«Avete preso un abbaglio». Dall’altra parte del telefono c’è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi. Il tema è quello di Ustica e la notizia, pubblicata da Agoravox e ripresa da Terra, circa il coinvolgimento degli Stati Uniti nel disastro aereo del 27 giugno 1980. Il colloquio, nel quale l’ex ministro ribadisce la sua posizione e cioè che a far cadere l’aereo sia stata una bomba esplosa nella toilette del velivolo, segue un comunicato della stessa presidenza del Consiglio nel quale si afferma che la notizia del coinvolgimento degli Stati Uniti è «una macroscopica distorsione della realtà perché dalla corretta traduzione dall’inglese risulta che il Diplomatico americano nel suo cablo si riferiva al Tg3». Continua il comunicato: «Nel citare il cablo 03 ROME 3199 inviato il 14 luglio 2003 e classificato SECRET l’agenzia (Agoravox Italia che però non è un’agenzia ma una regolare testata giornalistica, ndr) afferma che nel testo sta scritto: “Gli USA sono coinvolti (involved) nella intera vicenda e nel tentativo di occultare (cover up) la verità». Una dichiarazione non da poco, perchè è la prima volta che il nostro governo prende una posizione così netta su Ustica. Lo stesso governo, che però, solo un anno fa attraverso il ministro della Giustizia Angelino Alfano firmava e inoltrava quattro rogatorie internazionali a Francia, Belgio, Germania e, proprio, Stati Uniti. Secondo Giovanardi, che ha citato «tutta la documentazione Nato», nei cieli di Ustica non ci fu battaglia aerea. «Aerei in volo a quell’ora nelle vicinanze del Dc9 non ce ne sono. Sono a 500 chilometri, o nella zona ma tre ore dopo».
Una convinzione che non ha nulla di personale, ci tiene a ribadire l’esponente del governo, ma che si basa su «sentenze passate in giudicato e il lavoro di quattro anni da parte dei periti». A coordinare quel lavoro fu Aurelio Misiti, attuale sottosegretario alle Infrastrutture. Autore di una ricostruzione che fu bocciata dagli stessi inquirenti, innanzitutto perché l’elaborato che la sosteneva era affetto “da tali e tanti vizi di carattere logico, da molteplici contraddizioni e distorsioni del materiale probatorio” da renderlo inutilizzabile. In sostanza il livello scientifico di quella perizia era talmente scadente da essere dichiarato inutilizzabile, comprese le sue conclusioni: contraddette dalla realtà dei reperti e contestate da altre perizie, che non rivelarono sui rottami del Dc9 Itavia (in particolare proprio nella toilette, ma anche nella stiva) le evidenze di un’esplosione interna. Non solo, ma il sito Stragi80, curato dal giornalista Fabrizio Colarieti, svelò il contenuto di alcune telefonate nelle quali alcuni periti, poi allontanati, intrattenevano rapporti troppo amichevoli con alti esponenti dell’Aeronautica. «Ho chiesto alla Nato tutti i documenti e non c’è nulla su un ipotetico missile né su una sfiorata collisione. Clinton personalmente – aggiunge Giovanardi – ha scritto una lettera di suo pugno all’allora premier Giuliano Amato per ribadire la totale estraneità degli Usa nella strage. Se volete cercare la verità – conclude il sottosegretario – cercate negli archivi libici. Gheddafi sì che avrebbe qualcosa da dire».
Parole che però cozzano in maniera clamorosa con i risultati della lunghissima attività investigativa condotta dal giudice Rosario Priore, secondo il quale il Dc9 fu vittima di un’azione di guerra: «L’incidente è occorso a seguito di azione militare di intercettamento, il DC9 è stato abbattuto con un’azione che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti». Le tracce di evidenti intrusioni nell’aerovia percorsa dal Dc9 che furono registrate da Ciampino, visibili nel tracciato radar, confermano questo. Così come le registrazioni degli operatori in servizio la sera stessa del disastro a Ciampino dimostrano che nell’immediatezza della caduta, i controllori ascoltarono «traffico americano», tanto da prendere contatto con l’attaché militare dell’ambasciata americana a Roma.
Nel ’96, la Nato chiarì che quella notte c’erano in volo aerei non identificabili, per via dell’”assenza sistematica dei codici di risposta militari”. Tracce che apparterrebbero a due/tre caccia francesi e a un aereo radar Awacs della Nato in volo sull’Appennino Tosco-Emiliano. Nelle pagine del fascicolo dell’Alleanza Atlantica ci sono le sigle di 21 velivoli e almeno 4 di questi, a trentuno anni da quella notte, sono tuttora sconosciuti agli inquirenti. Il documento è datato 2 ottobre 1997 e contiene l’intera relazione trasmessa dagli esperti di Bruxelles al giudice istruttore Rosario Priore che, tramite l’allora premier Romano Prodi sollecitò l’Alleanza atlantica a decriptare i codici “sif” di quei 21 velivoli. Ancora oggi non è stata attribuita la nazionalità a una portaerei e a quattro aerei, la cui presenza in mare e in volo, negli stessi orari in cui il Dc9 Itavia precipitava al largo di Ustica, è comunque provata dalle stesse evidenze radar.
di Vincenzo Mulè – Terra [link originale]