Capitolo XV

Gli esperimenti della SNIA-BPD di Colleferro.

1. La vicenda.

Come si ricorda alcune parti del MiG23 non furono restituite ai libici - che di tale mancanza si accorsero e ne fecero motivo di proteste, in seguito quietate con ogni probabilità per effetto di una sorta di scambio con l'accettazione da parte nostra dell'incredibile storia del pilota privo di sensi - per la maggior parte costituite da componenti dell'avionica di bordo, trattenute per esigenze di "intelligence".

Agli inizi del 94 il SIOS propose al S.I.S.MI di procedere alla alienazione di materiali in possesso e non più necessari alle analisi tecniche tra cui le parti sopra indicate, (messaggio SMA/224/00244, 13.02.84). Il S.I.S.MI espresse a distanza di breve tempo il proprio nulla osta su tale richiesta (messaggio S.I.S.MI 05823/84/06, 10.05.84). Per procedere a questa "alienazione" fu richiesta la disponibilità di un elicottero HH3F per missione Ciampino R240° - 30 miglia da Ostia - Ciampino per il trasporto e l'affondamento in mare delle casse contenenti i materiali in questione (messaggio SMA/225/02918, 180285). L'operazione non venne attuata per motivazioni non in atti e mai palesate.

Il 9 novembre 84 diversi di tali reperti furono trasportati presso il Centro Balistico della Società SNIA-BPD, allo Stabilimento di Colleferro, per una prova di scoppio in "anfiteatro" della testa di guerra del missile Aspide 1-A (Appunto SMA/225 senza data con accluso foglio di Costarmaereo AD4/39/3-79/A9-258/4-1, 19.10.84). Ciò al fine di verificare "in modo realistico" la capacità delle sfere di danneggiare o distruggere, dopo la perforazione di uno schermo d'acciaio, sistemi ed impianti del MiG23, velivolo da combattimento in dotazione al Patto di Varsavia e ad altri Paesi d'interesse, quale la Libia.

I componenti furono deposti all'interno di un'impalcatura di legno posta immediatamente alle spalle della parete di acciaio dello spessore di circa 10 mm., posizionata ad una distanza di circa 10 metri dalla testa di guerra del missile Aspide - 1-A. I risultati della prova furono evidenziati in documentazione fotografica (v. nota SMA/225/21070/1143, 09.11.90).

2. Le dichiarazioni dei dipendenti e i carteggi della SNIA-BPD.

Nessuno degli interpellati della BPD ricorda di questo esperimento, anche se il responsabile dell'ufficio Sicurezza non esclude che nel corso di prove di collaudo possa essere stato "chiesto di aggiungere qualche pezzo.". Anche nelle carte sequestrate presso questa ditta non si rinviene documentazione su questa prova. È perciò impossibile ricostruirne le modalità. Quel che invero appare certo è che l'esecuzione, da quel poco che risulta in atti, fu del tutto approssimativa. In primo luogo il posizionamento dei pezzi, che appare artigianale e randomico. Si tratta di materiale vario collocato alla rinfusa su un rozzo scaffale in legno. Della lamiera poi nemmeno una fotografia. E di certo quelle parti nella realtà non sono schermate rispetto a proiettili e schegge dall'esterno in modo così semplicistico come ipotizzato e realizzato dagli ideatori di quella prova. Alla nota dello SMA viene allegata una prima serie di fotografie con ripresa da lontano e poco chiare, che rappresenterebbero i reperti predisposti prima dell'esplosione, su cui si rilevano deformazioni e squarci di diversa natura, sui quali appare impossibile pronunciarsi. Si allega poi una seconda serie di riprese più chiare, con pezzi singoli che presentano deformazioni e fori evidenti. Questa seconda serie dovrebbe rappresentare il dopo dell'esperimento, cioè gli effetti dell'esplosione sui pannelli del MiG23. Ma nulla viene detto e rappresentato del "prima" dell'esperimento.

In conclusione si può dire che l'AM con questo "strano" esperimento è riuscita a cancellare, cioè a fare in modo che non si potessero più rilevare, qualora ve ne fossero stati, segni di colpi sui pezzi di quel MiG, ad impedire cioè qualsiasi indagine in tale direzione. Ha raggiunto così quello stesso intento che ci si proponeva con l'affondamento nel Tirreno al largo di Ostia, o addirittura è andata oltre, giacchè le cose affondate, specie se si conoscono le coordinate dell'operazione, sono sempre recuperabili.

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