Sono stati declassificati i primi documenti relativi alla strage di Ustica, come si era impegnato a fare il Governo qualche mese fa. Si tratta, è opportuno ribadirlo, di documenti già noti agli inquirenti, ma mai resi pubblici prima d’ora. Tra essi spicca un memorandum, dell’anno 2000, preparato per Massimo D’Alema e Giuliano Amato. Molte le notizie interessanti. Vengono messe in luce le bugie e le contraddizioni delle autorità americane in merito alla strage. Nel memorandum si sottolinea infatti come gli Usa abbiano mentito relativamente alle attività di volo svolte la notte del 27 giugno 1980.
“Contrariamente a quanto affermato nel documento del 3 luglio […] sono invece emerse più attività di volo, prima durante e dopo l’incidente e in aree prossime a quelle dell’evento” si legge ad un certo punto. Vengono quindi elencati gli aerei americani in volo quella notte: il “Navi 61206”, un UC129, aereo da trasporto decollato da Sigonella alle 20.34; il “Juliet Mike 169”, decollato con urgenza, senza piano di volo, per una attività imprevista e che richiede clearance (autorizzazione) immediata. Tre velivoli P-3C da ricognizione decollati da Sigonella, ufficialmente impegnati in un raid chiuso Sigonella-Sigonella, e che in alcune fasi della navigazione avevano chiesto assistenza al Centro Radar di Marsala. Altri aerei non identificati dei quali esistono conversazioni TBT con l’aeroporto di Napoli Capodichino e Grazzanise, ma di cui non viene citato né il nominativo radio, né il NTN (Nato Track Number), ma vengono chiamati Novembre Uniform e November Yankee (che nell’alfabeto fonetico corrispondono alle lettere NU e NY). Tra le 19.10 e le 19.50 si registra la partenza di cinque velivoli militari dal Golfo di Napoli, Di questi velivoli la torre di controllo di Napoli non conosce i piani di volo.
Vi è poi l’aereo AWACS, la cui missione è sconosciuta, in volo tra le 20.20 e le 20.30 in concomitanza del passaggio del DC9 Itavia sull’Appennino tosco emiliano. Alle 22.25 decolla da Sigonella il velivolo AM 210, con missione di intercettazione, svolta a sud di Lampedusa, verso la Libia. L’aereo atterra 40 minuti dopo la mezzanotte.
Viene messo in evidenza come l’affermazione che i radar della portaerei Saratoga fossero spenti, contrasta con le affermazioni dell’Ammiraglio James H. Flatley, comandante della stessa, che afferma invece di aver visto un intenso traffico aereo militare a sud di Napoli, quella notte.
La presenza di una portaerei. Nel memorandum viene riportato come la presenza di una portaerei sia ritenuta certa sia dall’autorità giudiziaria che dagli esperti della NATO, che indicano la sua posizione nel Mediterraneo meridionale o occidentale.
Il casco Bianco con il nome John Drake. Di tale casco parla il colonnello Guglielmo Lippolis, che lo avrebbe visto tra i reperti portati a Boccadifalco. Vengono riportate le risposte date dalle autorità americane alle rogatorie italiane.
Il serbatoio sub alare. Nel 1992, venne ritrovato, accanto ai resti del DC9, un serbatoio supplementare, sub alare, fabbricato da una industria americana, la Patshushin. Di quel serbatoio si leggeva anche il numero di matricola. Esaminato dai tecnici, risultò che non era vuoto quando fu sganciato. Interrogato dal giudice istruttore, Rosario Priore, il vice presidente della compagnia affermò che, a causa di un guasto informatico, non era in grado di dire a chi fosse stato venduto quel serbatoio. Gli USA, anni dopo, comunicheranno alle autorità italiane che sarebbe appartenuto ad un aereo del tipo A6-E, precipitato al largo di Capo Carbonara nel luglio del 1981, senza però spiegare come sia stato possibile il ritrovamento ad una distanza così grande.
Le boe acustiche. Altri oggetti certamente non appartenenti al DC9 sono le boe acustiche rinvenute nel corso delle campagne di recupero del DC9. Sono di uso militare e venivano in genere lanciate da un elicottero o da un aereo per indicare un determinato punto nell’acqua.
Abdel Hamid Baccouch. Nel 1992 gli egiziani, su richiesta di Priore, interrogano l’ex primo ministro libico Abdel Hamid Baccouch. Quest’ultimo accusa Gheddafi di aver ordinato l’abbattimento del DC9 Itavia. Secondo Baccouch, Gheddafi avrebbe ordinato anche altri attentati terroristici irritato per l’appoggio fornito dal Governo italiano a Malta, che aveva espulso i libici dall’Isola. In Italia questa tesi è sostenuta dal perito dell’Itavia, Luigi Di Stefano, che avrebbe anche individuato il missile, di fabbricazione sovietica, usato per abbattere il DC9. Secondo Di Stefano il missile denominato AA2-2 Advanced Atoll, un missile a guida radar semi attiva guidato dal radar RP-22SM (Jay Bird), ovverosia proprio quello montato sul MIG 23 Flogger “E” caduto sulla Sila, ufficialmente il 18 luglio 1980″.
Il MIG libico. C’è un intenso carteggio che testimonia la fretta delle autorità libiche di chiudere la vicenda e di aver restituiti i resti sia dell’aereo che del pilota. Le autorità italiane vengono incontro a queste richieste. Ricordiamo che per molti il mistero del Mig caduto a Castelsilano è la chiave per decodificare ciò che accadde al DC9 dell’Itavia.
La situazione libica. In un documento finora segreto, datato 29 agosto 1980, il SISMI, il servizio segreto militare, relaziona in merito alla situazione interna del regime di Gheddafi, evidenziando il crescente malcontento popolare, i metodi criminali usati dal regime per mettere a tacere per sempre gli oppositori rifugiatisi all’estero. Vengono elencati gli attentati ed i tentativi di ammutinamento, repressi però con ferocia dal regime.
Ciò che traspare da questi documenti, in definitiva, non è nient’altro che la conferma di cose ben note. Ben note erano infatti le menzogne dei paesi alleati relativamente a ciò che accadde quella notte. Ben nota era l’intensa attività svolta da aerei militari, non solo americani ma anche francesi. Ben nota era la presenza di una portaerei nel basso Tirreno. Si tratta dunque di ulteriori conferme alle menzogne, ai depistaggi attuati per nascondere quel segreto inconfessabile che da 34 anni si cerca di svelare.
Comunque si tratta di un ulteriore tassello utile alla composizione di un puzzle al quale mancano ancora troppi pezzi, ma, soprattutto, è un ulteriore colpo a chi, da 34 anni, vorrebbe far passare una verità ufficiale già smentita da almeno due sentenze definitive della Corte di Cassazione oltreché dalla logica e dalla evidenza dei fatti.
Lo dico da anni e lo dicono anche chi come me è stanco di non far conoscere la verità su questa penosa storia. Oltre al ministero degli esteri che ha desecretato alcuni documenti classificati sarebbe interessante che lo facesse il gabinetto del ministro della difesa e la segreteria speciale della presidenza del consiglio dei ministri forse se non distrutti ne leggeremmo delle belle.
Tranquilli! Quanto prima renderò di pubblico dominio alcune circostanze. Capiremo così tante cose che purtroppo ci lasceranno senza fiato.