Contributi consulente Itavia Luigi Di Stefano

Il giorno 27 Giugno 1980, alle nove di sera mentre era in rotta da Bologna a Palermo, il Douglas DC9 nominativo I-TIGI della compagnia Itavia, volo IH870, giunto in prossimità dell’isola di Ustica, perdeva improvvisamente i contatti con il Centro di Controllo Regionale di Ciampino e precipitava nel Mar Tirreno.
L’aereo volava a oltre 25.000 piedi, rispettando tutte le prescrizioni del controllo del traffico aereo. L’aereo aveva effettuato tutti i controlli e le revisioni periodiche, ed era condotto da personale abilitato ed esperto che aveva goduto dei prescritti turni di riposo. Tutte le 81 persone a bordo perivano nel disastro.
I-TIGI era sotto il controllo del Centro regionale di controllo del traffico aereo di Ciampino e sotto la sorveglianza dei radar militari di Licola (vicino Napoli) e di Marsala (in Sicilia). Cominciava così il più grande mistero dell’aviazione civile di tutti i tempi.

Questa sintesi è nata a seguito di interessanti colloqui avuti nel forum di www.politicaonline.net con persone appassionate di volo. In questo modo si può disporre di un riassunto che racchiude la sostanza di quello che sarà trattato, in forma molto più ampia, nelle sezioni successive.

Località: Sardegna meridionale – Orario: dalle 18.09Z alle 18.30Z circa. Fonte: tabulati del radar militare di Marsala e del radar militare di Poggio Ballone. Protagonisti: – Radar militare di Marsala (codice identificatore “AJ”) – Radar militare di Poggio Ballone (codice identificatore “LL”) – Traccia AJ453 cod. 56 Zombie, trasponder 0773 (manca il piano di volo, quindi possiamo sapere solo che appartiene a uno di questi paesi: Albania, Angola, Bulgaria, Cecoslovacchia, Cina Popolare, Cuba, Etiopia, Iran, Jugoslavia, Libia, Mozambico, Polonia, Repubblica Democratica Tedesca, Romania, Siria, Yemen del Sud, Tanzania, Ungheria e URSS. Sono i paesi di “interesse” per la difesa aerea ai quali, seppur autorizzati al sorvolo del territorio nazionale, si assegna sempre il codice 56 Zombie.

La traccia appare sul nastro di Marsala, e nasce all’interno della Sardegna alle 18.09Z come AA037 cod 40 (AA e cod. 40 pending sono assegnati alle tracce da identificare). Dopo 2 minuti, alle 18.11Z Poggio Ballone la “marca” come LL437 gia completa di tutti i dati (velocità, quota, posizione, direzione, con codice 56 “zombie” e codice trasponder 0773, trasmettendola in cross-tell a Marsala. Ancora un minuto, alle 18.12Z, e la traccia, per Marsala, si trasforma in AJ453 con gli stessi parametri, lo stesso codice 56 Zombie e lo stesso codice trasponder 0773, e i dati vengono inviati da Marsala a Poggio Ballone che ne continua a seguire il volo per circa 5 minuti. Appare chiaro che all’inizio (AA037) per Marsala è una traccia da identificare, ma ci pensa Poggio Ballone a dirgli: LL437, guarda che è uno Zombie, un velivolo non amico che non ha presentato il piano di volo! Altrimenti, senza questa precisazione, Marsala la avrebbe identificata “Friedly” o “Uniform”, visto che nasce sul territorio nazionale. Invece è proprio Poggio Ballone a dirgli: attento che è Zombie! Marsala la prende in carico e la ritrasmette immediatamente a Poggio Ballone: Ho capito, è Zombie, gli sto addosso.

Il volo AJ543 prosegue regolarmente verso sud-est (verso l’Africa) sempre con cod. 56 Zombie. Alle 18.19Z e alle 18.20Z la traccia AJ453 mostra una evidente anomalia. Per due battute la traccia si “sdoppia”, cioè manda una seconda “eco radar” quattro secondi dopo essere stata illuminata. Poiché il “periodo” (tempo di un giro d’antenna) del radar di Marsala è di 11,3 sec. una traccia può essere battuta a intervalli minimi di 11,3 sec. Il “fenomeno” accade due volte e non passa inosservato. Infatti dopo circa un minuto la traccia AJ453 appare con cod. 76, “assegnata all’intercettore pilotato”. Dopo altri 40 secondi viene creata la traccia AJ000 cod. 64 “Intercettore”, che avvia la procedura di intercettazione. (la traccia AJ000 si trova appena a sud di Marsala). Ma il fenomeno non si ripete e l’operazione non viene effettuata. Da notare che AJ000 è l’unica traccia cod. 64 “Intercettore” creata nella giornata. E AJ453 è l’unica traccia della giornata su cui si mette il cod. 76 e si avvia una azione di intercettazione. E siamo alle 8.21Z, esattamente 38 minuti prima della strage di Ustica.

Subito dopo essere stata fatta oggetto di “intercettazione” (18.20Z) AJ453 nel giro di 7 minuti cambia direzione (da 152^ a 201^ quindi ben cinquanta gradi, da sud-est a sud-ovest) e la quota, da 34.000 a 9.400 piedi (da 10.370 metri a 2.870 metri) Questo dimostra che AJ453 non era un aereo di linea. (Il Gen. Pisano chiede fin da Aprile ’89 i piani di volo di “tutti” i voli di quella sera, ma con vari pretesti questi piani di volo vengono negati sia a lui che alla Comm. Stragi che al G.I.) Nelle “doppie battute” si può già riconoscere l’avvio di una operazione di guerra elettronica. Infatti il radar di Marsala (sistema Nadge) “non può” generare un nuovo “plot sintetico” quattro secondi dopo aver battuto una traccia, perché dopo quattro secondi l’antenna ha ruotato di 127 gradi e sta puntando da tutt’altra parte.

Località: Tirreno meridionale – Orario: dalle 18.09Z alle 19.03Z circa Fonte: tabulati del radar militare di Marsala e del radar civile di Ciampino Protagonisti: – Radar militare di Marsala (codice identificatore “AJ”) – Radar civile dinavel reshaping surgery Ciampino – Traccia AJ450, cod. 46 Friendly – Traccia AJ421 – DC9 I-TIGI volo IH870, cod. trasponder 1136, cod. 46 Friendly – Traccia U.F.O. – Unidentified Flyng Obiect navel surgery.

AJ421, a destra, è la traccia del DC9 I-TIGI che scende verso Palermo. Alle 18.59.45Z manda il suo ultimo segnale trasponder (praticamente nel punto in cui incrocia la traccia color fuxia) UFO è la traccia fuxia alla sinistra, come riportabile dai tracciati di Ciampino (i famosi plot -17, -12 e 2b). AJ450 è la traccia davanti la Sardegna. Nasce alle 18.40Z e termina alle 18.59.20Z. Si mostra come un oggetto in discesa da 67.800 piedi fino a 34.000 piedi, con velocità al suolo bassissima (meno di 90 Km/h, quindi il sistema dovrebbe eliminarlo automaticamente). E’ identificato con cod. 46 Friendly dopo circa 15 minuti dalla sua apparizione.
Viene giudicato come il volo di un “pallone sonda” sia nel “Rapporto Pisano” dell’Aeronautica Militare del marzo ’89, sia nella “Perizia Radaristica” depositata a luglio ’97; In realtà non può essere un pallone sonda, che di questa stagione, a quella quota e quella latitudine volano in direzione opposta. AJ450 è un aereo militare dotato di una apparecchiatura da guerra elettronica e sta compiendo una operazione di “inganno”, che consiste nel negare al rilevamento del radar di Marsala i veri parametri cinematici (quota e velocità).

Con questo disegno, apparso su La Repubblica il 15 Ottobre 1989, inizia il mio impegno sull’Affaire  Ustica, che durerà, fra alterne vicende, fino ad oggi. E’ un po ingiallito ma stava in cantina da quindici anni… Il logo della mia ditta che gestivo all’epoca, il curriculum professionale e l’attività della DIESSE (almeno chiariamo subito che non lavoravo alla C.I.A.)In questo capitolo racconto come è iniziato il mio coinvolgimento nell’Affare Ustica, alla fine di Settembre del 1989. Con una telefonata perché non mi stava bene un articolo apparso su La Repubblica: – Ma scusi, secondo lei allora i missili ce li hanno solo gli americani? – Perché, lei si intende di missili? – è la serafica risposta di Franco…

Un Mig 23 MF dell’aviazione libica In questo capitolo si descrive brevemente del rinvenimento del Mig libico in Calabria.

Il seggiolino eiettabile del Mig 23 esposto in un museo tedesco. Come si vede il manichino indossa la tipica combinazione di volo dei piloti sovietici. In particolare è il casco che porta l’attacco del tubo dell’ossigeno, e quindi senza indossare questo tipo di casco non si può volare. Anche la tuta di volo appare essere quella caratteristica sovietica. Si notano inoltre i vincoli per le gambe del pilota. In caso di eiezione quei due gambali hanno il compito di retrarre velocemente le gambe per evitare che esse …. restino nell’aereo mentre il pilota viene sparato via, mentre anche le cinture di vincolo si tendono “strizzando” il pilota sul seggiolino. In sostanza casco e seggiolino trasformano il pilota in un tutt’uno “fisico” con l’aereo. All’atto dell’eiezione il pilota si mantiene un tutt’uno col seggiolino, mentre una carica esplosiva lo fa uscire dall’abitacolo e un razzo provvede ad innalzarlo alcune centinaia di metri sopra l’aereo. A questo punto pilota e seggiolino si separano rapidamente (ancora con una piccola carica esplosiva) e si apre il paracadute. Quindi in un qualsiasi incidente aereo l’analisi dello stato del seggiolino diventa fondamentale per capire quello che è successo.

Il cannone GSh da 23 mm a canne binate che equipaggia il Mig 23. Secondo le testimonianze rese al processo, nel 2003, era rotolato sotto un cespuglio, per cui si concluse che il Mig ritrovato in Sila volava disarmato. Per dare un’idea delle dimensioni, ognuno dei proiettili è all’incirca come le bottigliette della coca-cola. In questo capitolo c’è una breve descrizione della situazione che si era venuta a creare intorno al caso Ustica nel 1989. Polemiche ferocissime sui media e “depistaggi” (cioè operazioni di disinformazione) messe in atto da entità in parte rimaste oscure.

In questa parte delle requisitorie dei Pubblici Ministeri sono descritte gran parte delle attività di disinformazione messe in atto già dalle prime ore dopo il disastro. Si tratta di un documento di grande interesse e che dimostra come, fin dall’inizio, il disastro di Ustica non fosse riconducibile ad un normale incidente aAll’epoca si indicava che al momento del disastro un aereo sconosciuto si dirigeva, da ovest verso est, contro il DC9 italiano. E che al momento dello spegnimento del transponder questo si trovava a circa 10 Km di distanza. Era quindi possibile stimare dove si trovasse al momento del lancio del missile…

I missili Aria-Aria di produzione sovietica in una tavola tratta da internet

Nel ’90 queste informazioni potevano essere tratte dalla stampa specializzata Decidiamo di scrivere un libro, ai primi mesi del 1990. Franco scrive la parte “giudiziaria”, io mi occupo della parte “tecnica”. Ci fa pure la copertina Forattini! E’ pieno di spunti interessanti che troveranno poi riscontro nelle indagini degli anni successivi, indichiamo il tipo di missile e i possibili “contesti” nei quali è maturato l’evento, ma per una serie di circostanze “fortuite” di questo libro saranno distribuite solo 800 copie… Poi, sempre nello stesso periodo, mi accadono altro genere di guai che mi costringeranno a piantarla con Ustica. E’ il destino cinico e baro che governa la vita degli uomini, mi dico.

Nel ’92, dopo un paio d’anni in cui ho avuto ben altri grattacapi a cui pensare, il mio amico Franco mi telefona: Il Magistrato va a fare un sopralluogo a Castelsilano, a “Timpa delle Megere”, dove era precipitato il Mig libico. Ti va di venire? Così ricomincio, e vedo il buco che il Mig ha fatto sulla costa del burrone, e mi ritorna alla mente un episodio del 1972, quando un G91 della Pattuglia Acrobatica Nazionale era precipitato a cinquecento metri da casa mia.

Passa ancora qualche mese, forse un anno. Stavolta Franco mi invita nell’hangar, dove si trova il relitto che la nuova commissione di indagine sta ricostruendo. Ci vado come inviato di La Repubblica, insieme a molti altri giornalisti. Il relitto è impressionante.

Questo è il primo capitolo “doppio”. Sul libro è trattato in modo descrittivo, qui in rete invece abbiamo il supporto di disegni e animazioni, quindi è più “tecnico” In questo modo spero di poter dare esauriente supporto al racconto. Comincio finalmente a leggere la monumentale “Perizia Tecnica” che appare veramente esaustiva in ogni aspetto, ma ci sono delle cose che non mi tornano, ma proprio per niente. E quindi, prima di andare avanti, sarà bene chiarire alcuni concetti. Siamo ormai nel 1994 e mi occupo della vicenda da almeno cinque anni, cioè da quando ho cominciato a collaborare con Franco e quindi cominciato a leggere i documenti che sono entrati a far parte dell’inchiesta. Collaborazione che è iniziata proprio perché dovevo fare una “lettura tecnica” di questi documenti. Ovviamente avrebbe potuto farlo anche un’altra persona, magari più competente di me su settori specifici, o magari più competente e basta. Però l’ho fatto io. E quindi mi sono letto “tutto”, dalla prima analisi dei dati radar di Ciampino alle risposte sui quesiti aggiuntivi date dall’ultima commissione peritale. Il mio compito non era stare a disegnare gli scenari o interpretare le varie “rivelazioni”, e nemmeno di organizzare polemiche o scoop più o meno fasulli. Io dovevo “leggere” e capire quale era il senso di quello che leggevo, e se avevo un dubbio su qualche elemento andarmi a documentare. Così ad esempio quando qualcuno andava a deporre in Commissione Stragi e diceva che i Mig libici non potevano arrivare a Ustica per motivi di autonomia non è che io mi inventavo che non era vero. Mi andavo a comprare le monografie e potevo dire che si, è vero, il Mig 21 non avrebbe potuto arrivare a Ustica e tornare indietro senza rischiare di rimanere a secco, ma che invece il Mig 23 a Ustica ci sarebbe arrivato e ritornato senza problemi. Quindi, e veniamo al sodo, quando ho letto che secondo la nuova perizia il DC9 precipitava con una modalità completamente diversa da quello che si era creduto fino ad allora questo è diventato un elemento da verificare con la massima attenzione. Non perché avessi una sorta di malanimo o dei pregiudizi nei confronti degli estensori della nuova perizia giudiziaria, ma semplicemente perché precedentemente, analizzando gli stessi tracciati del radar civile di Ciampino, tutta una serie di altri ed altrettanto autorevoli soggetti erano giunti a conclusioni diverse. Per cui o avevano sbagliato clamorosamente i primi o avevano sbagliato altrettanto clamorosamente i secondi. E badate bene, non stiamo parlando di “bomba” o “missile”, stiamo parlando di come, dopo aver ricevuto il danno, quale che sia, l’aereo precipita. E quindi non il preteso “atto di fede” di cui il partito della bomba accusa quelli del missile o viceversa, ma della sostanza stessa dell’inchiesta per la parte riguardante l’interpretazione dei dati radar di Ciampino. Vediamo come le due perizie giudiziarie (Blasi – Marzo ’89, e Misiti, Giugno ’94) descrivono come è precipitato il DC9. (per “momento dell’incidente” si assume il momento in cui il transponder del velivolo ha cessato di funzionare. Il “transponder” è uno strumento di cui sono dotati tutti gli aerei civili e militari e che invia automaticamente alla stazione radar di terra un segnale che contiene un “codice” (nel caso del DC9 era 1136) e alcuni parametri di volo). Questa la conclusione della commissione di indagine Blasi – L’aereo ha assunto dopo l’incidente una traiettoria in volo librato e nella direzione del vento della durata di circa 3 minuti fra la quota iniziale (25.000ft (7.600mt) e la quota di scomparsa dallo schermo radar dell’eco primario (valutabile intorno ai 20.000ft (6.000mt). Ciò esclude cedimenti strutturali delle superfici portanti e di stabilizzazione (piani di coda) come accaduto viceversa in due incidenti avvenuti per cedimento dei piani di coda (velivolo BAC-III in Nebraska USA del 6 agosto 1966 e Viscount in Mariland USA del 27 maggio 1959) Vediamo ora come descrive il disastro la commissione d’indagine Misiti. Nel Vol.IV parte VIII cap. 2.1.1 Possibile successione e concatenazione degli eventi: – Comma 4 : A seguito dell’evento che ha causato l’incidente, si e` avuto il distacco e la frammentazione in volo della parte posteriore della fusoliera in massima parte sovrastante il pavimento compresa approssimativamente fra le stazioni 642 e 877, il distacco di entrambi i motori, del tronco di coda e dell’estremità della semiala sinistra. Il cedimento e il distacco di questi elementi e` avvenuto nell’arco di 4/5 secondi. E’ chiaro? Per quattordici anni tutti concludono che l’aereo volava in volo librato, ora che nel giro di 4/5 secondi si è perso la coda, i motori e l’estremità dell’ala sinistra. Si doveva cercare di vederci chiaro o no? Se uno sta facendo una indagine, tanto più se si tratta di una indagine tecnica, non è importante enunciare una conclusione alla quale si è giunti, tanto quanto indicare il percorso logico che si è seguito e i dati di fatto che a quella conclusione hanno portato. I vari soggetti che hanno concluso “l’aereo volava in volo librato” hanno giustificato questa conclusione esaminando i dati radar di Ciampino. I periti che concludono “si è distrutto completamente in 4/5 secondi” hanno giustificato questa conclusione esaminando gli stessi tracciati radar di Ciampino.

Quindi sarà necessario vedere “quello che vede Ciampino”, e per prima cosa “dove vede Ciampino”
Un qualsiasi radar basato a terra ha una “altezza minima di detenzione”. Significa che, in rapporto alla distanza del target, esiste una quota minima al di sotto del quale il target (l’aereo) non può essere avvistato.
In parole povere più l’aereo è lontano e più deve essere alto per poter essere avvistato. Nel nostro caso siamo a circa 100 MN (miglia nautiche) (pari a circa 180 Km) di distanza dal radar. A quella distanza, si indica in perizia Blasi, la “altezza minima di detenzione” è di 20.000 ft (piedi), pari a circa 6.100 metri. A dire che quando l’aereo scende sotto i 20.000 ft il radar lo perde.

Il disegno

Significa che qualora il DC9 scendesse (in quel punto, a 100 NM dal radar di Ciampino) sotto i 20.000 ft il radar non lo vedrebbe più. Ora vediamo l’animazione che riporta le registrazioni del radar di Ciampino (i dati sono tratti dai tabulati di Ciampino e il disegno è in scala). La sequenza reale mostrerebbe una battuta radar ogni 6 sec ma qui è stata accelerata a una battuta ogni circa 3 sec (per non farvi stare tre minuti a guardare i pallini)

1) in blu è il DC9 che vola prima del disastro
2) l’ultimo plot in blu corrisponde all’ultima battuta in cui il transponder ancora funziona
2) in rosso è “esattamente” quello che il radar di Ciampino ha registrato dopo il disastro.
Premendo il pulsante destro si avvia l’animazione.

Ora alcuni avranno notato che questa sequenza è completamente diversa da quella che avranno avuto modo di vedere in televisione. Infatti sono anni che si trasmette una sequenza dove, dopo il punto “0” (disastro) si vede una miriade di pallini che starebbero ad indicare i vari frammenti dell’aereo. Bene, è una fesseria, o meglio un “depistaggio”, inconsapevole per chi lo trasmette, ma ben consapevole da chi lo ha fatto. Se fosse trasmesso come è in realtà, come lo avete visto qui nell’animazione, apparirebbe chiaro che in cielo si muove un oggetto solo, tranne quattro volte in cui gli oggetti sono due, separati e ben distanziati. Uno dei due oggetti è il DC9, l’altro è il “velivolo estraneo”. Per cui, dalla sequenza radar, appare ben chiaro che dopo il disastro in cielo ci sono due velivoli che “volano”. Infatti questa sequenza dura tre minuti, e il DC9 scende sotto i 20.000 ft solo dopo tre minuti da quando viene colpito. Quindi perde 5.000 ft (1.500 mt) in tre minuti, segno evidente che aveva al loro posto le ali, gli impennaggi e i motori (con la perdita dei quali, altrimenti, il baricentro sarebbe variato al di fuori dell’intervallo di stabilità) e il DC9 sarebbe sceso sotto i 20.000 ft in pochissimi secondi. Invece, trasmettendo la sequenza come la trasmettono solitamente in televisione, appare l’aereo che si disintegra quasi istantaneamente. Ma, ripeto, è una bufala per dimostrare che l’aereo si è distrutto al momento del disastro. (Sarà inutile sollevare polemiche su questo punto. Allego le Pag.1 e Pag.2 su cui sono riportati i plottaggi del DC9 del radar di Ciampino, tratti dalla Perizia Blasi del 1989. Chiunque se li potrà riportare su carta o sul computer e verificare la situazione. Diciamo che è alla portata di un ragazzino delle medie….) Comunque basta confrontare con la sequenza dei plottaggi radar relativa al disastro aereo di Lokerbie, in Scozia. In questo caso nell’aereo (che volava in condizioni di quota, velocità e vento pressoché identiche a quelle di Ustica) era stata messa una bomba nel bagagliaio. Il Boeing 747 Jumbo della Pan America si è completamente destrutturato in volo nel giro di 5/6 secondi e ha impattato con il suolo dopo 54 secondi (ce lo dicono i sismografi che hanno registrato l’urto) Come si vede la sequenza dei plottaggi radar appare completamente diversa.

No, non Commissario Tecnico della Nazionale (gli Azzurri!) Ormai siamo arrivati alla fine del 1994, pochi giorni dopo l’anno nuovo ho una sorpresa: mi chiedono di entrare nell’indagine, direttamente, come ‘Consulente Tecnico’ per la parte civile! Proprio non me lo aspettavo. E’ successo che due protagonisti del caso Ustica, già impegnati nell’indagine, hanno letto la nota che ho consegnato al magistrato qualche mese prima e l’hanno trovata interessante, per cui si sono informati su di me, hanno saputo che da anni collaboravo con Franco Scottoni sul caso, e si sono rivolti a lui per chiedergli se poteva metterli in contatto con me, che mi avrebbero proposto appunto di entrare direttamente nell’indagine. Franco gli dice di si, me lo chiederà, ma li avverte: Attenti perché quello poi fa come gli pare. Mai parole furono più profetiche. Si tratta di Romeo Ferrucci e di Mario Cinti. L’avvocato Romeo Ferrucci è il capostipite degli avvocati che si occupano del caso Ustica, anzi si può dire che l’indagine sia iniziata veramente proprio grazie a lui. Era un magistrato della Corte dei Conti in pensione, e leggendo sul Corriere della Sera gli articoli del giornalista Andrea Purgatori (che è il capostipite dei giornalisti) lo andò a trovare facendosi consegnare le carte studiandole per settimane e mesi. Quando si convinse che ‘non’ si stava facendo giustizia si mise in contatto con molti dei familiari delle vittime e li convinse a costituirsi in Comitato. Poi riuscì a farli ricevere dal Presidente Cossiga che si impegnò a promuovere il rilancio dell’indagine che languiva fra ritardi e omissioni, ma soprattutto per mancanza di “soldi”. Infatti lo “Stato” aveva detto al Giudice Istruttore Bucarelli che se il recupero del relitto si risolveva in un fiasco la spesa l’avrebbe pagata lui con la liquidazione e le trattenute sullo stipendio: oltre sei miliardi! Ma l’intervento di Cossiga, che scrisse al Presidente del Consiglio Craxi, pian piano riuscì a ad ottenere che si stanziassero le somme necessarie per far recuperare il relitto. Mario Cinti invece era un ex dipendente dell’Itavia, la compagnia aerea privata che era proprietaria del DC9 I-Tigi precipitato. Amico del proprietario Avv. Aldo Davanzali aveva la funzione di addetto alle pubbliche relazioni. Con il disastro e la conseguente chiusura dell’azienda aveva perso il lavoro e, ormai in pensione, si dedicava all’indagine in corso con la nomina, anche lui, a Consulente Tecnico (sarebbe il ‘perito’). Dopo il disastro contro l’Itavia c’era stata una vera e propria campagna diffamatoria. ‘Carrette del cielo’ titolavano alcuni giornali, e sulla spinta di questa campagna il Ministro dei Trasporti dell’epoca, il socialista Rino Formica, aveva ritirato le licenze di esercizio, determinando la fine dell’azienda. Poi, verso la fine del 1980, si erano conosciute le risultanze dell’esame dei tracciati radar di Ciampino, in particolare quelle dell’Ente per la Sicurezza del volo USA (lo N.T.S.B. gia citato) e il proprietario, Davanzali, aveva detto in televisione che il suo aereo era stato abbattuto da un missile. E quindi denunciato per ‘propagazione di notizie false e tendenziose’. Comunque fin dalle conclusioni della prima commissione d’inchiesta (Luzzatti) nel ’82 era emerso chiaramente che l’aereo era in ordine e nessuna responsabilità poteva addebitarsi alla compagnia, che era così diventata, al pari dei passeggeri, ‘parte civile’. Romeo Ferrucci era il classico avvocato espertissimo di cose legali e pronto alla polemica. Mario Cinti, ex Colonnello dell’Esercito, era anche lui avvocato (come studi però, perché non aveva mai esercitato) ma ci teneva al grado e tutti lo chiamavano ‘Generale’ (in virtù del fatto che con il pensionamento era diventato Generale della Riserva). Cocciutissimo, ricopriva un ruolo che gli era poco congeniale, quello di ‘Consulente Tecnico’, non avendo mai avuto ruoli tecnici nella sua professione passata. Ma nonostante questo aveva sempre battagliato per dire la sua quando c’erano cose che non lo convincevano. Però ormai il ‘Caso Ustica’ era diventato di valenza nazionale, erano entrati nuovi avvocati a rappresentare i familiari delle vittime, si erano affacciati deputati che seguivano la vicenda, e i Consulenti Tecnici per la parte civile erano diventati i professori del Politecnico di Torino. Quindi ormai per la parte legale le persone interessate gravitavano per lo più a Bologna, mentre per la parte tecnica a Torino. E loro, Mario e Romeo, si sentivano un po messi da parte, ai margini di una inchiesta che invece all’inizio li aveva visti protagonisti. Per cui, hanno pensato, con il supporto di un altro tecnico che seguisse il loro percorso, avrebbero avuto modo di rientrare nel pieno dell’indagine e recuperare visibilità all’interno del gruppo Avvocati/Consulenti dal quale si sentivano un po emarginati. E forse, ma questo era inconfessato, il fatto che io collaborassi con il giornalista di punta di La Repubblica sul caso Ustica, avrà avuto il suo peso. C’è da dire che in quel momento tutta la parte civile, compresa l’Itavia, era riunita nell’ambito dell’Associazione dei Familiari delle Vittime, quindi io ero nominato CT in questo ambito (o forse è meglio dire ‘imposto’, visto che la nomina era stata un atto ‘motu proprio’ di Ferrucci, del quale gli altri avrebbero fatto volentieri a meno) Comunque io già sapevo tutto e avevo letto tutto, quindi entravo già preparato, con quasi sei anni di ‘anzianità’. Gli accordi furono semplici: niente soldi e libertà di giudizio. In cambio diventavo ‘ufficialmente’ CT (Consulente Tecnico per la parte civile) nominato da Ferrucci ed avevo il diritto di chiedere di partecipare alle riunioni dei Periti Giudiziari (CTU, Consulenti Tecnici d’Ufficio), proporre sessioni peritali per esaminare questo o quel reperto o richiedere la documentazione agli atti per esaminarla. Ora non ero solo legato alla lettura delle perizie depositate, ma potevo richiedere la documentazione sulla base della quale queste perizie erano state elaborate e avevano tratto le loro conclusioni. Se volevo controllare, ad esempio, la situazione dei recuperi in mare nei giorni successivi al disastro potevo richiedere tutti i documenti, le carte nautiche, i verbali, e studiarmeli direttamente. Insomma, potevo scavare sempre più a fondo. Elaboro un piano: riesame della perizia tecnica (con l’accesso alla documentazione dei vari settori) ed esame del relitto col fine di ricavare un modello virtuale in 3D (intendo un disegno tecnico CAD in 3D) più preciso possibile per localizzare, sull’insieme del relitto ricostruito nel computer, eventuali evidenze di danni del missile che finora nessuno era mai riuscito a localizzare. Il primo atto, quindi, una completa ricognizione fotografica del relitto, che imparerò a conoscere in ogni particolare. Ferrucci e Cinti sono d’accordo, si comincia. Cominciano subito anche i malumori: quando chiediamo di accedere all’hangar di Pratica di Mare dove si trova il relitto devono necessariamente venire anche persone dell’Ufficio (cioè del tribunale, il Cancelliere e i poliziotti), poi devono venire i Carabinieri della base ad aprirci e devono restare con noi finché si esce. Ma con questi non c’è problema. Poi devono venire anche alcuni periti giudiziari, e questi hanno un po l’atteggiamento infastidito di chi è costretto a perdere tempo che potrebbe impiegare meglio. Anche gli altri CT di parte civile quando vengono non è che siano proprio entusiasti. In questi mesi tutto si svolge in silenzio: mi faccio le mie fotografie e mi leggo le carte, e comincio a fare tutta la serie di disegni tecnici: la posizione dei relitti ritrovati in mare, di quelli sul fondo, della rotta dell’aereo” dice: ma quelli c’erano già! Eh, io sono come S. Tommaso, devo verificare, hai visto mai che qualcuno si è scordato qualcosa. E poi se le cose te le fai da solo le capisci meglio. Già all’inizio però c’è un piccolo incidente di percorso. Credo a febbraio ’95 (quindi appena un paio di mesi dopo che ho iniziato) mi telefona un giornalista dell’Europeo, Sandro Provvisionato. Lui ha seguito parecchio il caso Ustica, e ora l’Europeo, un antico e prestigioso settimanale, sta per chiudere i battenti. Lui vorrebbe fare, sul penultimo numero prima della fine delle pubblicazioni, un servizio ‘importante’. Naturalmente ha già di che scrivere, conosce benissimo la vicenda, però vorrebbe qualche spunto ‘recente’, importante, da inserire nel servizio. Beh, io penso che lo spunto migliore sia proprio quello sul fantomatico volo del colonnello Gheddafi, sul fatto che AJ411, quello che ‘vira su Malta’, è in realtà un volo di linea Aeroflot. E’ un dato certo perché è stato appurato direttamente dal Magistrato durante una indagine condotta in Russia. Del resto è una cosa ormai nota agli addetti ai lavori, ma che finora non è stata ripresa da nessuno, non si capisce se per distrazione o perché si è affezionati alla storiella del ‘proditorio attacco’. Neanche è una storia che ho ‘scoperto’ io, quindi nemmeno mi si può accusare di cercare pubblicità o farmi bello. Ma si, mica rivelo un segreto, è scritto pure sulla perizia, questa ultima che conclude ‘bomba’. Così esce l’articolo sull’Europeo dove si dice che la storia del volo di Gheddafi è tutta una balla. Apriti cielo! Ci manca poco che mi cacciano subito, appena cominciato. Sembra che avendo svalorizzato l’ipotesi del ‘proditorio attacco’ di fatto sarei ascrivibile al ‘partito della bomba’! Un traditore, una serpe in seno. Ma che c’entra? E che il missile esiste solo se lo volevano tirare al leader libico? Insomma, un po’ di maretta, ma passa. E poi è bene non fissarsi con gli ‘scenari’, specie se sono fasulli. Abbiamo deciso che riesamineremo il relitto per cercare le evidenze di danni, pure del missile, e quello sto facendo. Se ci mettiamo a lavorare sulla base delle leggende metropolitane facciamo esattamente quello che vogliono gli oscuri ‘depistatori’, e coi paraocchi non arriviamo da nessuna parte. Per il resto decido io con chi e di che cosa posso parlare. Dunque cominciamo a cercare i segni del missile, che secondo me devono essere ‘macro’, e non ‘micro’. Se l’aereo ha subito un danno tale da farlo precipitare questi danni devono essere ben evidenti, e la tecnica per evidenziarli non può essere altro che quella del ‘puzzle’: tu cerchi di rimettere a posto tutti i tasselli, e quando hai finito saranno ben evidenti quelli che mancano. Ma non è che i vari frammenti dell’aereo possono essere rimessi insieme con la precisione dei tasselli di un puzzle. Correttamente si è deciso di non tentare una ricostruzione di tipo ‘distruttivo’, cioè di raddrizzare le lamiere contorte per farle riassumere la forma originale e poi ricollocarle sul simulacro di fusoliera realizzato in rete metallica, però si è potuto ritrovare la posizione originaria di ogni frammento recuperato che avesse un minimo di dimensione (i frammenti di pochi centimetri naturalmente non sono ricollocabili) e sulla carta si è realizzato uno ‘skin map’ (mappa della pelle) che rappresenta tutta la fusoliera del velivolo e dove sono stati disegnati, in forma e dimensione quanto più possibile al pezzo originale, i vari frammenti che appaiono invece contorti sul relitto. Immaginate un pesce a cui fate un taglio nella parte inferiore, dalla bocca alla coda, e poi apritelo spiattelandolo su una superficie piana: avrete lo skin map del pesce. Ora pensate che avete trovato il pesce tutto a pezzettini, e quindi dovrete rimetterlo a posto facendo combaciare i vari pezzettini fino a ricomporre la pelle del pesce. Il pezzo che manca è dove è entrato l’arpione. Ecco, io voglio partire dalla pelle del pesce per quanto ricomposta e rimetterla sul velivolo. Non su quello vero, ma su quello che creo al computer, sfruttando le potenzialità dei primi programmi CAD per disegno tecnico computerizzato. Non parlo dei programmi che ti permettono di fare la paperella e la piramidina in 3D, ma di quelli CAD (Computer Aided Drawing, disegno assistito da computer) che servono per il disegno tecnico. Come tutti avranno avuto modo di vedere il disegno tecnico si svolge sempre su un tavolo da disegno, su un piano, quindi in due dimensioni (2D), ma esso è una rappresentazione di oggetti in 3D (tridimensionali) perché in natura gli oggetti a due soli dimensioni non esistono. Per cui il progettista usa ‘artifici’ grafici, come le proiezioni ortogonali o l’assonometria per rappresentare oggetti che esistono realmente, e dargli forma e dimensioni. Ma l’oggetto reale, quello in 3D, prima di essere rappresentato su carta, esisteva solo nella mente del progettista. Faceva così Leonardo, Michelangelo, ma anche gli antichi costruttori romani che riuscivano comunque ad edificare edifici imponenti con strumenti di disegno molto meno elaborati di quelli nati nel ‘500. Ora possiamo disegnare su 3D, quindi avere nel computer ‘l’oggetto vero’, anche se in realtà virtuale. I primi programmi CAD sono apparsi verso la fine degli anni ’80 (io il primo l’ho preso nel 1987), e per fare questo lavoro di ricostruzione del velivolo uso uno dei primissimi in grado di eseguire la ‘modellizzazione solida’, cioè in grado di considerare come reale anche il volume di quello che vado disegnando, e soprattutto di eseguire la somma e la sottrazione di solidi, cioè di montare il puzzle come se lo stessi montando nella realtà. Quindi disegnando una sezione di fusoliera poi la si replica per le varie sezioni, e le si sommano per ottenere un unico oggetto solido. Dallo skin map si ricavano i ‘buchi’ (cioè i ‘vuoti’) e li si estrude per farli diventare solidi. Poi li si colloca nella posizione opportuna e li si sottrae, ottenendo la fusoliera coi buchi. Questo è il metodo seguito per fare il cosiddetto ‘aereo virtuale’.

Ora, evidenziati eventuali ‘buchi’, non è che poi sia facilissimo riconoscervi i buchi del missile. Lo skin map non può essere preciso perché la forma dei vari pezzi è ricostruita a mano partendo da un pezzo contorto e deformato (sarebbe stato necessario ‘raddrizzare’ ogni pezzo secondo i raggi di curvatura originali, ma così il tentativo di ricostruzione sarebbe stato ‘distruttivo’ dei reperti). Inoltre lo scontro fra l’eventuale missile e la fusoliera del velivolo è un fatto dinamico: mentre il missile penetra con una velocità che può essere indicativamente, intorno ai 700 metri al secondo, il velivolo avanza a 240 mt/sec. Quindi, se riduciamo il missile ad un palo del diametro di 100 mm e lungo tre metri avremmo concettualmente un foro da 100 mm se l’aereo fosse fermo, ma una ‘asola’ di una certa lunghezza nella realtà perché l’aereo si muove con una velocità determinata. E poi si deve considerare che possono esserci una infinità di assetti reciproci fra missile e aereo, diverse forme e dimensioni del missile, che lo stesso missile può essere esploso prima di arrivare sul velivolo e quindi sullo stesso arrivano parti di forma indefinita. Insomma non è che si possa cercare semplicemente un ‘buco’, misurarlo col calibro e dire quale missile lo ha fatto. Fortunatamente ad un certo punto era intervenuto nell’indagine un esperto vero, che di missili se ne intende. Accade che il giornalista Claudio Gatti, raccogliendo elementi per scrivere un libro sul caso Ustica (Il quinto scenario) arrivi a parlare con il sig. Robert Sewell. Gli da in visione 24 fotografie del relitto scattate dalla polizia scientifica e dopo averle esaminate Sewell da una risposta netta: missile! Robert Sewell, pensionato, è stato responsabile del settore di missilistica della US Navy, la marina americana, nella base di Pensacola (la famosa ‘Top Gun’ immortalata nel film omonimo). Quindi è uno che per tutta la vita professionale si è occupato di questa materia, contribuendo alla progettazione e valutando gli effetti lasciati sui bersagli abbattuti. Gatti si mette in contatto con l’Associazione dei familiari e in breve Sewell viene in Italia ed esamina il relitto. Conclude che il DC9 è stato colpito da due missili esplosi ad una certa distanza dal lato anteriore destro dell’aereo, con verso avanti verso dietro. Che dopo l’esplosione i due missili hanno attraversato il velivolo uscendo dal lato posteriore sinistro, e che stante il punto di esplosione, distante cinque o sei metri dalla fusoliera del DC9, questi missili potrebbero essere dei giganteschi ‘Acrid’ sovietici, gli unici che hanno la testa di guerra sulla coda. In una conferenza stampa e in articoli di giornale mostra con quale criterio i varchi aperti dai due missili sono riconoscibili sul frammentatissimo lato destro del velivolo, cioè proiettando sullo skin map le ‘ombre’ di un modellino in scala di missile, quindi ottenendo una immagine ottica della proiezione delle posizioni reciproche (come quando fate le ombre cinesi”) Le conclusioni del tecnico americano creano scalpore, ma i periti giudiziari della Misiti hanno buon gioco nel rigettare ‘le teorie di Mr. R. Sewell’. Innanzitutto, obiettano, lo skin map è stato fatto a mano e non al computer, quindi è completamente inattendibile per la forma dei pezzi e quindi per la forma dei vuoti. Ma soprattutto che se nell’ipotesi di Sewell i due missili entrano dal lato destro anteriore ed escono dal lato sinistro posteriore, anche prendendo per buoni i fori di ingresso indicati da Sewell, i fori di uscita sulla parte posteriore mancano completamente: la parte posteriore sinistra è integra, e quindi da li non può essere uscito niente. Hanno ragione, l’ipotesi di Sewell, così come è stata formulata, è improponibile. L’Acrid sovietico è un vecchio missile concepito alla fine degli anni 50, con dimensioni mostruose rispetto agli standard successivi. Pesa alcuni quintali, vola a mach 4 e porta una testa di guerra da 80 Kg. Secondo la traiettoria disegnata da Sewell questi due bufali avrebbero attraversato la fusoliera per tutta la lunghezza a quattromila km/h! Del DC9 avremmo ritrovato minuti frammenti sparsi su centinaia di km, e nemmeno una salma sarebbe stata recuperata. Se il missile c’è i danni devono essere evidenti, e soprattutto in ‘coerenza’ con il resto, con ‘tutto’ il resto. Sewell se ne va senza aver dato quella risposta risolutiva che ci si aspettava. Però Sewell qualcosa di buono lo ha comunque lasciato, almeno a me: il dubbio! Il giornalista Gatti gli ha portato 24 fotografie in bianco e nero del relitto parzialmente ricostruito, quelle ufficiali scattate dalla polizia scientifica. Se Sewell a botta calda ha detto ‘missile’ non lo ha dedotto certo dallo skin map, che non aveva. E nemmeno dal devastatissimo lato destro: lo ha detto lui stesso che i ‘buchi’ sul lato destro sono rilevabili sullo skin map e non dall’esame di quella zona di fusoliera.

E questo è il risultato. Parallelamente alla ricostruzione dell’aereo in 3D sto riesaminando tutta la questione della distruzione in quota descritta dai periti della Misiti. Come ho già detto non è una questione di prevenzione sul risultato del loro lavoro, ma ci sono cose che proprio non mi tornano. Nella nota che sono andato a consegnare al Magistrato a Giugno del ’94 evidenziavo la contraddizione rispetto ad alcune evidenze desumibili dai dati radar di Ciampino o da altre cose che erano scritte nelle precedenti perizie, ma ora le cose me le posso andare a controllare da solo.

I periti della Misiti dicono che nell’arco di 4/5 secondi l’aereo si è perso prima il motore destro, poi quello sinistro (dopo 0,2 secondi) e poi tutta la coda. Infine una parte dell’ala sinistra. La fusoliera con le ali attaccate precipita per conto suo. Quindi il primo controllo lo faccio proprio sui motori.

I motori dell’aereo furono individuati nel corso della 1° campagna di recuperi eseguita dalla società Ifremer per conto del collegio Blasi. Uno dei motori fu imbragato e recuperato nel 1987, il secondo, a causa della rottura del cavo di trascinamento e sollevamento fu lasciato sul fondo e recuperato l’anno successivo Un primo esame dei motori fu affidato alla società ALFA-Avio, che non aprì le carcasse dei motori perché deformate, ma rilevò la presenza negli stessi di alcuni oggetti appartenenti al resto del velivolo, quali spezzoni di guarnizioni in gomma e un pomello dell’attacco della radio di bordo, proveniente quindi dalla cabina piloti. La nuova commissione Misiti fece eseguire un nuovo esame dei motori presso la FIAT-Avio, esame che iniziò il 20/5/91.

Motore sinistro:

Per procedere all’apertura del motore, stante l’impossibilità di smontare le parti, si è proceduto con la fiamma ossidrica (pag.11)

Negli statori dei compressori di bassa e alta pressione si trovavano i seguenti reperti:
– Uno spezzone di tubo di gomma simile a quello rinvenuto all’interno della cassetta
– – Tre frammenti metallici di lega leggera tra i dischi compressore alta pressione
– – Due spezzoni in lega leggera sul 1 stadio compressore alta pressione

Nella turbina veniva rinvenuto:
– uno spezzone di tubo di gomma come i precedenti.
– due frammenti in lega leggera

All’esame di laboratorio, peraltro non eseguiti sulle parti in plastica/gomma/stoffa, si ottiene:
– I frammenti metallici in lega leggera sono di lega Al95-Cu5 oppure Al97-Si3 (quindi alluminio dei rivestimenti esterni)
– Il tubo di colore blu e’ in titanio
– I frammenti metallici della cassetta sono in titanio.

All’esame del motore sinistro appare chiaro che:

– Il motore ha ingerito frammenti di varia natura, con particolare evidenza per quelli di Plastica/gomma/stoffa, mentre era praticamente fermo e freddo.
– Dette ingestioni non possono essere avvenute durante il distacco in quota con le modalità descritte dal CP Misiti, in quanto sarebbero avvenute con il motore in pieni giri ed in fiamma, e dei reperti non sarebbe rimasta traccia.

Motore destro:

Anche il motore destro era contenuto in due colli, un con dentro il motore ed uno con dentro le parti precedentemente smontate dalla Alfa avio. Si nota fra le parti smontate “uno spezzone di tubo/guarnizione in gomma, simile a quelli presenti sul motore sinistro, fuoriuscente tra l’involucro statore compressore e la struttura posteriore compressore alta pressione”.

Si nota che durante gli spostamenti del motore fuoriescono alcuni oggetti, fra cui:

– Frammenti simili a carta/stoffa.

Anche per il motore destro è stato necessario intervenire con la fiamma ossidrica. Durante lo smontaggio si ritrovavano i seguenti reperti:
– n. 3 frammenti in lega leggera nelle camere di combustione
– Uno spezzone di tubo di gomma come i precedenti all’uscita del compressore alta pressione.
– Uno spezzone di tubo di gomma come i precedenti nella struttura posteriore del compressore

Negli statori dei compressori di bassa e alta pressione si ritrovavano:

– Un connettore elettrico di tipo aeronautico
– Uno spezzone di tubo di gomma simile agli altri
– Frammenti metallici in lega leggera
– Spezzone metallico in lega leggera

Dagli esami di laboratorio è risultato che i frammenti di lega leggera erano della stessa lega Al-Cu oppure Al-Si rinvenuti nel motore sinistro.

Un tecnico della Fiat avio, nel corso di una visita a Pratica di Mare, ha potuto accertare i seguenti punti:
– Il pezzo di plastica blu con sagomatura a nido d’ape faceva parte del rivestimento interno dei flap velivolo.
– Gli spezzoni di tubo/guarnizione in gomma erano parte dei rivestimenti anti-vibrante dei pannelli della cabina passeggeri (quindi interni all’aereo nda).
– Spezzoni di tubo simili a quelli in titanio di colore blu sono stati riconosciuti come facenti parte del velivolo.
– Un frammento di fusoliera prelevato e analizzato e’ risultato nella sua composizione identico a uno dei due tipi rinvenuti nei motori (Al95-Cu5)

Appare evidente che la natura dei reperti ritrovati nei due motori (prima dalla Alfa Avio che ha smontato solo il compressore a bassa pressione, e poi dalla Fiat Avio che ha dovuto procedere con la fiamma ossidrica per aprire le carcasse e quindi smontarli completamente). Appare evidente, dicevo, che la natura di questi oggetti non è compatibile con l’ipotesi che i motori si siano staccati in quota come descritto in perizia. Infatti se i motori si staccano e iniziano a precipitare dopo pochi secondi sono qualche centinaio di metri sotto al resto del velivolo (la loro velocità di caduta aumenta di 9,8 mt/sec ogni secondo che passa). Quindi se hanno ingerito reperti come quelli rinvenuti possono averlo fatto solo negli istanti immediatamente successivi al loro distacco (dopo 1 secondo sono già 10 metri sotto il resto dell’aereo). E negli istanti successivi al distacco i due motori sono ancora abbondantemente a pieni giri (grazie all’inerzia della massa metallica delle turbine e al fatto che stanno avanzando a 240 mt/sec) e in piena temperatura (grazie alla inerzia termica della massa metallica). Quindi nei momenti immediatamente successivi al distacco le camere di combustione sono a temperature vicine ai mille gradi e le turbine girano a migliaia di giri al minuto. In queste condizioni qualsiasi oggetto vi fosse penetrato sarebbe stato triturato e bruciato. E questo a maggior ragione vale per i reperti in carta, stoffa e plastica, comprese le guarnizioni in gomma che si ritrovano ‘abbondanti’ in entrambi i motori. Questi reperti possono essere stati ingeriti dai motori quando questi erano fermi (giravano a bassissima velocità trascinati dal vento relativo) e soprattutto ‘freddi’, perché non è ipotizzabile che carta stoffa e tubi di plastica entrino in una camera di combustione a mille gradi senza bruciarsi. E quindi abbiamo un primo elemento ‘tecnico’ che contraddice la modalità di distruzione in quota così come descritta dai periti della commissione Misiti. Come risponderanno i periti giudiziari a questa osservazione? Vedremo più avanti.

Poi faccio un altro controllo, stavolta sui reperti e relitti ripescati in mare.

Poiché le campagne di recupero del 1991 e 92 hanno effettuato recuperi anche nelle stesse zone gia` visitate dalla Blasi (Ifremer) e viste le polemiche che in passato ci sono state circa le parti lasciate sul fondo ho cominciato proprio da queste, quindi dalla zona B (motori) C (aereo) A (parte terminale fusoliera a coda)
Mi sono andato a rileggere il capitolo “operazioni di ricerca e recupero” Vol. I parte III10 cap. 4 della perizia Misiti

– Cap. 4.2 – mezzi e tecnica di recupero
Sulla base delle scelte effettuate le operazioni in mare vennero effettuate, a termini contrattuali, sotto la direzione della società Winpol, alla quale, in particolare, era affidato il compito del rilevamento delle coordinate dei targets e del posizionamento della nave, che vennero realizzati con l’ausilio del sistema satellitare GPS e del sistema Loran C posizionato sulle nostre coste. Alla soc. Espost International era invece affidato il compito della ricerca e del recupero dei relitti. Quindi due distinte società, di cui una, la Winpol, con il compito specifico della definizione della posizione dei targets, addirittura con sistema satellitare.

– Cap. 4.4 – Descrizione delle operazioni di ricerca e recupero
In all. III-2 è riportato un rapporto sulle operazioni di ricerca e recupero effettuate con i relativi risultati in termini di mappe di ritrovamenti e di frammenti recuperati.

Ovviamente mi sono andato a prendere l’allegato III-2, cosa che sono riuscito a fare il 22/02/95. Ne ho potuta per ora avere solo una parte, quella relativa alle zone prima descritte (quelle visitate dalla Ifremer) che sono per ora quelle che mi interessano.

L’ipotesi di lavoro è la verifica, rispetto ai ritrovamenti in mare, delle ipotesi di distruzione in quota o di distruzione all’impatto in mare, quindi devo sapere cosa e` stato ritrovato in mare e dove.

I motori, assimilabili per forma e dimensioni a grosse bombe d’aermente deviati dal vento. La coda avendo elementanza (i timoni di profondità) e una bassa densità rispetto al volume sarà precipitata con traiettoria completamente diversa dai motori. L’aereo, cioè la fusoliera completa di ali, anch’essa dotata di elementi di portanza (appunto, le ali) sarà precipitata con traiettoria ancora diversa da quella dei motori e della coda.
Questo lo dicono loro stessi e ne fanno la ragione stessa della destrutturazione in quota stante proprio le posizioni di ritrovamento. E allora? Come spiegano i CTU la presenza in zona C, accanto ai motori, di parti dell’aereo addirittura del muso? Non ne fanno cenno. Quindi sono andato a all’aeroporto di Ciampino, presso una ditta che gestisce due DC9, come quello precipitato. Ho preso anche i disegni della scala anteriore, ed ho potuto vederne una intera in manutenzione, completa di tutti i particolari. La scala anteriore è un oggetto massiccio, che in volo è contenuta all’interno della fusoliera, sotto al pavimento ed in corrispondenza dalla porta di ingresso anteriore dei passeggeri. A terra si estrae e si dispiega automaticamente a mezzo dei motori elettrici di cui è dotata scorrendo su apposite rotaie. Per l’uscita esistono ingranaggi e cremagliere per cui la scala non può assolutamente senza che funzionino i motori elettrici che la estraggono. Nemmeno si può pensare che al momento del danno per un qualsiasi motivo i comandi si siano attivati da soli, perché come risulta dai documenti di manutenzione del velivolo la scala anteriore era fuori servizio.

Per quanto riguarda l’ipotesi di distruzione in quota ho trovato altri elementi di contestazione, oltre ai reperti nei motori e alla posizione di ritrovamento della scala anteriore.

1) Secondo la comm. Misiti, come sappiamo, il velivolo si è frammentato in 4/5 secondi: i due motori, la parte posteriore della fusoliera con la coda, l’estremità dell’ala sinistra, il resto dell’aereo completo delle ali. Queste parti avrebbero assunto quindi traiettorie balistiche calcolabili matematicamente secondo le leggi della fisica. Ma queste “traiettorie balistiche” sono del tutto teoriche e applicabili nel vuoto, mentre in un fluido (l’aria) dipendono dalla forma, dalla dimensione e dalla velocità dell’oggetto che precipita (in aria una piuma e una palla di piombo cadono a velocità diverse, nel vuoto piuma e palla di piombo cadono alla stessa velocità, a scuola lo avrete fatto tutti…). Per cui il calcolo “matematico” delle traiettorie balistiche si può fare solo tenendo conto di velocità, quota, densità dell’aria, e assegnando ad ogni singola parte un fattore aerodinamico ‘R’ ricavato dal rapporto fra peso, volume e area, integrando inoltre la possibilità di “portanza” se l’oggetto che precipita può generarne (ad esempio il flap). Ma il fattore ‘R’ è di fatto arbitrario, perché è definito ‘dall’esperienza’ e ‘dall’autorevolezza’ di chi lo determina, non da criteri oggettivi come si vorrebbe lasciar credere. Il consulente di parte inquisita Ing. Ermanno Bazzocchi, progettista dei più famosi caccia militari della Aermacchi (forse i migliori del mondo nella loro classe) ha autorevolmente contestato alla comm. Misiti che secondo gli stessi parametri da loro adottati il “grosso’ dell’aereo (fusoliera con le ali) avrebbe dovuto cadere 5 km avanti rispetto ai motori, mentre invece è stato recuperato 2 km indietro rispetto ai motori. Gli è stato risposto che il fattore ‘R’ del grosso dell’aereo è difficilmente definibile!

2) Tutti i relitti sono stati recuperati circa 10 km ad est rispetto alla direzione del moto del velivolo (che era praticamente Sud). Con questo scostamento rilevante verso Est le famose traiettorie balistico/aerodinamiche non sarebbero state proponibili. Ma si è spostato il punto radar relativo al momento del disastro di circa 7 km verso Est. Questo perché si è rilevato un errore di allineamento del radar di 2,25^ rispetto al Nord geografico, e cosi’ la posizione geografica dello 0-UPT (ultimo punto transponder) si sposta conseguentemente di 7 km verso Est. Cosi’, solo grazie a questo spostamento verso est del punto geografico dell’incidente le traiettorie calcolate con matematica certezza diventano proponibili. Ma in questo caso l’aereo sarebbe arrivato a Palermo (aeroporto di destinazione) con un errore di circa 20 Km. Cioè si vorrebbe sostenere che il centro di controllo del traffico aereo portava ‘tutti’ gli aerei a Palermo con un errore di 20 km. Anzi che tutto il sistema radar del controllo del traffico aereo, sui 360^, portasse ‘tutti’ gli aerei in uscita su posizioni distanti decine di km da quelle reali, e rilevasse ‘tutti’ gli aerei in ingresso nell’area di Roma con posizioni sbagliate di decine di Km. E questo sistematicamente, almeno dal 1980 al 1992, per dodici anni, senza che nessun pilota, trovandosi sistematicamente guidato a venti km a est rispetto alla destinazione, se ne sarebbe accorto. Basti notare che non è raro che un pilota dei voli nazionali faccia la stessa tratta 3 o 4 volte al giorno. E se per tre volte in un giorno fosse guidato a venti km a Est di Palermo non se ne accorgerebbe?

3) Il preteso ‘disallineamento’ del radar di 2.25^ rispetto al nord geografico è stato determinato, dalla Comm. Misiti, misurando la posizione del sole al tramonto per mezzo della ‘scia’ di falsi plot lasciati dal radio-sole (cioè le emissioni elettromagnetiche del sole alla sบินตรงจากเกาหลี tessa lunghezza d’onda su cui lavora il radar). Ma questo è impossibile da fare, perché nessun osservatorio di radioastronomia esegue rilevazioni a meno di un’ora di elevazione solare sull’orizzonte, stante la indefinibile deviazione angolare dei fasci di onde elettromagnetiche all’alba e al tramonto, dovuta sia alla massa d’aria interposta sia a fenomeni di superifrazione o ‘ducting’ ben noti ai radioastronomi.

4) Nel disastro di Lokerbie un boeing 747 della Pan Am precipitò frammentandosi in quota in condizioni di vento, di quota e di velocità molto simili a quelle del DC9 di Ustica. Nel caso di Lokerbie i plot radar dopo l’incidente aumentano progressivamente da uno a circa 200 nel tempo di 180 sec. Nel caso di Ustica sono sempre uno per 186 sec., tranne quattro casi (concentrati nei primi 60 sec) in cui i plot sono due (e che sono stati indicati come appartenenti al velivolo estraneo da

5) Esiste una pretesa condizione di ‘grande dispersione dei relitti’ che, secondo il collegio Misiti, prova la distruzione in quota dei relitti. Ricordando che a Lokerbie c’erano quasi identiche condizioni di quota, velocità e vento, e che a Lokerbie sicuramente l’aereo si è distrutto in volo, si fa notare che a Lokerbie i rottami furono ritrovati fino a 130 Km di distanza dal punto di impatto principale, mentre a Ustica sono su una lunghezza di 8/10 Km. Che a Lokerbie i rottami sono stati ritrovati su un’area di duemila km/q, a Ustica di una decina.

6) All’esame dei recuperi in mare nei giorni immediatamente successivi all’incidente, appare evidente che 13 salme, arredi e bagagli, e il ‘trolley’ del velivolo furono recuperati a circa 17 Km a nord rispetto ai restanti recuperi. I primi evidentemente sono fuoriusciti dall’aereo mentre era in quota, i secondi sono fuoriusciti dall’aereo al momento dell’impatto in mare. La posizione del trolley nella zona a nord indica chiaramente che il danno è avvenuto nella zona anteriore del velivolo, stante che il trolley durante il volo è collocato poggiato alla paratia di separazione fra cabina piloti e cabina passeggeri, fissato nella sua posizione da quattro maniglie rotanti. Non sarebbe mai uscito se il danno fosse avvenuto posteriormente.

Ecco, questi gli altri motivi per cui l’ipotesi di distruzione in quota resta, a mio avviso, non è condivisibile.
L’aereo ha impattato in mare danneggiato ma sostanzialmente integro, completo di superfici portanti e di stabilità. All’impatto l’aereo si è distrutto e gli elementi massicci, quali scala anteriore e motori, sono affondati praticamente sulla verticale. Le altre parti possono essere affondate con traiettorie diverse, sia deviate dagli elementi di portanza (ali per l’aereo e timoni di profondità per la coda), sia perché possono in parte aver galleggiato per un certo tempo per le cavità presenti in cui era rimasta aria, sia perché tutto l’aereo era foderato internamente di pannelli insonorizzanti che sono galleggianti. Altro spostamento può essere avvenuto, nel corso degli anni, a causa di movimenti della massa di fango presente sul fondo che si presenta irregolare o delle correnti marine, esistenti e ben evidenti nei filmati prodotti dal sommergibile di recupero.

Per quanto riguarda l’ipotesi principe sulla causa del disastro, l’esplosione di una bomba nella toilette dell’aereo, si deve dire che su nessun reperto della toilette sono stati rinvenuti i segni di una esplosione e che la salma della sig. C., recuperata, e che era seduta in fondo al velivolo separata dal luogo dell’esplosione da una parete di plastica spessa qualche millimetro, non presenta alcun segno caratteristico di esposizione ad una esplosione.

In sostanza si dovrebbe ammettere che nella toilette scoppia una bomba di potenza tale da staccare coda e motori, ma che nessun segno di questa esplosione resti sulle pareti e sugli arredi della toilette, e neppure sul corpo della sig.ra C. che da questa esplosione è separata da una parete di plastica spessa 2mm (la sig. C. aveva subito una operazione e aveva una gamba ingessata e si muoveva con la sedia a rotelle. Era stata imbarcata a braccia attraverso la rampa d’accesso posteriore, e posta nella fila di sedili da tre più vicina all’uscita, e di li non si sarebbe potuta muovere durante il volo). Lo stesso collegio Misiti ipotizza che le parti di toilette che portano i segni dell’esplosione non sono stati recuperati, mentre per il cadavere della Sig. C. ipotizza che fosse seduto da un’altra parte.

(Il preteso cambio di sedile della sig. C. è un’altra storiaccia. Il personale dell’Itavia ha testimoniato, nell’immediatezza del fatto, di aver imbarcato a braccia la signora che, con una gamba completamente ingessata non poteva camminare, e di averla fatta sedere all’ultima fila, su tre sedili, per farla viaggiare più comoda possibile. Con le spalle alla paratia di separazione della toilette. Nel 1992 due barellieri di una società operante sull’aereoporto di Bologna vennero a testimoniare che la sig. C. era stata imbarcata per errore su un altro aereo, e lasciata li. Che da loro era stata prelevata e reimbarcata sull’aereo giusto attraverso la scala anteriore e fatta sedere nella prima fila di poltrone, anziché sull’ultima. Oltre che a essere smentiti dalla loro stessa azienda che ha negato che i due fossero quel giorno in servizio sull’aereoporto di Bologna, questa testimonianza è palesemente falsa perché la scala anteriore del DC9 era guasta, come risulta dai registri di volo. Allora i due “depistatori” dissero che l’avevano imbarcata utilizzando la scala mobile aereoportuale, ma stavolta furono smentiti dalla ditta che gestiva le scale mobili aereoportuali, che negarono di averla mai concessa (E’ un servizio a pagamento, e di ogni utilizzo della scala mobile aereoportuale ne esiste traccia nella contabilità). E’ evidente uno dei tanti maldestri tentativi di supportare la pretesa distruzione in quota del DC9 eliminando gli elementi contrari).

Comunque di questi altri elementi ancora nessuno sa niente, ma pochi giorni dopo la riunione del 24 aprile arriva una letteraccia a Romeo, datata 8 maggio, da parte dell’Avv. Gamberini, uno degli avvocati di punta dell’associazione familiari. Gli si rimproverano alcune cose, fra le quali di aver nominato un nuovo consulente, ‘tale Di Stefano’ (sarei io) e di ‘aver depositato una nota tecnica nella quale si da` ‘.., di essere usciti dal ….. e altre cose. Il senso è che non dobbiamo fare come ci pare, e la disposizione che d’ora in poi alle riunioni partecipino solo gli avvocati e i non più i periti.

Romeo si dice convinto di poter ricomporre la frizione, ma occorre finire al più presto il lavoro e sottoporlo all’attenzione dei periti che lavorano a piu’ stretto contatto dei ‘bolognesi’. Si tratta di cattedratici che sapranno sicuramente valutarne lo spessore e tutto si sistemerà. In fin dei conti, argomenta Romeo (e Mario e’ della stessa idea) essi stessi hanno severamente criticato la conclusione della perizia Misiti e avere ulteriori elementi di rigetto non potra’ essere che positivo. Sarà. Da quello che ho letto mi sembra invece che siano sulla stessa lunghezza d’onda, se non per la bomba nella toilette almeno per tutto il resto, che poi e’ quello che conta. Per quanto mi riguarda ho finito. Stampiamo tutto, fogli e disegni, e prepariamo diverse copie che saranno sottoposte ai consulenti tecnici dell’Associazione. Vedremo che ne pensano. Per me va ancora bene rimettersi alle loro decisioni: se il lavoro viene giudicato negativamente lo butteremo. Naturalmente, però, mi aspetto di avere evidenziati gli aspetti negativi. Tutti. Finalmente, alcuni mesi dopo aver consegnato la ‘Nota Tecnica’ sui missili, abbiamo la valutazione dei CTU (periti giudiziari) per bocca (o meglio per scritto) del loro coordinatore Prof. Casarosa. Era proprio quello, ma non sapevamo quello che ci aspettava!

Consulenza tecnica Cinti-Di Stefano. 23.12.95. (Commenti dei CTU d’Ufficio Casarosa e Held nda)

Il documento sub LXXX “Osservazioni alla perizia tecnica d’Ufficio e ricostruzione dell’abbattimento del DC9 I-Tigi la sera del 27.06.80” proviene dai consulenti di parte Cinti e Di Stefano ed espone osservazioni sulla perizia Misiti. Nel documento essi sostengono che il DC9 fu abbattuto dai corpi inerti di due missili che, esplosi a distanza tale da non poter determinare l’impatto delle schegge della testa di guerra, proseguendo nella loro corsa, hanno trapassato la parte anteriore della fusoliera del DC9 stesso, causandone la caduta. Ipotizzano poi che il velivolo non abbia subito alcuna frammentazione in volo, ma abbia impattato con la superficie del mare in condizioni integre, attribuendo la dispersione dei frammenti della parte posteriore della fusoliera nelle ben note zone di recupero. I periti Casarosa-Held, che hanno risposto a tutte le obiezioni e richieste di chiarimento formulate da tutti i collegi peritali, hanno informato questa AG che non avrebbero preso in considerazione quanto esposto nel documento di questi consulenti in quanto costituito da un cumulo di affermazioni insensate, basate sull’errata convinzione che il velivolo fosse caduto integro, su una profonda ignoranza delle caratteristiche di navigazione dei missili, facendo strampalati ragionamenti su navigazione proporzionale, curva del cane, punto futuro, su profonda ignoranza delle caratteristiche tecniche dei missili operativi all’epoca, su profonda ignoranza del funzionamento delle spolette di prossimità, ritenendo possibile la loro attivazione dalle estremità alari del velivolo e, infine, considerando fori di uscita quelli che, in realtà, non sono fori ma accartocciamenti di lamiere per effetto dell’impatto del relitto con la superficie del mare e non presentano assolutamente estroflessioni dei bordi se non nella ricostruzione del tutto fantastica effettuata al computer da parte degli stessi CT. Tutto questo senza tenere conto dell’evento assolutamente improbabile che ben due missili abbiano subito la rocambolesca attivazione delle loro spolette dalla stessa estremità dell’ala del velivolo (quella destra), altrettanto rocambolescamente abbiano entrambi impattato contro la fusoliera del velivolo con quello che rimaneva dei loro corpi dopo l’esplosione delle teste di guerra e, infine, senza tenere conto neppure di come questi consulenti siano riusciti ad individuare con assoluta certezza fra gli infiniti squarci presenti sul relitto quelli di ingresso e di uscita di entrambi i resti dei missili, perfettamente allineati con le traiettorie seguite dai missili stessi, non avendo subito alcuna deviazione all’impatto stesso. Hanno ritenuto assolutamente ridicole le conclusioni tratte dall’osservazione di una manica di indumento che fuoriusciva dalla superficie verticale di coda quando è stato appurato con assoluta certezza che tale manica è stata portata nel luogo osservato da un barbagianni che viveva nell’interno dell’hangar ed aveva nidificato nella cavità presente nella superficie stessa. Tale manica era nel modo più certo ed assoluto assente al momento della ricostruzione del relitto ed in tempi ad esso successivi.
Pertanto, i periti Casarosa-Held hanno ritenuto che, anche alla lettura di un profano, le argomentazioni addotte da Cinti-Di Stefano apparissero di per sè prive di ogni rilevanza tecnica ed assolutamente fantasiose, senza bisogno di alcun commento. Per cui siamo alle solite. Il prof. Casarosa, credo facente le funzioni di coordinatore dei CTU (i periti giudiziari) stronca il lavoro giudicandolo immeritevole pure di una lettura critica. Peccato, a me sarebbe piaciuta una stroncatura basata sui dati di fatto: la posizione della scaletta anteriore, i reperti nei motori, i plot a ovest, il disallineamento del radar’. E poi anche entrare nel merito dei ‘segni’ rilevati sul relitto, specie per l’enorme varco visibile sulla fiancata sinistra del velivolo. Insomma sapere come, se il DC9 viene attaccato da Ovest, se i missili partono da Ovest, nelle posizioni reciproche indicate con tanto di disegni in scala e tempi dell’evento, sapere come gli arriverebbero addosso, se la dinamica che abbiamo indicata è sbagliata. Invece, con una risposta del genere, non se ne può nemmeno discutere. Però si potrebbe replicare: ‘La lingua batte dove il dente duole’, dice un famoso proverbio. In realtà più avanti i tre Pubblici Ministeri, quando alla fine dell’inchiesta formuleranno la loro  ‘requisitoria’ (richiesta di rinvio a giudizio per gli imputati) daranno un giudizio affatto negativo di questo nostro lavoro, facendo però proprie le critiche formulate da uno degli imputati, il Gen. Melillo, critiche che riguardano solamente la parte ‘missile’ e non toccano invece le evidenze di incompatibilità con la dinamica dell’incidente rispetto a quello indicato dai CTU (periti giudiziari). Lo vedremo in dettaglio più avanti. Intanto però prendo lo spunto dal fatto che uno degli argomenti di critica del Gen. Melillo riguardava ‘il perché’ uno avrebbe dovuto andare a lanciare dei missili in tempo di pace, e introduco uno degli scenari di crisi internazionale nell’ambito del quale potrebbe essere maturato il disastro del DC9.

L’Affare Maltese

Questa è l’ultima volta che sono stato sul relitto, credo nel 1998. Mi sono voluto fare la foto vicino al “buco” che appare chiarissimo alla mia sinistra (sembra che oltre che la mia fantasia lo veda anche la macchina fotografica, ma forse ho usato una macchina truccata, della CIA. E vallo a sapere!) Click sull’immagine per ingrandirla e vederlo nei dettagli.

Da: Ordinanza di rinvio a giudizio. Pag. 4.717 e seg. 3. 2. La memoria di parte civile sull”affare maltese’. Anche la parte civile è intervenuta sulla importanza di questo Paese, in risposta ad affermazioni contenute a pagina 45 della memoria del generale Melillo, depositata in data 09.05.96. L’ufficiale aveva scritto, a proposito dell’ipotesi che un MiG libico volasse nascosto all’ombra radar del DC9 Itavia, che ‘Non si ha alcuna cognizione precisa della destinazione del velivolo, ma si può dire che certamente non potrebbe essere stata l’isola di Malta, poiché a quell’epoca i rapporti fra Malta e la Libia erano molto tesi in vista del trattato di collaborazione (firmato il 2 agosto) tra l’isola e l’Italia che aveva scalzato i libici, i quali perciò non godevano più dell’uso di basi in quel territorio (erano decisamente sgraditi al Premier Dom Mintoff)’. La parte civile, pertanto, non credendo che l’ufficiale avesse introdotto l’argomento per pura casualità, ha ritenuto opportuno approfondire l’argomento. Appare utile riportare integralmente lo scritto: A questo punto gli avvenimenti si susseguono incalzanti durante l’estate del 1980. – Il Primo Giugno il governo libico interrompe le forniture petrolifere a Malta. – L’11 Giugno inizia la mattanza degli esuli libici presenti in Italia, con il primo omicidio. – Il 27 Giugno viene abbattuto il DC9 Itavia , partito da Bologna e viaggiante con due ore di ritardo , mentre e`seguito ad una distanza pari a meno di dieci minuti di volo da un Boeing 707 della Air Malta (volo KM153). – Il 10 Luglio vengono sequestrati dalla Libia due pescherecci italiani con a bordo 19 marinai ( verranno rilasciati due anni dopo) – Il 18 Luglio viene ritrovato un Mig 23 libico sui monti della Sila – Il 2 Agosto prende posizione, sui banchi di Medina, la nave da ricerche petrolifere dell’ENI Saipem2, a dimostrazione, soprattutto ad uso interno maltese ( le elezioni si sarebbero tenute entro breve tempo) della giustezza della politica filo-italiana di Mintoff contro l’area politica filo libica molto forte nell’isola. E` la dimostrazione “politica” che l’Italia agisce seriamente e che il trattato produce i suoi effetti. – Il 2 Agosto l’On.Zamberletti , per conto del governo Italiano , firma il protocollo d’intesa con il governo Maltese relativo al trattato fra le due parti che esclude la Libia dal controllo dell’isola. E` il coronamento di un lavoro diplomatico iniziato l’anno prima che disinnesca, rendendola neutrale, una possibile futura crisi politico militare incentrata sull’isola di Malta. – Il 2 Agosto salta in aria la stazione ferroviaria di Bologna. (85 morti e 200 feriti: è il più grave attentato terroristico della storia e che sarà superato solo l’11 settembre a New York) – Il 6 Agosto una parte dell’esercito libico si ribella e tenta un colpo di stato contro Gheddafi. I congiurati saranno sconfitti dall’intervento di unita` militari della Germania Orientale che riescono ad impedire la cattura del Colonnello Gheddafi. Di questo colpo di stato Gheddafi accuserà  l’Italia, arrestando tre imprenditori italiani ritenuti fiancheggiatori degli insorti. ( verranno rilasciati dopo sei anni. Per almeno uno di essi si sa` per certo che fosse un funzionario o un confidente dei servizi segreti italiani: il suo nome venne fuori durante il rapimento Casella (fatto dalla mafia calabrese), come quello di un agente dei servizi segreti che tratto` con i rapitori del giovane) – Il 24 Agosto un sottomarino ed una nave da guerra libici intimarono, con la minaccia di prenderla a cannonate , alla nave italiana Saipem-2 di interrompere le ricerche petrolifere sui banchi di Medina iniziate per rispettare le clausole dell’accordo Italo-Maltese del 2 Agosto, ed andarsene. Si sfiora la battaglia fra le navi italiane intervenute a difesa della Saipem e le navi libiche. Gli F104 italiani partiti dall’aereoporto militare di di Trapani-Birgi, in Sicilia, pattugliano il cielo di Malta – Il 26 Agosto il governo maltese mette in stato di all’erta la sua forza aerea ( quattro elicotteri) – Il 27 Agosto il personale militare libico e` espulso dall’isola di Malta. – Il 2 Settembre l’Italia si IMPEGNA a garantire l’integrita` territoriale di Malta. (dopo i fuochi, direbbero a Roma) – Il 3 Settembre il premier maltese Dom Mintoff vola a Roma per approfondire le intese Italia-Malta. – Il 4 Settembre, su richiesta Maltese , si riunisce il consiglio di sicurezza dell’ONU per esaminare ” l’azione illegale ” della Libia. – Il 9 Settembre si ratifica l’accordo fra` Italia e Malta , che prevede fra l’altro l’esclusione delle navi americane e sovietiche dai porti dell’isola. – Il 20 Settembre Dom Mintoff rivela le clausole finanziarie dell’accordo con l’Italia : – 1) Un aiuto ( regalo ) di 60 milioni di $ per il periodo 1979-1983. – 2) Un prestito di 15 milioni di $. – 3) Un contributo di 4 milioni di $ all’anno per 5 anni. Totale 95 milioni di dollari dell’epoca e Malta è grande come un piccolo quartiere di Roma. Il trattato Italo-Maltese, di durata decennale, è stato rinnovato nel 1990 ed è tuttora valido.

(contributo tecnico copiato dal sito www.seeninside.net dell’ex consulente tecnico della compagnia Itavia Luigi Di Stefano)

Consulenze Cinti-Di Stefano tratte dalla sentenza-ordinanza del G.I.

Altri contributi