Se il delitto perfetto esiste, è avvenuto nei cieli dell’isola di Ustica, quel maledetto 27 giugno 1980. E chi l’ha commesso ora probabilmente ride di ciò che scrivono i giudici del Tribunale civile di Palermo, nelle motivazioni con cui hanno condannato i ministeri della Difesa e dei Trasporti a risarcire con 100 milioni di euro gli 81 parenti delle vittime per non aver assicurato la sicurezza del volo «Dc9 Itavia I-Tigi».
È una sentenza che strazia tre decenni di accertamenti giudiziari, che smentisce i risultati di periti di fama internazionale e le ricostruzioni della commissione Stragi, che contraddice decisioni di altri Tribunali e che ripropone – anzi, impone – la tesi (falsa) che a buttar giù l’aeroplano fu un missile «o una quasi collisione tra velivoli militari non identificati che volevano attorno all’aeroplano al momento del disastro».
Un delitto perfetto, si diceva. E non perché l’assassino è rimasto nascosto nell’ombra, ma perché – ancora oggi, a trentuno anni dai fatti – l’unica pista investigativa che avrebbe potuto portare a lui viene nascosta, ostacolata in ogni modo nel tentativo di affiorare alla superficie, lasciando una volta per tutte le profondità del mistero in cui è stata affondata insieme alla carcassa dell’aereo. Una traccia che non è un’invenzione dei giornali – che pure tanta parte hanno avuto nell’orientare le indagini, decretandone il fallimento, e nell’accreditare nell’opinione pubblica una verità che è una falsa verità – ma che ha la dignità di un atto giudiziario. Si trova a pagina 404 della requisitoria del pubblico ministero che indagò sulle cause del disastro.
C’è scritto, letterale: «L’esplosione all’interno dell’aereo, in zona non determinabile, di un ordigno è dunque la causa della perdita del Dc9 per la quale sono stati individuati i maggiori elementi di riscontro. Certamente invece non vi sono prove dell’impatto di un missile o di una sua testata». Una bomba.
Parole scritte sull’acqua, evidentemente, se un Tribunale civile oggi se ne frega degli accertamenti più lunghi d’Italia e parla di missile o di quasi-collisione (un’ipotesi che non ha precedenti nella storia dell’incidentistica aerea mondiale, smentita dai periti e consulenti scientifici d’ogni latitudine) piuttosto che di attentato terroristico, del quale si dovrebbero scoprire gli autori, gli ideatori, i finanziatori, i collegamenti con l’eversione internazionale e con il mondo oscuro dei Servizi segreti.
In un anno – il 1980 – che conta la strage di Bologna (successiva di poche settimane a quella di Ustica e ad essa simile in maniera inquietante viste le ultime novità investigative emerse sulla presenza di militanti del gruppo filopalestinese Carlos quella notte in un hotel vicino la stazione ) la crisi maltese, i piani di sviluppo atomico di Saddam Hussein e i «trasporti riservati» di materiale radioattivo tra l’Europa (Italia compresa) e la Libia di Muammar Gheddafi.
Insomma, uno scenario da far tremare i polsi. Come ha chiarito la Nato, e come dimostrano le perizie tecniche, quella maledetta sera, non c’è stata alcuna battaglia aerea attorno al Dc9 e ai suoi inermi passeggeri, e che tutti gli aerei militari in volo sono stati identificati e che nessuno – dicasi nessuno – ha mai incrociato la rotta del Dc9. Come dimostrano le indagini, il misterioso aereo libico che si disse essere precipitato nella Sila nel pieno della battaglia aerea attorno al Dc9, cadde in realtà un mese dopo.
E vogliamo dire del romanzesco filo rosso delle «morti sospette» di ufficiali aeronautici? Nemmeno una, dopo approfondite ricerche, è risultata tale: infarti, incidenti d’auto, suicidi per amore e depressione.
La Grande Menzogna riprende quota a Palermo. Ma che importa. Aveva ragione Mark Twain quando diceva che «una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe».
In questa storia nera le bugie hanno le gambe corte ma continuano a correre spedite e indisturbate. Alla memoria di chi non c’è più: vergogna.
di Gian Marco Chiocci – Il Giornale del 22 settembre 2011 [link originale]
tra un po’ certi personaggi ci diranno che il dc9 non e’ mai caduto
La Bomba Fantasma
Per quanto riguarda la nota sulla Bomba a bordo che qualcuno, ormai sempre più fiocamente, sbandiera, anche mentendo spudoratamente, in difesa di una versione ormai molta e sepolta, ricordo a tutti che c’è una prova incontestabile che qualunque tecnico può fare ed è quella di analizzare,con le moderne tecniche, se i rottami dell’aereo presentano fenomeni di “washing” o rolling edges” che sono i tipici ed indelebili “marcatori” di ogni tipo di esplosione.
Quindi chiunque voglia provare che è bordo è esplosa una bomba, non deve tuonarlo davanti ai media, basta che presenti uno di questi rottami con tali segni e il mondo tecnico, accademico, legale, ne prenderà atto.
La prova ovviamente è stata fatta dall’illustre Prof. Firrao, perito metallofrattografico e preside della Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Torino. Ebbene Firrao non trovò nessuno di questi indiscussi “marcatori” su NESSUNO dei rottami del DC-9.
Naturalmente, qualcuno di quelli che parlano di bomba, può essere più bravo di Firrao, quindi ci può sempre tentare.
Ma attenzione, Firrao, non è uno qualunque: è l’uomo che nel 2002 ha risolto “Il Caso Mattei”, dimostrando con l’analisi microfrattografica che sulla fede dell’Ing Mattei e su uno strumento del pannello del Morane Saulnier erano presenti sia il “Washing” che le “Rolling edges”, stabilendo quindi, che almeno 100 grammi di Compound B (Tritolo) erano esplosi all’altezza del pannello strumenti dell’aereo di Mattei, pilotato dal grande Imerio Bertuzzi (Gruppo Buscaglia), mentre si avvicinava all’aeroporto di Linate.
Quella volta Firrao la trovò la bomba, e su componenti molto più piccoli e radi di quelli a disposizione per l’I-TIGI.
Naturalmente la “Perizia metallo frattografica Firrao” fatta per il DC-9, ultima anche in senso temporale, è a disposizione di tutti i lettori (per es. su questo sito).
Anche di quelli con la memoria corta e anche di quei Funzionari pagati dallo Stato (cioè da noi Cittadini) “chementonoimpunementesapendodimentire”…
Buona Giornata
Fox2 (Noi ricordiamo…)
I CHIARIMENTI DELLA NATO
Premettendo che ho cercato di replicare al sig. Chiocci (che di questa faccenda dimostra di saperne meno del mio nipotino di 8 anni) su IL Giornale e non ci sono riuscito per “Problemi di Connessione” (li chiamano così oggi…)…
…questo è quello che ha chiarito la NATO, come riporta la Sentenza Ordinanza Capitolo LXV
“Elementi radaristici emersi presso il “NATO Programming Center” di Bruxelles.
3. Il codice di emergenza “squoccato” dall’F104 diretto a Grosseto.
Si tratta di un velivolo della coppia di F104 che tra le 18.26 e le 18.37 naviga sull’aerovia Ambra 14, tra l’Appennino Tosco-Emiliano e Siena, a poche miglia di distanza dal DC9 Itavia. Dalla THR di Poggio Ballone si rileva che il velivolo, tra le 18.26 e le 18.42, “squocca” più volte il SIF1 73 (emergenza di carattere generale); sempre su questa THR il SOS SIF risulta = 2 = emergenza confermata, e la colonna blink=1 attesta che sulla consolle degli operatori si è accesa la spia di alert. I significati di tali codici, smentiti o sminuiti di importanza da esperti dell’AM sentiti in qualità di testi, sono stati invece confermati in sede della “Commissione ad hoc” della NATO da esperti dell’NPC .
Scrivono infatti costoro nel loro rapporto del 10 marzo 97: “Varie volte è stato dichiarato lo stato di emergenza confermata relativa alla traccia LL464/LG403 sulla base del codice SIF1 73, che all’epoca del disastro veniva usato come indicazione di emergenza. La traccia ha attraversato la traiettoria del volo del DC9 alle 18.26 ed è stata registrata per l’ultima volta nei pressi della base aerea di Grosseto alle 18.39″.
Poco da aggiungere, se non che gli operatori di Poggio Ballone, stando alle testimonianze rese avanti a questo GI, nulla ricordano ed i piloti dell’F104, Nutarelli e Naldini, sono periti nel disastro di Ramstein….”
“…Dispiace ” come dice Paolini
Fox2 (Noi Ricordiamo…)