Il governo Monti ritiri il ricorso proposto dal governo Berlusconi alla sentenza del tribunale civile di Palermo che ha disposto 100 milioni di risarcimento alle vittime della strage di Ustica. Lo chiede la presidente dell’associazione dei famigliari Daria Bonfietti. Una proposta avanzata alla vigilia della ‘missione’ di Bonfietti a Bruxelles, dove incontrerà alcuni parlamentari tedeschi, inglesi, francesi e belgi per sollecitare risposte alle rogatorie internazionali (e magari l’istituzione di una commissione d’inchiesta dell’europarlamento come sugegrito dal legale di Palermo, Daniele Osnato). A Monti Bonfietti, intervenuta al congresso del sindacato di polizia Siulp oggi a Bologna, chiede di considerare “con rispetto” e di fare “i conti” con la decisione del Tribunale di Palermo, che ha condannato i ministeri dei Trasporti e della Difesa “per la mancata verità” sulla notte nei cieli di Ustica. L’avvocatura dello Stato – lo aveva annunciato subito dopo la sentenza l’ex sottosegretario alla presidenza Carlo Giovanardi – ha notificato il ricorso lo scorso 22 ottobre. Ricorso che chiede la sospensione della sentenza. E dunque, precisava Giovanardi qualche giorno fa rispondendo a un’interrogazione dei radicali, “l’aspetto risarcitorio dipenderà dagli esiti di questo o di altro ricorso”. La missione all’europarlamento della presidente dell’associazione delle vittime di Ustica (gli incontri si terranno mercoledì prossimo, 30 novembre) sarà incentrata sulle mancate risposte alle rogatorie. L’inchiesta riaperta dalla Procura di Roma sul Dc9 Itavia crollato in mare il 27 giugno 1980, “non va avanti perché alcuni paesi” – tra cui Bonfietti cita Francia, Inghilterra e Belgio- “non danno risposta alle rogatorie internazionali”. Ci sono paesi “che si permettono di non considerare l’Italia come un interlocutore degno di avere una risposta e questa – dice Bonfietti – è la parte più offensiva”. Perché, ormai, col passare degli anni, “ognuno ha elaborato il lutto, ognuno si è risolto con sé stesso questa tragedia, ma ciò che è inaccettabile è la mancanza di verità su questo ‘spezzone'” della vicenda di Ustica: “Non riusciamo a sapere cosa c’è stato all’interno di quello scenario”. Le cause, ovvero che il Dc9 fu abbattuto, sono ormai assodate, ma ora resta un grande problema da risolvere che non è “tanto la mancata verità o responsabilità” per le vittime, “ma quello che c’è di indicibile su quello che doveva succedere quella sera. Cosa mai sarebbe dovuto succedere – domanda Bonfietti – per aver indotto tutti quei comportamenti che hanno nascosto tutto?”. E’ il tassello che manca e che fa soffrire ma sprona ancora i parenti delle vittime e li porta a Bruxelles. Del resto, Bonfietti lamenta di non aver mai visto “qualcuno che si alterasse, che chiedesse con forza di risponderci. Vorremmo proprio che qualcuno ci dimostrasse che gli altri aerei (militari, ndr) quella sera avevano carattere pacifico. Ma in Italia non sembra che possiamo ancora avere la dignità di un paese a cui si danno risposte”. L’ex senatrice ricorda anche che la battaglia dei parenti delle vittime “non è, come si è sentito dire anche di recente, una battaglia strumentale contro l’onore dell’aeronautica militare”. Allo stesso modo, ribadisce che la richiesta di Giovanardi di modificare il depliant del Museo di Bologna “fu un’offesa, una violenza”, rispetto alla quale “le istituzioni della nostra città non hanno avuto una reazione corretta”.
Il ricorso del Governo Berlusconi contro la sentenza del tribunale di Palermo sulla strage di Ustica “è il volto ostile dello Stato”. Il giudizio è dell’europarlamentare del Pd, Salvatore Caronna, che appoggia la richiesta della presidente dell’associazione che riunisce i familiari delle vittime di Ustica, Daria Bonfietti, perché il nuovo Governo Monti ritiri il ricorso presentato dal precedente esecutivo di centrodestra. “Quel ricorso andrebbe ritirato – sostiene Caronna, intervistato questo pomeriggio su Radio Tau – è il volto ostile dello Stato”. Al contrario, continua Caronna, “il volto civile dello Stato è accompagnare i familiari delle vittime nella ricerca della verita’ e riconoscere un risarcimento”. Nel frattempo, la tragedia di Ustica sta per approdare anche al Parlamento europeo. “Mercoledì – ricorda Caronna – ospiteremo una delegazione dei familiari delle vittime a Bruxelles, per una serie di incontri con vari rappresentanti dei Paesi Ue, per spiegare a loro quella tragedia, per fare lo stato dell’arte sulla ricerca della verità e chiedere l’impegno di tutti per far luce sulle zone oscure” della vicenda. In particolare, sottolinea Caronna, “ci sono alcuni Paesi che, se dessero la possibilità di accedere” ai loro archivi “potrebbero fornire informazioni utili per capire cosa è successo quella notte”. (Fonte Dire)
Forza, Daria! E’ un’altra occasione – l’ennesima – per mostrare che la dignità e l’indignazione non tramontano col silenzio, e per chiedere con forza ai parlamentari degli Stati che non hanno risposto alle rogatorie di spingere sui loro governi – e sulla NATO – affinche gli uni e l’altra diano un nome e una targa agli aerei in volo quella notte.
Sostenedo il pregevole sforzo, ricordo a tutti che la Verità è più vicina di quanto non si immagini:
La sera del 27 Giugno 1980 molti Radar erano accesi ed illuminavano la scena, gli stessi Radar passavano i dati attraverso il sistema NADGE a tutti i Comandi strategici della NATO.
Dalle 20,15 ora in cui si è prefigurato il primo allarme attorno a Firenze e per le ore successive, i dati dei Radar militari, a terra e in volo, sono stati distribuiti a:
Il Comando Supremo delle Potenze alleate in Europa (SHAPE) di Bruxelles: L’allora Comandante Supremo Generale Rogers fu portato d’urgenza al Comando durante la notte a causa degli eventi sul Mediterraneo
Il Comando Aereo NATO di Ramstein: L’aereo AWACS E3 Sentry, che rivelò la minaccia, apparteneva a tale comando.
La Forza Aerea Francese basata a Solenzara, che fece decollare su allarme diversi velivoli per tutta la sera.
Ed infine i più vicini di tutti: i Radar della 6° Flotta Americana la cui ammiraglia, la portaerei Saratoga era ancorata nel golfo di Napoli, ma le cui navi appoggio, tra le quali l’incrociatore lanciamissili “Dale”, responsabile della difesa diretta della portaerei, erano posizionate opportunamente nell’area e, udite bene, a non più di 100 chilometri dal luogo di caduta dell’I-TIGI.
Insomma, oltre alla Difesa Aerea italiana, mezza NATO stava osservando l’evolversi degli eventi fino alla loro tragica conclusione, ed anche oltre.
La “Favola” che nessuno vide nulla quella sera resta appunto tale…