Dopo 27 anni dall’evento, tre gradi di giudizio e decine di perizie tecniche cui hanno lavorato esperti e consulenti, nessun tribunale ha voluto impegnarsi a scegliere una tra le ipotesi sulle cause della caduta del DC-9 dell’Itavia, perduto nel cielo tra Ponza e Ustica la sera del 27 giugno 1980. Nessun tribunale ha quindi voluto confermare quanto affermato dal Giudice istruttore Priore, che ha scritto come la caduta del DC-9 sia avvenuta in uno “scenario di guerra”: questo scenario resta l’unico che la magistratura abbia certificato. L’archiviazione del procedimento contro i responsabili della strage, che restano ignoti, ha fatto cessare ogni ulteriore approfondimento sulle cause dell’evento. Il dibattito avvenuto nei tre gradi di giudizio non ha infatti riguardato le cause dell’incidente, ma il comportamento del personale dell’aeronautica, in particolare dei generali. Se si ripercorre l’intera storia delle indagini sulle cause dell’incidente si può notare la presenza di varie e intense attività di interferenza, attività che hanno operato sin dall’inizio e per tutti gli anni successivi. Dalle registrazioni delle telefonate degli addetti al controllo del volo si rileva come la singolarità dell’evento venga notata prima ancora che si sia sicuri della caduta dell’aereo. Appena sono disponibili i dati delle registrazioni radar di Fiumicino, si nota la possibile presenza di un aereo vicino al DC-9 al momento dell’incidente. Il primo tecnico americano che poté esaminare i dati scrive che era presente un aereo nel cielo quando il DC-9 è andato distrutto, ma che la distanza tra l’aereo estraneo e il DC-9 era tale da poter escludere una collisione: un modo per dire che era stato sparato un missile. Inizia da questo momento, da parte di ambienti dell’Aeronautica Militare ma non solo, un’accorta attività di “bilanciamento e neutralizzazione dell’ipotesi prevalente”, come è stata definita nella relazione presentata alla Commissione stragi dal senatore Gualtieri, dove per “ipotesi prevalente” si intende l’ipotesi che il DC-9 sia caduto in uno scenario di guerra. Questa tecnica è di fatto continuata fino alla fine delle inchieste. Questo vale anche per l’ultimo collegio peritale, quello cosiddetto Misiti, che è stato sottoposto, secondo il Giudice Priore, a “interferenze e interventi generati da rapporti e collegamenti tra periti d’ufficio e ufficiali dell’aeronautica, che a volte hanno determinato nei primi, per insipienza, infedeltà, incapacità morale e conoscitiva, degli stati di subordinazione e dipendenza in totale contrasto con il dovere di assoluta indipendenza d’ogni ufficio del giudice.” In tale situazione si comprende come l’ultima perizia di ufficio, quella del collegio Misiti, abbia un livello scientifico tanto scadente da essere dichiarata inutilizzabile dai pm. Una nuova riflessione su tutti gli elementi acquisiti nella fase di indagine e su quelli emersi durante la fase dibattimentale impone ancora di sostenere che la più probabile causa della caduta del DC-9 sia stata un missile. Il ragionamento che porta a questa conclusione può essere così sinteticamente illustrato. La presenza degli aerei nel cielo in prossimità del DC-9 al momento dell’incidente può essere considerato un dato altamente probabile. D’altro canto, una caratteristica che rende pressoché unica la traccia radar del DC-9 tra tutte quelle registrate la sera del 27 giugno 1980, cioè l’elevato numero di echi spuri collegati alla stessa traccia, è giustificabile solo ipotizzando che nell’area di Grosseto un aereo sconosciuto si sia affiancato al DC-9. Al momento dell’incidente lo scenario descritto dai dati radar è quindi piuttosto complesso e può essere così descritto: un aereo si muoveva di conserva al DC-9, e uno o due aerei, al momento dell’incidente, si sono affiancati al DC-9 per convergere poi su di lui. Si può appunto parlare di uno scenario di guerra. Accettato questo scenario, alcune ipotesi a lungo sostenute dagli ambienti dell’Aeronautica, come quella del cedimento strutturale, non sono più proponibili. Coloro che avevano sostenuto il cedimento strutturale, quando le analisi chimiche e dei rottami rivelano le tracce di un’esplosione, divengono sostenitori della tesi che una bomba, collocata nella toilette dell’aereo, sia stata la causa dell’incidente. Come si può intuire, ma come soprattutto è dimostrato dai casi di attentato su aerei, le bombe a bordo producono un danneggiamento molto localizzato, con segni inequivocabili. Nonostante l’intensa serie di ricerche effettuate, nessun segno di esplosione è stato mai riscontrato nei rottami appartenenti alla toilette. Anzi, vari pezzi, come ad esempio la tavoletta del water, che era immediatamente contigua alla posizione eventuale della bomba, appaiono intatti. Uno dei periti del collegio Misiti ha sostenuto che, anche se avesse potuto constatare personalmente la presenza degli aerei estranei in prossimità del DC-9 al momento dell’incidente, sarebbe stato ugualmente dell’idea che l’incidente è stato causato da una bomba a bordo. Se non si vuole aderire a questa bizzarra tesi, bisogna invece ammettere che due soli sono gli scenari possibili: o c’è stata un’interferenza aerodinamica oppure è stato lanciato un missile. L’ipotesi dell’interferenza aerodinamica o near collision sostiene che l’aereo contiguo al DC-9 abbia prodotto una perturbazione nell’aria circostante al velivolo talmente intensa da produrre il distacco dell’ala sinistra e quindi il collasso dell’aereo. Questa ipotesi, sostenuta da un altro dei componenti del collegio Misiti, è stata aspramente criticata dai consulenti della difesa. La critica ha prodotto una sua correzione quantitativa rilevante. Ma questa ipotesi, anche supponendo che i continui aggiustamenti a essa apportati siano validi, non permette di giustificare alcuni dati fattuali caratteristici di questo incidente, i più importanti dei quali sono: la presenza di tracce di esplosione e i tempi ridottissimi nei quali l’aereo si è disintegrato e nel quale è cessata l’alimentazione elettrica. In particolare, il cedimento dovuto a un collasso strutturale è un fenomeno che avviene in tempi relativamente lunghi e produce vibrazioni e rumori che sarebbero stati sicuramente riportati dal registratore di bordo. Una giustificazione della subitanea cessazione di ogni alimentazione elettrica e anche del collasso della struttura può essere data se si suppone che il primo elemento del velivolo staccatosi sia stato il motore destro, cui è collegato l’alternatore di alimentazione. Il distacco del motore può anche giustificare il collasso della struttura: il motore è infatti collegato alla struttura da una ordinata cui è collegato anche il motore sinistro. Una testa missilistica che fosse esplosa nella parte anteriore destra del velivolo poteva produrre, attraverso l’azione della sua onda d’urto, un’azione sulla parte frontale del motore di entità tale da produrne il distacco. La perturbazione prodotta sull’assetto di volo può avere indotto un moto di picchiata sul velivolo producendo quindi la rottura dell’ala sinistra e la conseguente caduta dell’aereo. Questo scenario è stato a lungo sottovalutato dai periti del collegio Misiti con motivazioni risibili, ed è stato recentemente mostrato assolutamente valido con complesse e lunghe procedure di calcolo, contenute in una tesi di laurea discussa al Politecnico di Torino. Si possono così anche giustificare i quattro o cinque indicatori di esplosione e di esplosivo rinvenuti sui rottami, che sono proprio caratteristici di un’azione localizzata nella parte anteriore destra del velivolo. In conclusione, è molto probabile che il DC-9 sia stato abbattuto dall’esplosione di una testata missilistica nella parte anteriore destra, lanciata da uno degli aerei che si sono affiancati al DC-9 poco prima dell’incidente. Ci si deve a questo punto chiedere come mai, dopo tanti anni di lavoro e indagini, non si sia riusciti a trovare le cause dell’abbattimento del DC-9. La Corte d’assise d’appello, prima ancora di individuare le cause, ha trovato il responsabile: “è stato il fallimento della scienza a determinare la sconfitta della conoscenza, non l’insipienza o la scarsa volontà dei giudici che si sono succeduti nel tempo.” Non è chiaro che cosa significhi “il fallimento della scienza”. Si sarebbe dovuto più propriamente parlare del fallimento degli scienziati e indicare quali sono quelli che hanno fallito: tenendo naturalmente presente quanto scritto dal Giudice Priore, sopra ricordato. Non esistono giustificazioni al comportamento di coloro che avrebbero dovuto trovare le cause dell’incidente e non lo hanno fatto. Va però detto che la sistematica sparizione di molti documenti nel corso degli anni avrebbe, in ogni caso, reso questo compito difficile anche a tecnici dotati di grandi capacità morali e conoscitive. A questo proposito, tenendo conto quanto sia importante che la raccolta dei documenti e degli elementi rilevanti per l’inchiesta avvenga nell’immediatezza del fatto, qualche responsabilità deve pure essere attribuita al giudice istruttore che ha condotto l’indagine nei primi dieci anni e la cui attività, a detta del senatore Gualtieri, ha subito, dopo una fase iniziale, un forte rallentamento.
Ricostruzione dell’Ing. Mario Vadacchino, docente presso il Dipartimento di Fisica del Politecnico di Torino. E’ stato perito di parte civile per l’Associazione dei Parenti delle vittime della Strage di Ustica.