Il linguaggio giuridico della sentenza-ordinanza depositata nel 1990 dal giudice Rosario Priore (dove si legge che a Ustica si compì “propriamente un atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata”) entra in relazione con un live set di musica elettronica e un apparato visuale che riporta al 1980, agli albori degli home computer, per porsi in relazione con gli ultimi quarant’anni di storia italiana.
Sulla scena gli elementi si giustappongono nella loro nettezza creando un campo di forze instabile, una bolla sul punto di scoppiare. Il pubblico viene avvolto dalla tessitura musicale, lo sguardo percorre alti pali che si slanciano verso il cielo, mentre le immagini video ci riportano a interfacce grafiche che nascondono mentre pretendono di svelare. Alle parole di Priore vengono sottratti i dati specifici e gli elementi di contingenza, e immediatamente ci sembra che si rivolgano all’intera comunità, affondando le radici in una morale condivisa.
La violenza del fatto, la sofferenza, la tenacia di chi combatte per la verità, le indagini si fanno conquista della conoscenza, impresa umana e opera letteraria. Di lato, seminascosti in un intrico di segni, altri uomini agiscono; una realtà grottesca si sviluppa, e l’intera scena viene percorsa da inquiete volute di fumi colorati. La musica continua e il canto riprende.
L’opera – scritta da Fiorenza Menni, Andrea Mochi Sismondi e Francesca Pizzo, musiche composte ed eseguite da Caterina Barbieri, immagini video di Giovanni Brunetto e cura del suono di Vincenzo Scorza – è portata in scena da Ateliersi, un collettivo di produzione artistica che opera nell’ambito della arti performative e cura la programmazione culturale dell’Atelier Sì. Ateliersi produce opere teatrali e interventi artistici in cui il gesto performativo entra in dialogo organico con l’antropologia, la letteratura, la produzione musicale e le arti visive.