto. Tra di esse - sono cerchiate nel documento - l'SRZO-2 (IFF), un componente radar, la base dell'antenna radar, la guida d'onde del radar.
Sempre l'Addetto Aeronautico statunitense in data 19 ottobre 82 comunica al SIOS, nell'ambito dell'oggetto "Have Shadow", che entro breve tempo sarebbe pervenuto a quella stazione il rapporto completo di "Have Shadow" della Foreign Technology Division e che conseguentemente quell'F.T.D. avrebbe restituito tutte le apparecchiature "Have Shadow" ad eccezione, previo consenso dello SMA, della radio-bussola ARK-15; e, ove ciò non fosse stato possibile, sarebbero stati richiesti, stante l'interesse alle cartoline del circuito integrato, i duplicati dei circuiti stampati.
Il SIOS risponde il 9 novembre 82 dando il proprio consenso all'F.T.D. a trattenere l'apparecchiatura ARK-15 e richiedendo il restante materiale consegnato come il rapporto di analisi dell'F.T.D.
Segue nota dell'Addetto Aeronautico statunitense in data 16 dicembre 82, con la quale si forniscono i risultati delle analisi sulle seguenti parti: airborn radar, radio compass, data link receiver, trim motor control switch, directional gyro unit, IFF decoder, data unit, oxygen control block. In generale, continua la nota, queste analisi non hanno modificato le conoscenze concernenti i subsistemi del Flogger E, a parte i micro-circuiti dell'ARK-15 M ovvero il radio-compasso.
Di particolare interesse la nota esplicativa del SIOS, datata 20 novembre 82, allegata alla predetta missiva dell'Addetto statunitense. In tale nota tra l'altro si attesta - conformemente al vero - che non ci sono stati mai provvedimenti di "sequestro" da parte della Magistratura e che i pezzi del MiG23sono stati "ufficialmente" restituiti al Governo libico dopo la richiesta pervenuta dal M.A.E., tre giorni dopo l'incidente, mentre a seguito di direttive superiori (C.R. sta con ogni probabilità per Capo Reparto), parti di essi (specificati in un elenco D che non è in questi atti), sono stati trattenuti per esigenze informative. Si continua affermando che il laboratorio AM ha provveduto ad analizzare residui di carburante, di lubrificante, il tettuccio di pilotaggio ed ha disinnescato le cariche esplosive dei due apparati IFF rinvenuti a bordo. L'R.S.V. ha analizzato lo spezzone del film contenuto nello "in Flight Recorder". L'Ambasciata USA ha ritirato parti d'interesse (elencate in un allegato E, mancante), inviandole per l'analisi al centro della Foreign Technology Division di Wright Patterson. Il servizio collegato Jon (della Repubblica Federale Tedesca) ha ricevuto tramite S.I.S.MI parti del velivolo incidentato (elencate in un allegato F mancante) restituendole successivamente e richiedendone altre per effettuare ulteriori analisi, parti non ancora consegnate perché in possesso del personale statunitense. In calce al secondo foglio annotazione manoscritta non firmata, secondo cui rimarrebbe ancora inevasa la richiesta francese, a suo tempo non soddisfatta per indisponibilità delle informazioni richieste. Annotazione cui ne segue un'altra datata 16 novembre dal seguente tenore "d'ordine del C.U. non si procede alla consegna del documento sul MiG23 all'Add. Francese".
Una nota con data illeggibile dal SIOS al S.I.S.MI trasmette copia dei risultati delle analisi effettuate dalla Foreign Technology Division, richiamando che al materiale in esame è interessato il servizio Jon ovvero la Repubblica Federale Tedesca. Di rilievo un elenco di materiale preso in consegna dal maggiore Walters e dal sig. Wilson (tra l'altro, grassi e oli) e da inviare (parti del cockpit trasparente per analisi laser).
Nel giugno 86 il S.I.S.MI si fa tramite dell'interesse britannico all'esame delle componenti avioniche del velivolo, programmando una riunione di lavoro congiunta per la prima quindicina di ottobre di quell'anno.
La riunione, come si apprende da appunto per il Sottocapo di Stato Maggiore, non datato, ma sicuramente successivo alla nota del S.I.S.MI, dovrebbe tenersi il 9 e il 10 di quell'ottobre, e colui che redige l'appunto dà parere positivo alla richiesta S.I.S.MI in considerazione del ritorno informativo, giacchè gli Inglesi hanno dichiarato di essere in grado di fornire informazioni sull'avionica del MiG29 Fulcrum, uno dei più recenti caccia sovietici. Sempre quel compilatore, ricorda che i Tedeschi (Jon), cui erano state consegnate parti degli apparati del velivolo, ancora non avevano fornito i risultati delle loro indagini.
Le relazioni con gli Inglesi, almeno a quanto risulta dagli atti - appunti del SIOS, 1° marzo e 12 aprile 88 - durano sino alla primavera dell'88 e sicuramente sono continuate oltre, essendo prevista ulteriore specifica collaborazione. Il Servizio inglese appare ancora interessato a verificare la possibilità di controllare le frequenze impiegate dal sistema Lazur e a reperire la documentazione fotografica relativa all'incidente di volo per acquisire elementi sul posizionamento delle antenne di comunicazione sul velivolo e sui cablaggi di collegamento.
Tutti i Servizi occidentali s'interessano, e sin dall'immediatezza, alla macchina caduta e alle sue principali componenti. Alcuni perché chiamati da noi come gli Israeliani e gli Americani, altri di iniziativa. Quella macchina, nonostante alcuni la abbiano deprezzata - forse solo gli Americani la conoscevano e ne erano in possesso di esemplari - è stata a lungo oggetto di esame e di studio. Sui primi tempi questi esami hanno provocato situazioni di estremo imbarazzo proprio a causa delle nostre incerte linee politiche. Da una parte alleati ed amici che vogliono vedere e ricevono parti del velivolo, dall'altra i libici che chiedono sopralluoghi - nel corso dei quali rilevano le mancanze dei pezzi - e pretendono restituzioni complete. Una scelta che non appare spiegabile è l'atteggiamento assunto nei confronti dei francesi, le cui richieste sono le uniche a non essere esaudite. Ci si domanda se nei confronti di questo Stato non ci fossero dei divieti espliciti impostici dai libici, che erano impegnati in una guerra guerreggiata nel Ciad a fronte di una fazione sostenuta dalla Francia.
Nel corso di una verifica del materiale di intelligence in possesso del SIOS AM venne rinvenuta e successivamente sequestrata, una relazione "sui dati desunti dall'interrogatorio del maggiore pilota ungherese Jozsef Biro, disertato in Italia con velivolo MiG15 bis in data 14.08.69 ed atterrato in località Osoppo (Udine)" (v. acquisizione del 25.03.96).
Dal contenuto della relazione si è così potuto rilevare che il 14.08.69 presso il dismesso aeroporto di Osoppo (Udine) atterrò un MiG 15 bis pilotato dal maggiore pilota ungherese Jozsef Biro. L'atterraggio, a causa delle cattive condizioni della pista, che aveva un grosso cratere quasi al centro, e del malfunzionamento dei flaps dell'aereo che non consentirono di ridurre la velocità in avvicinamento, causò gravi danni al velivolo. Il pilota, leggermente feritosi nell'incidente, si consegnò ai Carabinieri giunti sul posto, dichiarandosi rifugiato politico.
Nel corso degli interrogatori il Biro risultò "subito ben disposto a collaborare, contribuendo così a fornire numerose notizie in merito al personale ed ai velivoli in forza all'aviazione militare ungherese, anche se, in alcuni punti di sua specifica competenza, ove ci si sarebbe aspettata una maggiore conoscenza tecnica, le sue risposte non furono del tutto esaurienti; e ciò probabilmente a causa di un residuo di lealtà verso il proprio paese e al timore di possibili ritorsioni. Questi iniziò la sua carriera nell'Aeronautica nell'ottobre del 49 frequentando il corso presso l'Accademia aeronautica di Szolnok. Nell'ottobre del 56 a seguito dello scoppio della insurrezione ungherese scelse un comportamento neutrale, che tra l'altro lo portò a richiedere di essere dispensato dall'effettuare missioni d'attacco contro i connazionali insorti. Proprio grazie a questa presa di posizione nell'ottobre del 1957 una Commissione riunitasi nell'aeroporto di Kecskemet sospese il Biro dall'esecuzione di attività volativa, consentendogli, però, di rimanere nel corpo militare, conservando il proprio grado di tenente. Solo nel 1962 riuscirà, grazie all'interessamento di un suo superiore, a rientrare nell'organico operativo prima come navigatore, poi come pilota.
Il Biro a seguito dell'invasione della Cecoslovacchia effettuata nell'agosto del 1968 da parte delle Armate sovietiche, che permise di evidenziare lo stretto rapporto di sudditanza delle forze armate ungheresi a quella sovietiche - in quella circostanza la base aerea di Papa fu "invasa" senza nessun preavviso dai velivoli sovietici d'attacco impegnati nell'operazione limitando in modo considerevole l'attività volativa dei reparti ungheresi ivi di base - ed al perdurare della sua situazione familiare - era diviso dalla moglie dal 58 e doveva fornire gli "alimenti", esborso che limitava di molto le sue possibilità economiche - maturò la convinzione che per non sottostare a dette "costrizioni" al momento opportuno avrebbe tentato la fuga verso un paese occidentale.
Occasione che gli si presentò nell'agosto del 69 quando venne trasferito all'aeroporto di Taszar (Jugoslavia) con un gruppo di velivoli MiG15 bis per poter partecipare all'esercitazione "Zala" della durata di tre giorni. L'operazione di defezione fu essenzialmente consentita grazie alla buona autonomia del velivolo che gli consentì di raggiungere il 14 agosto l'Italia.
Del rottame del velivolo atterrato non sono state rinvenute notizie sul suo impiego. Solo in un inventario di materiale a "carattere intelligence del 2° Reparto giacente presso la riservetta "Rapida" di Pratica di Mare (RM)" redatto nel luglio del 92, veniva indicata una "cassa contenente rottami di colpi per cannone sovietico da 23 mm e da 37 mm", armi di cui era fornito il MiG15 bis e che furono recuperate dal MiG atterrato ad Osoppo.
Nei primi anni 60, cadde in località Acquaviva della Fonti (BA) un MiG17 bulgaro. In seguito all'incidente venne costituita una Commissione mista italo-bulgara che coordinò le operazioni di recupero, riparazione e restituzione del velivolo caduto. (v. audizione Commissione parlamentare Ferracuti Sandro del 20.03.91; v. esame Angioni Franco, GI 01.08.96; v. esame Nardini Stelio, GI 07.12.95).
L'11 febbraio del 1981 il capitano Hazem El Bazigni dell'Aeronautica libica disertava, abbandonando il territorio del suo Paese ed atterrando sull'aeroporto greco di Maleme nell'isola di Creta.
Le autorità greche alle quali venivano richiesti elementi sulla vicenda trasmettevano le dichiarazioni del colonnello Pavlos Sissas in servizio presso lo Stato Maggiore dell'Aeronautica ellenica - Direzione A/2 (Informazioni). Questi riferiva che alla data sopra detta alle ore 10.25 circa un velivolo MiG-27 (Flogger-D) dell'Aviazione militare libica, aveva compiuto un atterraggio forzato presso l'aeroporto di Maleme nell'isola di Creta, all'esito del quale il pilota del velivolo cap.Hazem El Bazigni, aveva chiesto asilo politico. L'aereo nell'atterraggio riportava la rottura dei supporti ruote (carrello) e danni alla fusoliera. Il giorno successivo era atterrato a Suda un velivolo da trasporto libico Ilyushin con a bordo una squadra di tecnici incaricati della raccolta e del trasporto del velivolo incidentato. L'operazione di recupero aveva termine il 18 febbraio successivo con la partenza dell'Ilyushin, che aveva caricato a bordo i rottami del caccia.
Il colonnello Sissas aggiungeva che il pilota libico, conversando con un ufficiale dell'aviazione civile durante il trasporto dall'aeroporto di Maleme alla base dell'Aeronautica di Suda, aveva riferito che il suo piano di fuga prevedeva l'atterraggio a Creta presso l'aeroporto di Timbakion o quello di Iraclion, con lo scopo finale di trasferirsi in America. Le condizioni atmosferiche al momento dell'atterraggio non gli avevano però consentito di rispettare la pianificazione in merito alla scelta degli aeroporti e seguendo la linea del litorale meridionale dell'isola era riuscito ad individuare solo l'aeroporto di Maleme. Aveva anche aggiunto che i motivi che lo avevano indotto alla diserzione erano stati principalmente politici, ed a tale fine aveva redatto una dichiarazione firmata. (v. rogatoria Autorità elleniche in data 18.05.91).
Anche il S.I.S.MI si è interessato della vicenda. Infatti agli atti della 1a Divisione è stata rinvenuta una relazione trasmessa dal Servizio collaterale greco sull'evento. Questa relazione ha dato conferma a quanto riferito dal colonnello Sissas, aggiungendo però particolari in merito alle caratteristiche tecniche del velivolo ed al suo armamento.
Il velivolo era un MiG23 denominato in campo NATO come "Flogger-F" (e non D; nde), armato di un cannone binato del tipo Goetling, calibro 23 mm, sistemato sotto la fusoliera; con sette attacchi per carichi esterni, tutti "scarichi".
Nella parte finale della relazione titolata "altre notizie" relativa alla composizione ed al dislocamento sia del gruppo aereo di cui faceva parte il capitano Hazem El Bazigni, che di altri gruppi aerei, si leggeva tra l'altro che il pilota era partito con l'apparecchio dall'aeroporto di El Labrar; che la Libia disponeva di 250-270 apparecchi da combattimento di tipo MiG21, 23, 25 e 27; che tutti gli apparecchi MiG27, MiG23D MiG24D si trovavano all'aeroporto di El Labrar; che sette di questi velivoli erano dotati di apparecchiature elettroniche per contromisure, che su El Labrar non era possibile svolgere addestramenti a causa della continua presenza di nuvole basse nella zona.
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