Sul trailer del film appare la scritta: «Una verità inconfessabile». Renzo Martinelli si presenta con la carta geografica dell’Italia. Il regista ha segnato le rotte degli aerei coinvolti nella strage del 27 giugno 1980, quando un DC-9 della compagnia Itavia, decollato dall’aeroporto di Bologna e diretto a Palermo, si squarciò in volo provocando 81 morti. Il film uscirà il 7 aprile e si intitola Ustica. Martinelli, abituato alle polemiche (Barbarossa, Vajont), si aspetta un pandemonio. «Posso fare una premessa storica?».
Certo.
«In quegli anni, siamo in piena guerra fredda, l’America è vicina al conflitto con la Libia. I caccia libici Mig 23 andavano a fare manutenzione nell’ex Jugoslavia, sistemandosi sotto la pancia di aerei di linea maltesi, con l’accordo dei nostri servizi segreti. Gheddafi aveva comprato il 10% della Fiat, ci forniva gas e petrolio, avevamo più di un buon motivo per favorire il colonnello. Disse Andreotti: “Noi abbiamo una sposa americana e una amante libica”».
Come racconta la strage il suo film?
«Il caccia libico ha un appuntamento con un aereo proveniente da Londra che porta ritardo, come pure il DC-9. Ustica è una serie di anelli perversi che si concatenano. L’aereo libico si rende conto di essersi messo sotto l’aereo sbagliato, il nostro. C’è un altro anello che porta alla tragedia. Gli Usa trasferiscono al Cairo dei bombardieri per un’esercitazione. Un radar d’avvistamento lancia l’allarme: c’è un intruso sotto la pancia dell’aereo civile. La Nato dà l’allarme. Si alzano in volo due Mirage francesi, due F-104 italiani e due F-5 americani. I comandi Nato dicono: se ne occupano gli americani, gli altri a casa».
E poi?
«Il DC-9 inizia il suo atterraggio su Palermo. Il Mig libico si allontana per sfuggire ai radar. È il momento in cui gli americani lo attaccano. L’aereo libico si avvicina al DC-9 pensando che in questo modo non verrà colpito. Ci sarà una collisione in volo, gli americani speronano l’aereo italiano anziché quello libico, non si rendono conto della presenza dell’aereo civile».
Su quali fonti poggia la sua tesi?
«Sulle perizie, sulle testimonianze, sulle 5.000 pagine dell’istruttoria del giudice Priore. Lui mi ha detto: non sa la solitudine dell’inchiesta e le pressioni che ho ricevuto. Dopo la strage ci sono state sedici morti sospette. Dai tabulati dei radar vennero cancellati tutti i tracciati tranne quelli del DC-9. La Democrazia cristiana si oppose al ripescaggio del velivolo».
C’è una parte di fiction?
«Sì. Caterina Murino ha un figlio di 8 anni, per non fargli incontrare il padre camorrista lo mette sul volo sbagliato, condannandolo a morte. Impazzisce dal dolore. Incontrerà una elicotterista, Lubna Azabal, che troverà una carta aeronautica con una scritta araba in cui il pilota libico chiede perdono per le morti innocenti. Il DC-9 è digitale, i paesaggi e il cielo sono veri. L’illusione è totale».
È stato difficile fare il film?
«La Rai non voleva rogne con gli americani, per Medusa non rientrava nei piani editoriali. È una coproduzione col Belgio a cui hanno partecipato ministero Beni Culturali e tre Regioni, oltre a privati. La sentenza del tribunale di Palermo stabilisce che la causa del disastro fu un missile o la “quasi collisione” con un aereo. Ma la quasi collisione è un non senso: o c’è o non c’è».
Lo vide «Muro di gomma» di Marco Risi?
«Un ottimo film di impegno civile su Ustica, ma non aveva le fonti che ho potuto avere io e non si coglie la dinamica dell’incidente. Quando la materia è calda è meglio aspettare».
Perché i suoi film sollevano sempre polveroni?
«Quando la ragione di Stato manipola la verità, se la rimonti non puoi non seminare malumori e ostilità».
Il film su Barbarossa fu un flop.
«Andò bene all’estero dove fu preso per quello che è: un film di guerra. In Italia fu fagocitato dalla Lega che ammazzò il film per l’eccessivo peso che volle dare».
Ma lei non era vicino alla Lega?
«Mai stato leghista. Ho sempre avuto una sorta di amicizia paterna da parte di Bossi, a cui non ho mai chiesto un favore. Barbarossa mi fu offerto dalla Rai che aveva un soggetto illeggibile sulla battaglia di Legnano. Mi chiesero di metterci le mani e ricominciai da zero».
(Fonte Corriere della Sera)
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